Comincia l’economia di guerra in Russia. Chi vi ha detto che il combinato disposto delle sanzioni e della guerra non sta incidendo sull’economia russa, mente.
Abbiamo già visto alcuni segnali che avrebbero dovuto indurre in allarme anche il più scafato dei fan della solidità post-Sovietica. Oligarchi pronti a dichiarare, in camera caritatis, che il clima bellico gli sta rovinando gli affari.
Interi indotti deprivati di materia prima anche in modo grottesco, con l’industria tessile priva di bottoni e l’industria cartiera priva dei prodotti chimici per sbiancare le materie prime.
Il settore automobilistico, in un mondo che si evolve verso le auto elettriche, vede il rinascimento del “catorcio di stato”. Autarchici ammassi di lamiera con emissioni equivalente alle nostre “Euro 0”, dal consumo medio di un Tupolev privi di ABS, ESP e centralina elettrica. Ma anche prive di cinture di sicurezza pretensionate e antifurto satellitare (chi ruberebbe qualcosa del genere?).
Il settore dell’IT vede, oltre all’aggravarsi della cronica scarsità di personale anche la progressiva estinzione di computer e programmi.
Senza AMD e Intel la Russia è condannata all’affannosa ricerca di un sostituto. La Cina non sembra avere intenzione di vendere prodotti compatibili (ancorché non performanti), mentre Taiwan ha direttamente imposto un embargo tale da proibire l’esportazione in Russia di computer più performanti di un Amiga 4000 vintage e gli strumenti per produrne.
Con la produzione interna bloccata all’inefficiente palo degli Elbrus-8C, processori definiti come insufficienti per velocità, dal numero di core insufficiente e usati in soluzioni server manchevoli per memoria e prestazioni, resta solo la “pirateria di stato”.
Una norma che consente alla Russia una sorta di “esproprio proletario” delle proprietà intellettuali dell’odiato Occidente.
Occidente che, ehi, dovrà pure bruciare tra le fiamme dell’Olocausto Nucleare mentre il fiero Popolo Russo perverrà dal dolore al Paradiso, ma prima di essere “fatti sparire” dai fieri russi pronti a immolare le loro carni nel Fuoco Nucleare pur di saziare l’odio dovrà fargli il piacere di fargli copiare Windows 11 e Office perché altrimenti le imprese non si mandano avanti da sole…
O quantomeno, gli stessi imprenditori russi sembrano rendersi conto che il sogno bucolico di vivere di lamponi nei boschi con gli orsi non risulta essere sostenibile.
Alle imprese però si chiede ora ben altro.
I Deputati della Duma hanno approvato in prima lettura emendamenti e riforme del lavoro e dell’economia, riassumibili in
“Al fine di garantire che le forze armate della Federazione Russa, altre truppe, formazioni e organismi militari conducano operazioni antiterrorismo e altre operazioni al di fuori del territorio della Federazione Russa, il governo della Federazione Russa può prendere decisioni sull’introduzione di speciali misure nella sfera economica”
Al netto del legalese, con l’entrata in vigore della riforma alle imprese russe sarà impedito rifiutarsi di concludere appalti pubblici o contratti relativi alla difesa.
Saranno inoltre vincolati alle esigenze belliche concetti come straordinari, ferie, lavoro notturno e festivo e le stesse festività.
Entriamo di fatto in una economia di guerra in cui il lavoratore è costretto a offrire lavoro per lo sforzo bellico.
Tutto questo testamento del fatto che probabilmente le sanzioni stanno intaccando la solidità della macchina bellica del Cremlino più di quanto lo stesso sia pronto ad ammettere.
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