Come si regola l’Antartide?
L’ emergenza climatica ed il riscaldamento globale costringono non soltanto gli scienziati ma anche i comuni cittadini a puntare gli occhi sul cosiddetto sesto continente: l’Antartide. L’innalzamento delle temperature oltre a causare stravolgimenti nella vita degli abitanti dei ghiacci comporta una serie di interrogativi circa la regolamentazione di questa porzione del Mondo, che ad oggi non appartiene ad alcuno Stato.
Lo spazio Antartico, in seguito alle numerose spedizioni scientifiche, venne internazionalizzato nel 1959 con il Trattato di Washington in risposta ad alcune pretese di sovranità dei sette Stati detti claimant States che, anche se lontani dal Polo Sud, a vario titolo rivendicavano la loro supremazia. Il Trattato, il quale ad oggi conta 53 firmatari, stabilisce una serie di principi molto generali, uno per tutti: l’utilizzo a scopo pacifico dei luoghi dell’Antartide. Le nuove pretese di sovranità vengono bloccate, si attua il divieto di ogni attività militare ma, importante aspetto da sottolineare, viene dato risalto alla libertà della ricerca. I Paesi aderenti ai sensi dell’art. III dovranno attuare il principio di cooperazione, favorendo un continuo scambio di informazioni, dati e personale. Quest’ultimo, però, rimane sottoposto alla giurisdizione del proprio Stato di appartenenza.
I Paesi contraenti che abbiano svolto attività importanti di ricerca ed abbiano stabilito basi nell’area antartica (Parti consultive) hanno maggiore potere di decisione e di controllo sul rispetto del Trattato.
Negli ultimi decenni sono entrati in vigore ulteriori accordi appartenenti al Sistema Antartico. Rilevante è il Protocollo di Madrid del ’91 per la salvaguardia ambientale con stretti meccanismi di valutazione dell’impatto sull’ecosistema ed inoltre per il divieto di sfruttamento minerario.
Molti sono gli interventi che in vari ambiti possono essere messi in atto per salvare il Pianeta, ma quanto può aiutare una chiara e più precisa regolamentazione internazionale? Quali saranno i nuovi interessi degli Stati sui “territori di nessuno”?
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