#colflivesmatter: il “Caso Boldrini” tra testimonianze social e indignazione (anch’essa social)

di Bufale.net Team |

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#colflivesmatter: il “Caso Boldrini” tra testimonianze social e indignazione (anch’essa social) Bufale.net

#colflivesmatter è l’hashtag del giorno, ed in effetti una vertenza come ne capitano centinaia ogni giorno, se colpisce un personaggio politico diventa, per forza di cose, un caso politico.

Il che, in questi tempi dove la politica stessa ha sdoganato la comunicazione via Social, diventa un caso Social e mediatico.

#colflivesmatter, le origini

Ci riporta infatti il Corriere

La polemica era nata dalle rivelazioni di un patronato, a cui si era rivolta la signora Lilia, moldava, ex collaboratrice domestica dell’onorevole, costretta a lasciare il posto per divergenze sul carico di lavoro, ma da allora ancora in attesa dei 3 mila euro di liquidazione. E dal Caf era partita una «soffiata» per la giornalista, che ha raccolto lo sfogo della colf: «A maggio 2020 ho dovuto dare le dimissioni perché la signora, dopo tanti anni in cui avevo lavorato dal lunedì al venerdì, mi chiedeva di lavorare meno ore, ma anche il sabato, ma io ho famiglia, dovevo partire da Nettuno e andare a casa sua a Roma, per tre ore di lavoro. Siamo rimaste che faceva i calcoli e mi pagava quello che mi doveva, però non l’ho più sentita. La sua commercialista mi ha detto che mi contattava e invece è sparita».

Una doglianza a cui si sono aggiunte quelle di altri collaboratori stretti dell’ex presidente di Montecitorio. A cominciare dallo storico portavoce di Boldrini che racconta di essersi dimesso proprio per «contrasti sul trattamento dei dipendenti». Per finire con Roberta, la sua assistente parlamentare per quasi tre anni, che ha denunciato orari di lavoro massacranti, continue trasferte da Lodi a Roma e ritorno a sue spese, con uno stipendio di 1.200 euro al mese e un figlio malato, «zero comprensione umana», oltre alle irrituali mansioni extra di cui era incaricata, in versione tuttofare, come «ritirare le giacche dal sarto a prenotare il parrucchiere o comprare trucchi o pantaloni».

Un caso da cui è montata immediatamente l’indignazione dei Social, con la creazione dell’hashtag #colflivesmatter.

Laddove l’indignazione è diventato mezzo di scontro politico, teso ad creare un parallelo tra le politiche progressiste del partito di cui Laura Boldrini è rappresentante ed una asserita ipocrisia che rischia di travolgere le stesse istanze politiche.

Il Secolo elenca almeno tre donne inserite nel #colflivesmatter: Lilla, la collaboratrice domestica moldava protagonista delle citate dimissioni, Roberta, collaboratrice parlamentare che asserisce di essere stata sfruttata come una collaboratrice, nonché una terza collaboratrice che descrive situazioni in cui ci sono collaboratori di serie A e B, a seconda della loro utilità “strategica”.

La risposta di Laura Boldrini

Dalle pagine del Fatto Quotidiano Laura Boldrini annuncia la stesura di una nota ufficiale. Apprendiamo inoltre che

In riferimento a quanto pubblicato ieri sul vostro giornale in un articolo a firma di Selvaggia Lucarelli, dal titolo “Maltrattate e mal pagate. Donne contro la Boldrini”, vorrei avanzare le seguenti precisazioni. Riguardo la mia ex collaboratrice domestica, Lilia, stiamo trovando un accordo per formalizzare la chiusura del rapporto di lavoro, purtroppo con un ritardo da me non voluto ma causato da una difficoltà oggettiva a contattare la persona del Caf referente della vicenda. Il punto è che ci sono delle discrepanze da verificare sui saldi finali del Tfr da me già versato per ogni anno di lavoro. Dunque è in corso una verifica, che sta terminando, da parte della mia commercialista e del Caf. Questi raffronti si rendono abitualmente necessari quando si conclude un rapporto di lavoro regolare, com’è stato quello tra Lilia e me. Per quanto riguarda la mia collaboratrice alla Camera, Roberta, la cui retribuzione corrispondeva a criteri stabiliti dall’amministrazione della Camera, devo dire che ha svolto un buon lavoro in anni intensi e complessi, sempre manifestandomi la volontà di voler far parte della mia squadra, nonostante le difficoltà logistiche che doveva affrontare ogni settimana, venendo da Lodi, e che io stessa fin dall’inizio le avevo fatto presente. Per questo sono rimasta stupita e dispiaciuta nel leggere quanto da lei dichiarato, visto il rapporto che si era sviluppato con lei. Alla luce di quanto spiegato, penso sia comprensibile l’amarezza provata anche nel leggere il titolo che mi indicava come una persona che maltratta e mal paga le donne-

“Sono davvero dispiaciuta: si tratta di due collaboratrici valide, in ambiti ovviamente totalmente diversi – sottolineava Boldrini a Adnkronos – E mi aspettavo da loro che, se ritenevano che ci fosse con me qualche problema, me ne parlassero direttamente e non tramite un giornale, tutte due insieme poi… Mi pare che abbiano fatto ricorso a un metodo quanto meno improprio, che lascio agli altri giudicare e commentare”.

Caustica la controrisposta della giornalista autrice dell’articolo, Selvaggia Lucarelli

“Il rapporto di lavoro con la colf è terminato 10 mesi fa – replica Selvaggia Lucarelli – risulta dunque poco realistico che in tutto questo tempo non sia stato possibile contattare il commercialista del Caf e che la ex collaboratrice domestica si sia dovuta rivolgere a un avvocato, sebbene la si stesse cercando da quasi un anno”.

Quanto all’ex collaboratrice parlamentare Roberta, “è vero che gli accordi economici iniziali con lei erano quelli, ma è anche vero che la pandemia, la malattia del figlio e, semplicemente, un po’ di empatia per una condizione di difficoltà economica di una lavoratrice madre di tre figli avrebbero potuto comportare un adeguamento almeno per il rimborso delle spese. Inoltre, se è vero che gli accordi sullo stipendio erano quelli, forse non era altrettanto chiaro fin dall’inizio che tra le mansioni richieste a una collaboratrice parlamentare potessero esservi anche la prenotazione di parrucchieri e il ritiro abiti in lavanderia”, conclude la Lucarelli.

La vicenda comunque continua, almeno sull’onda dei Social.

AGGIORNAMENTO: Come previsto infatti la vicenda continua, affidata alle pagine del Fatto Quotidiano, secondo cui

La Boldrini spiega che la ex colf era “ovviamente messa in regola, e quindi bisognava fare gli ultimi conteggi per chiudere il rapporto di lavoro. I calcoli per gli scatti di anzianità si sono rivelati complicatissimi”. Di qui, sostiene, il lunghissimo ritardo: “La mia commercialista da settembre ha provato a contattare la funzionaria del Caf che si occupava della pratica, ma non è mai riuscita a rintracciarla. E’ stato un periodo complicato per tutti. Però ammetto che sei mesi sono troppi“.

e, parlando della collaboratrice

“Sono colpita e dispiaciuta dal suo risentimento”, conclude la Boldrini, spiegando che le richieste di andare in farmacia e di ritirare le giacche dal sarto o di prenotarle il parrucchiere “erano nei patti. Sapeva che avevo anche delle esigenze personali. Gestiva la mia agenda e riusciva così a incastrare questi impegni con quelli pubblici. Tutte le persone che hanno agende complesse dispongono di persone di fiducia per simili incombenze. Un uomo può chiedere aiuto alla compagna, una donna sola no”. Le critiche dei giornali di destra? “Mi definiscono ‘aguzzina’, ‘padrona’, ‘maschilista’. È macchina del fango. Alla Camera anche alcune colleghe di destra mi hanno espresso solidarietà”.

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