Sappiamo e prendiamo in considerazione che dopo questo nostro articolo vi sarà una pioggia d’utenza pronta ad accusarci di essere pro-qualcosa e allo stesso tempo contro-qualcosa. Le etichette arriveranno in ordine sparso e randomizzate da arbitrari schieramenti, perché qualcosa si deve pur dire quando si è indignati. Sì, è sufficiente dire qualcosa per ostentare una posizione.
Posizione poco chiara o nata su imitazione, forse, ma l’importante è prenderla o credere di averla presa. Perché diciamo questo? Perché un pensiero ha sempre diritto d’esistere e per questo non smettiamo mai di lottare; tale indiscussa libertà viene spesso armeggiata con leggerezza. La libertà diventa un dito dietro il quale nascondere il proprio odio, le proprie ingiurie, la propria predisposizione a offendere.
No, non è un nostro pensiero. È la verità, e in nome di essa il nostro servizio ha ragione di esistere. Senza colore. Senza alcun colore.
Ci segnalano un articolo pubblicato sul sito Il Populista il 2 Febbraio 2017:
“È arrivato il tempo della responsabilità per tutti noi delle istituzioni ma anche il tempo della responsabilità per chi opera nella sfera digitale che sarà sempre più parte nostra vita. Un uso distorto va ad alterare gli assetti democratici. A questo si aggiungono le fake news e si capisce bene che è un fatto esplosivo a livello di tenuta democratica, noi dobbiamo dare priorità a questo tema esigendo impegni concreti”. Lo afferma il presidente della Camera Laura Boldrini, nel corso della riunione della commissione Cox alla Camera chiedendo di “attenzionare anche i gruppi chiusi di Facebook” quale sia la “policy”, se “questi gruppi violano la dignità delle persone, e se chi li denuncia invece viene oscurato: per me – ha sottolineato – è una cosa inaccettabile”.
“A breve lancerò un appello per il diritto ad una corretta informazione: ‘basta bufale’. – ha affermato Boldrini – Un appello che vorrei lanciare a tutti i cittadini, perché ritengo che sia giunto il momento di dare alle persone la facoltà di esprimersi direttamente rispetto a questo fenomeno che sta prendendo corpo”. “Si tratta – ha affermato – di azioni spregiudicate, le bufale non sono goliardate, non c’è nulla di cui poter sorridere, le bufale sono azioni spregiudicate che vengono fatte a scopo commerciale o politico e comunque sono azioni che danneggiano enormemente individui e la stessa collettività. Quindi ritengo che sia necessario proporre azioni per arginare questa deriva, che rimette in discussione un principio della nostra Costituzione, il diritto ad essere informati, non disinformati”.
La Commissione Cox sull’intolleranza, la xenofobia, il razzismo e i fenomeni di odio, intitolata alla parlamentare britannica Jo Cox e istituita il 10 maggio 2016, secondo i promotori, dovrebbe avere il compito di condurre attività di studio e ricerca su tali temi, anche attraverso lo svolgimento di audizioni.
Si parla della Commissione Jo Cox, istituita il 10 Maggio 2016 e composta da un deputato per ciascun gruppo politico, rappresentanti di organizzazioni sopranazionali, di istituti di ricerca e di associazioni nonché esperti. Come specificato dall’articolo, la Commissione prende il nome dalla politica britannica Helen Joanne “Jo” Cox, politica britannica assassinata il 16 Giugno 2016 dal neonazista Thomas Mair e ha come obbiettivo la conduzione di un’attività di studio e ricerca sui temi dell’intolleranza, della xenofobia, del razzismo e dei fenomeni d’odio. Il Populista parla di inquisizione e di una Boldrini che vuole mettere Facebook sotto controllo. Ancora, Riscatto Nazionale regala un titolo che pare preannunciare l’Apocalisse: Boldrini vuole la censura comunista in Italia: “Controlleremo gruppi e pagine Facebook”.
Combattere l’odio significa davvero, per questi siti, censurare un intero social network? In questo documento firmato dal presidente AGCom Angelo Marcello Cardani troviamo credito a quanto abbiamo sempre sostenuto sul «delicatissimo confine tra libertà di espressione (free speech) e discorsi d’odio (hate speech) che viene spostato sempre più in là, in un terreno nuovo e sconosciuto, dove si confondono libere opinioni e pregiudizi o stereotipi costruiti ad arte». Questo, la commissione Jo Cox l’ha ben presente e intende monitorarlo e combatterlo. Ciò che non è chiaro a chi vive nella disinformazione, nell’odio bufalaro e nella tentazione delle fake-news è che impedire la diffusione di menzogne non può chiamarsi censura. Diffondere falsità e disinformazione non solo declassa il ruolo della verità che dovrebbe caratterizzare l’esistenza stessa dell’uomo, ma può seriamente danneggiare un soggetto, una comunità, un intero Paese e scatenare episodi di violenza sommaria, verbale o scritta.
Possiamo provare che la nostra redazione ha sempre lavorato per smentire bufale che vadano a intaccare qualsiasi personalità o ente, anche opposti. Le vittime della disinformazione si individuano in tutti gli schieramenti della politica italiana. Alcuni esempi:
Dall’altra parte troviamo:
Ora, si può nutrire avversione verso un personaggio politico e dissentire e dissociarsi da qualsiasi sua parola detta o azione compiuta. Criticarlo non può conoscere censura e ciò che Laura Boldrini intende portare a compimento con la Commissione Jo Cox non è un atto di censura. La Boldrini intende inaugurare un osservatorio contro le fake-news di qualsiasi portata, per stanarle e fermarle. Avremmo fatto la stessa precisazione anche qualora l’iniziativa fosse stata promossa da Pamela Prati (esempio a caso). Nessuno è in diritto di diffondere disinformazione e menzogne a discapito di un individuo verso il quale non si nutre particolare simpatia. Che sia questo un politico o un vicino di casa.
Ecco, vi proponiamo un esempio concreto.
Il vostro vicino di casa vi ha in odio. Un giorno vi trovate in un parco per passeggiare, leggere un buon libro o ascoltare un po’ di musica. Notate che un bambino prende una storta mentre gioca a pallone. Voi, che magari siete buoni samaritani, vi avvicinate a lui e tentate di soccorrerlo. Il vostro vicino vi nota e la sua mente diabolica partorisce l’idea di trasformare quell’episodio in molestia sessuale. Ora, nella mente del vostro vicino, voi siete un pedofilo. Lo dice a Tizio, che lo dice a Caio, che lo fa sapere a Sempronio che lo riferisce, infine, a Vattelapesca. La voce gira di quartiere in quartiere e voi diventate un mostro che molesta i bambini. Il vostro nome e la vostra reputazione vengono così avvelenate. Da un eventuale massaggio che avete tentato di praticare al bambino infortunato tutto si trasforma in palpeggiamenti e approcci imperdonabili. Il tutto perché il vostro vicino vi odia. Fermare questa disinformazione significa fare censura o difendere la verità?
Per questo parliamo di clickbait: Il Populista e Riscatto Nazionale confondono la difesa della verità con la censura e si servono di un titolo che invoca lo scandalo. Nessuno verrà censurato: la lotta all’odio diffuso tramite fake-news e disinformazione colpirà solamente gli episodi di razzismo, xenofobia e violenza. Perché tutti hanno diritto alla corretta informazione.
Per conoscere a fondo il significato di censura troviamo risposta sul dizionario Treccani:
È dunque chiara, oltremodo, la differenza tra la censura di cui parlano Il Populista e Riscatto Nazionale e l’azione di monitoraggio delle fake-news. Nessuna inquisizione. Nessuna.
Solo dell’attenzione in più.
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