Chiude Domino’s Pizza, e se festeggiate forse non siete così “bravi” E questa volta, la provocazione ci sta tutta.
Ci sono molti motivi per cui Domino’s Pizza ha chiuso, la pandemia che ha portato alla riduzione netta degli incassi ad esempio. O anche la cattiva presa sul suolo Italiano, quell’Italia dove la cucina è culto, identità e amor di Patria cuciti assieme.
È facile, fin troppo facile festeggiare perché i produttori dell’odiata Pizza all’Ananas hanno chiuso. Sicuramente ti fa sentire un buon Italiano, vendicatore del Mos Maiorum e dei Costumi della Patria sapere che dopo sette anni di attività la “pizza americana” è stata sconfitta dalla Pizza Italiana.
Possiamo anche evocare l’immagine dell’Alberto Sordi che, dopo aver provato improbabili accostamenti alimentari per sentirsi un “vero americano”, alla fine torna trionfale al suo piatto di “maccaroni”.
Ma dopo tanta vittoria nazionale e culinaria, ci tocca tornare coi piedi per terra. E ricordare che dietro un fallimento economico ci sono dei dipendenti, italianissimi, che per l’Universo Social pronto a festeggiare la vittoria della “vera Pizza” sembrano essere diventati degli invisibili destinati a unirsi a quelle statistiche sulla disoccupazione illuminate alla pallida luce di una campagna elettorale nata avariata.
La vicenda di Domino’s Pizza è infatti affine a quella di molti esercizi commerciali, specialmente in tempi pandemici.
Ed è una questione seria. Secondo quanto riportato in un documento di ePizza (come riportato da Sole 24 Ora, che citiamo), in aprile il tribunale di Milano aveva concesso all’azienda la protezione giudiziaria contro i creditori per 90 giorni. Le misure, che impedivano ai creditori di chiedere il rimborso del debito o di sequestrare i beni dell’azienda, sono scadute il 1° luglio. Non ci sono ulteriori aggiornamenti sul processo giudiziari, secondo i documenti elettronici del tribunale o la Camera di Commercio italiana.
ePizza Spa è il franchisor di Domino’s Pizza sostanzialmente: una società che si è ritrovata con un modello commerciale che partiva col pesante svantaggio di vendere la pizza al paese con l’orgoglio di aver inventato la Pizza.
Modello commerciale azzoppato dalla Pandemia e dai lockdown che hanno riacceso negli Italiani l’amore per i servizi di consegna a domicilio e sui modelli delle piccole pizzerie, a loro volta evolute per fornire servizi a domicilio.
Tutto questo lo sappiamo, e non ci torneremo. Torneremo, e spesso sul fatto che in ogni Domino’s Pizza c’erano cuochi, pizzaioli e camerieri.
C’erano persone come e te che, scaduto quel periodo di grazia si trovano senza un lavoro in un periodo socio-economico dalle prospettive a dir poco tetre.
Rilanciamo l’appello di Pecoraro Scanio, per Fondazione Univerde: lasciate da parte le liti nazionalpopolari su chi fa la pizza migliore, qualcuno assuma quei lavoratori.
Sì, ha vinto il modello Italiano quanto volete. Ma ogni lavoratore è una famiglia. Una famiglia che vive in Italia e della quale state festeggiando l’incolpevole scivolare nella miseria.
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