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Che succede se l’esercente non ha il resto alla luce della riforma dei POS

Che succede se l’esercente non ha il resto alla luce della riforma dei POS? Una domanda alla quale possiamo rispondere sicuramente succede la stessa cosa che è sempre successa in passato. Solo che non lo sapevate.

Partiamo da una premessa: la proposta di elevare il limite nel quale l’esercente può rifiutare i pagamenti mediante POS a 60 euro ha scatenato varie discussioni. Tra le quali l’annosa provocazione:

“E se io ho solo cinquanta euro in tasca?”

La soluzione è: non è un problema tuo, ma un problema dell’esercente. Che tu abbia 100, 500 o 50 euro in tasca, si suppone per legge che il commerciante sia tenuto a fornirti abbastanza resto.

O, non avendolo, non potrà dirti “Esci e vai a cambiarlo fuori”, ma dovrà egli stesso lasciare la cassa e correre a cambiare i soldi, o inviare un suo incaricato.

Gli amici di La Legge per Tutti, nota pagina di divulgazione legale gestita da esperti del settore ne avevano del resto già parlato nell’ormai remotissimo 2017.

Che succede se l’esercente non ha il resto alla luce della riforma dei POS

Quando un barista espone la sua tabella dei prezzi, un tassista accetta di prenderti in macchina, un commerciante riempie la sua vetrina di merce, è una forma di proposta di vendita, una “promessa” dal venditore al cliente.

È come se dicesse “Io vendo la tale merce, costa tanto, la vendo a chiunque mi porti tanto”.

La legge impone di tenere fede a quella proposta di vendita, il come diventa buonsenso.

Sta all’utente, ad esempio, pensare che se deve giusto fare colazione al bar, probabilmente uscire con una banconota da 100 euro in tasca e basta sarà quantomeno sconveniente.

Sta al barista pensare che probabilmente è meglio non partire la mattina dalla cassa vuota come il deserto del Gobi e avere banconote di vario taglio per distribuire il resto. Oppure ricordarsi che la mancata obbligatorietà del POS non comporta l’impossibilità di uso del POS e se hai davanti un utente con un cellulare e 100 euro in tasca e non hai 98 euro di resto da dargli, probabilmente quel cellulare sarà abbastanza moderno da supportare Google Pay o Apple Pay e ci si potrà accordare sulla valuta digitale.

Quello che la legge non consente è:

  1. Obbligare il cliente a cercare di cambiare moneta altrove. Puoi chiederlo, ma non imporlo. Tu, esercente, dovrai, come detto prima, uscire dal negozio e cercare di farti cambiare la valuta o mandare un garzone;
  2. Trattenere il cliente in negozio finché non porta la valuta ridotta: questo sarebbe un grave reato. L’esercente potrà chiedere al cliente di tornare un altro giorno coi soldi per pagare la merce prelevata, ricordandogli che in caso contrario potrà addebitargli la stessa con gli interessi e che il mancato pagamento comporterà le ulteriori conseguenze legali del caso. Ma non potrà impedire ad esempio, in caso nessuno abbia “da cambiare”, che il cliente si allontani per ritornare il giorno dopo coi soldi richiesti o effettuare un bonifico;
  3. Pagare “in monetine” per far dispetto all’esercente: non possono essere usate più di cinquanta monete, di ogni taglio, per pagare qualcosa. Il cliente volendo potrà quindi insistere perché i 50 euro che ha in tasca gli siano cambiati per pagare la colazione: non potrà tornare con un sacchettino di monete da 5 centesimi esigendo siano contate sul posto.

Chi ha un debito deve pagare con moneta di corso legale, anche avvalendosi dell’intermediazione bancaria (POS, assegni, bonifici…): chiunque paghi con tale valuta ha il diritto di essere servito.

L’esercente è quindi obbligato ad avere il resto e, in assenza, a procurarselo in tempi rapidi o consentire al cliente di tornare in un secondo momento con la valuta (eventualmente con interessi), ricordandogli che ci sono gli interessi e non tornare consterà ovviamente di insolvenza fraudolenta o appropriazione indebita.

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