C’era una volta la mela di Newton, ma non proprio come la ricordate

di Shadow Ranger |

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C’era una volta la mela di Newton, ma non proprio come la ricordate Bufale.net

Uno dei miti più rinomati della storia, tanto da influenzare non solo la scienza ma l’immaginario visivo e il marketing stesso è il mito della mela di Newton.

Hannah, Robert; Master Isaac Newton in His Garden at Woolsthorpe, in the Autumn of 1665; The Royal Institution; http://www.artuk.org/artworks/master-isaac-newton-in-his-garden-at-woolsthorpe-in-the-autumn-of-1665-216055

La storia ormai la conoscete tutti, come riportata nel libro “Curiosities of Literature” di Isaac Disraeli. Secondo la storia Isaac Newton si era ritirato nella dimora materna di Woolsthorpe Manor, una tenuta di campagna per riflettere sull’elusivo mistero della gravità e dell’orbita lunare. In un momento destinato a cambiare il destino della scienza e del mondo, una mela gli cade in testa, portandolo all’illuminazione e alla formulazione della legge di gravitazione universale.

C’era una volta la mela di Newton, ma non proprio come la ricordate

In realtà, come sempre accade, la storiella aneddotica risulta essere la narrazione romanzata di una riflessione ben più dirimente e lunga nel tempo, arricchita poi del buffo particolare della mela caduta in testa, non presente neppure nei racconti di Newton per motivi narrativi.

Non esiste sostanzialmente un “prima” in cui Newton brancola nella confusione, una mela che gli sbatte sulla testa e “l’illuminazione” che improvvisamente squarcia il velo di tenebra nella sua mente aprendolo alle conoscenze supreme dei misteri del cosmo.

Lo stesso Newton amava usare come metafora delle sue riflessioni l’esempio della mela che cade dall’albero: una delle prime apparizioni di questa forma di esempio è “Memorie di Sir Isaac Newton” di William Stukeley (1752) in cui, decenni dopo la formulazione della teoria il biografo del noto scienziato riporta che osservare una mela cadere dall’albero (non sulla sua testa) lo aveva posto in uno “stato di contemplazione” dandogli quella spinta extra necessaria a formulare le sue teorie.

In realtà come riportato da Keith Moore, archivista capo per la Royal Society, è assai più probabile che sì, Newton fosse davvero lì in campagna ed abbia davvero visto cadere una mela.

Sicuramente non gli è finita in testa e la mela non ha ispirato la sua teoria, frutto di anni e anni di studio, ma gli ha regalato un modo semplice ed aneddotico per poterla popolarizzare.

Newton ebbe quasi cinquanta anni dalle sue riflessioni a Woolsthorpe Manor al momento in cui Stukeley raccolse il suo racconto per prepararsi un discorsetto, che piacque così tanto da arrivare negli scritti di Voltaire.

Newton non era solo uno scienziato, ma una persona profondamente colta e abbastanza religiosa da dedicarsi allo studio della Bibbia. Nella storia della mela c’era tutto quello che gli serviva per mesmerizzare il suo interlocutore quel tanto che bastava per comunicargli le sue riflssioni.

Un momento “eureka” come nella storia di Archimede di Pitagora, una narrazione che con parole semplici introduce concetti complessi e un afflato biblico: la mela nuovamente diventa “il Frutto della Conoscenza” la cui caduta rompe una barriera che avvicina l’Uomo alla conoscenza dei misteri di un Universo noto fino a quel momento solo ad un invisibile Creatore poco incline a condividerne le leggi.

“Non so come io possa apparire al mondo; ma a me stesso sembra di essere stato solo un ragazzo che gioca sulla riva del mare e si diverte di tanto in tanto a trovare un ciottolo più levigato o una conchiglia più bella del solito, mentre il grande oceano della verità giaceva tutto inesplorato davanti a me”.

Dirà più avanti di se stesso.

L’importanza della Mela

Per le ragioni dette l’aneddoto della mela ebbe una enorme fortuna. Voltaire lo introdusse e popolarizzò nei suoi scritti: Newton aveva visto giusto nel puntare sulla mela.

Disraeli fu uno dei primi a popolarizzare la versione del mito in cui la mela colpisce Newton sulla testa, rendendo così popolare il mito dello scienziato come persona così distratta dal cercare di comprendere i misteri del cosmo e dell’universo scientifico da aver bisogno di essere richiamata “sulla Terra” da un evento semplice e mondano.

La mela apparve sin da subito oltre che nella letteratura nelle arti: il quadro in copertina “Master Isaac Newton in His Garden at Woolsthorpe, in the Autumn of 1665” di Robert Hannah risale già alla metà dell’800.

Inoltre se avete un computer o un cellulare Apple in casa, sappiate che la “mela morsicata” è una semplificazione ulteriore della mitologia nata dall’aneddoto di Newton nelle sue mille trasformazioni.

Primo logo della Apple

Primo logo della Apple

Il primo logo della Apple, opera di Ronald Wayne (tra i primi fondatori della ditta) raffigura non una mela, ma espressamente quella mela in una riedizione litografica dell’aneddoto di Stukeley arricchita dalla frase del poeta inglese William Wordsworth “Newton… a mind forever voyaging through strange seas of thought”, traducibile con “Newton, una mente per sempre in viaggio attraverso strani mari del pensiero”.

In seguito Steve Jobs, in una primitiva ma in questo caso riuscita forma di “blanding” decise che il logo di Wayne fosse troppo barocco, inadatto all’utente medio e difficile da replicare su vasta scala se Apple fosse diventata famosa così come è stato.

Semplificò così il logo lasciando solo una mela morsicata, inizialmente multicolore e poi monocolore.

Infine, anche nei fumetti di Topolino, fa capolino dal 1965, ma riscoperto in storie recenti il personaggio di Newton Pitagorico

Newton Pitagorico, personaggio di Topolino

Newton Pitagorico, personaggio di Topolino

Nipotino di Archimede Pitagorico brillante come lo zio ma ostacolato da una tendenza a distrarsi e creare invenzioni dagli esiti potenzialmente disastrosi il cui alimento preferito, inutile dirlo, è la mela.

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