C’era una volta il multiplayer, croce e delizia di mille giocatori che ogni giorno tra un “gg”, una rissa online e qualche ban e mugugno si congregano in gruppi virtuali in giochi di ogni tipo, dal MOBA al FPS, in arene e campi di battaglia virtuali, o qualche volta sfidandosi in combattimenti scolastici tra bizzarri animaletti.
Ma ci fu un tempo in cui il multiplayer si reggeva sulle gambe di qualcosa che non era Internet.
E non parliamo dei giochi di società che come abbiamo già avuto modo di vedere animavano le feste fin dall’800 (ed anche qualche rissa).
Uno dei primi giochi online della storia nel senso più moderno del termine, se non il primo, fu MUD1, retronimo di MUD, “Multi-User Dungeon”, gioco creato nel 1978 su un PDP-10 all’Università di Essex.
Se la data e il computer vi ricordano qualcosa non è un caso: Colossal Cave Adventure e Zork, considerati gli antesignani del concetto stesso di videogame commerciale moderno nacquero proprio in quegli anni, e MUD nasce proprio su ispirazione di Zork, o meglio della modalità giocosa e simpatica con cui Zork offriva l’esplorazione di un Dungeon, cominciando una tradizione che avrebbe cominciato a sentire gli acciacchi dell’età solamente raggiunto il XXImo secolo.
Roy Trubshaw and Richard Bartle, all’epoca studenti, si unirono semplicemente alla massa di persone colpite dalla creazione di CCA e Zork così tanto da voler creare il loro dungeon, liberamente esplorabile da più giocatori. Ovviamente, come per Zork, parliamo di un mondo di solo testo, da guardare con gli occhi dell’immaginazione.
E che presto fu lasciato indietro da Trubshaw, primo a laurearsi, e affidato alle capaci mani di Bartle, che arricchì la mappa di gioco e i puzzle da risolvere.
MUD1 arrivò quindi nel 1980 all’appuntamento con ARPANET: quando l’Università dell’Essex si connesse al servizio, MUD1 divenne uno dei primi, se non il primo gioco online della storia.
Nel 1983 l’Università dell’Essex rende possibile a giocatori esterni collegarsi a MUD1 dalle 2 alle 7 del mattino, quando le risorse di sistema non erano usate dalla facoltà: solo venti utenti vengono ammessi, creando code che arrivano fino ad un’ora.
E se pensate che l’orario di gioco sia strano, pensate che molti gamer attuali sono attivi di notte e che in tempi prima della banda larga collegarsi di notte o in altri orari sottoposti a sconti era il modo preferito dagli smanettoni per risparmiare i soldi della bolletta.
Nel 1984 Thrubshaw, Bartle e Simon Dally, curatore editoriale, fondano MUSE Ltd per commercializzare e diffondere MUD1: un anno dopo svilupperanno una versione perfezionata di MUD, MUD2.
MUD1 sarà distribuito su Compuserve negli USA e CompuNET nel Regno Unito, due provider di Rete nel 1984: da quel momento anche utenti degli Home Computer in forte diffusione in quegli anni (qualcuno ha detto Commodore 64?) potranno permettersi la gioia di unirsi in un MUD, sia pur con limitazioni come un ritardo obbligatorio di sette secondi tra l’inserimento dei comandi e il ritorno a video per evitare di intasare la connessione di tutti a causa dello straripante successo del gioco.
Nel 1985 il trio produsse MUD2 per British Telecom, ma una serie di problemi tecnici del provider impedirono a quella che era a tutti gli effetti la versione perfezionata del primo gioco di raggiungere la fama sperata: il trio riscrisse MUD2 in modo da funzionare su hardware dedicato e poco costoso, una “MUDBox”, ma il suicidio di Dally a causa di una forte depressione gettò tutto in uno stato di flusso.
A questo punto avevamo diverse versioni di MUD: sui server dell’Università dell’Essex rimase MIST, derivato di MUD1 scarsamente moderato dove gli aspiranti stregoni potevano menarsi virtualmente dalle due alle otto del mattino ogni weekend.
MUD1 andò su Compuserve e CompuNET, diventando “British Legends” mentre MUD2 cominciò a spostarsi di server in server. US Videotel fu tra i primi ad ospitarlo, per poi fallire e lasciare che MUD2 arrivasse sulla rete Kesmai e sulla BBS di Interplay.
MUD2, sottotitolato “The Quest for Immortality” introdusse un obiettivo tipico del genere MUD: fare crescere il proprio personaggio in potenza e abilità fino a farlo ascendere al rango di Mago (Wizard), un vero “Signore del Dungeon” (Dungeon Master) dotato di potere e signoria sul mondo condiviso dagli altri giocatori.
Solo lo Stregone infatti avrebbe potuto appropriarsi di una pietra magica che l’avrebbe reso immortale e signore del Dungeon (altri giocatori dal punteggio inferiore sarebbero stati semplicemente uccisi dalla “Touchstone” nel tentativo), consentendogli quindi di “ritirarsi” e giocare con un nuovo account o restare per addestrare, sfidare e motivare una nuova nidiata di aspiranti Stregoni.
Non così fortunato fo MUD2: Interplay fece passare il progetto attraverso quattro programmatori. Il primo rimpatriato dopo sei mesi, il secondo un pacifista ed obiettore di coscienza che solo dopo aver lavorato su MUD2 si rese conto che la “raffigurazione testuale della violenza” non era compatibile con la sua coscienza, il terzo un “cacciatore di curriculum” che abbandonò il posto di lavoro dopo sei mesi ed una mezza pagina di curriculum con “esperienza nella programmazione di giochi online” in più e il quarto arrivato durante un incrocio di license che lasciò MUSE in difficoltà ma consentì a MUD e tutti i suoi figli di sopravvivere, in un modo o nell’altro, fino ad oggi.
Tra i vari MUD ricordiamo Island of Kesmai del 1985, nato sul citato servizio online, titolo commerciale ante litteram con tanto di manualoni di gioco da poter comprare seguito dal suo sequel Legends of Kesmai, dotato ora di mappe bidimensionali grafiche.
Sempre negli anni 80, Kesmai provò ad estendere il gioco online in nuovi mondi e dimensioni, ad esempio con Air Warrior per AMIGA, PC e Macintosh, tra gli altri, titolo del 1987 con battaglie aeree tra giocatori, basato su server chiusi solo nel 2001
Era chiaro infatti che il passaggio dalle BBS al WWW avrebbe attirato nuovi giocatori, e che le potenzialità grafiche dei nuovi computer avrebbbero reso le avventure testuali o con caratteri ASCII obsolete.
Abbiamo già parlato dei tentativi anni ’80 e ’90 di portare l’online nel mondo delle console domestiche resi possibile dal fatto che ormai gli anni ’90 erano diventati il decenno di Internet accessibile per tutti, ed ogni rivista periodicamente ti forniva “il floppy con un dialer” per collegarti.
Arrivarono così gli MMORPGs e gli FPS Online come il coreano Nexus: The Kingdom of the Winds (1996), dalle delicate atmosfere di un fumetto coreano (il manwa), o Quakeworld, versione di Quake (1996) congegnata per rendere il nascente fenomeno dell’FPS online accessibile e dare ai giocatori di tutto il mondo la gioia di spararsi in faccia a vicenda anziché sparare mostracci orribili.
Gli anni ’90 videro anche la nascita della saga di Starcraft (1998), gioco di esplorazione e combattimento spaziale in una galassia futura ricca di stirpi aliene, e il grande salto nel mondo online di saghe fantasy come Ultima Online (1997), evoluzione finale in forma di MMPORG (tutt’ora esistente) dei nove capitoli della saga decennale di Ultima, nata dopo il sacrificio del “giocatore unico” dei primi capitoli e del suo mondo fantastico sostituito da un nuovo mondo.
A questo punto tenere traccia di ogni MMORPGs, FPS e gioco online diventa sempre più complicato, ed ogni individuo nato tra gli anni 80 e 90 avrà un sicuramente un gioco online ed una “Gilda”, un gruppo di amici con cui incontrarsi ogni sera nel cuore.
Il millennio chiude col botto: con Everquest (1999) il concetto di MMORPG raggiunge il suo compimento riprendendo tutti gli elementi di personalizzazione, ironia ed esplorazione già presenti dei MUD per dare loro le ricche e gloriose del 3D e personaggi di “carne e sangue” (e molti, molti poligoni) in grado di muoversi in un mondo complesso che unisce il Gioco di Ruolo alla D&D (già ispirazione immanente di Zork e quindi di MUD1) al MUD.
Puoi scegliere il tuo personaggio tra diverse stirpi variamente umanoidi, creare un tuo personaggio e una sua storia, immedesimarti nella tua creazione/avatar e vagare per i mondo riunendoti in gilde e gruppi con altri amici, accettando sfide interne per acquisire nuovi armamenti e creando strategie online basate sui legami creati nel gioco.
Ogni giocatore infatti in Everquest può avere un ruolo diverso in una strategia online: ci potrà essere, come nei giochi di ruolo “carta e penna” un tank, un “difensore” in grado di assorbire gli attacchi avversari mentre gli attaccanti fanno il loro lavoro, un guaritore pronto a supportare il gruppo con la sua magia ed altre figure.
Se giocatori da soli in un MMORPG è sempre possibile, come nei MUD spesso eri solo a voler diventare lo Stregone, ci si diverte molto di più in compagnia, e prima del’arrivo di Discord spettava a ICQ e MSN tenere assieme i vari compagni di battaglia.
Cmplica le cose il millennio corrente: lo scrivente ricorda ancora il suo clan in Sacred (2004), comprato direttamente in blister dopo le lezioni scolastiche, prova che gli MMORPGs non sono mai finiti, ma sempre il millennio ci regala “Defense of the Ancients”, per gli amici DOTA (2004), espansione di Warcraft che prende le basi della precedente espansione per Starcraft Aeon of Strife (AoS) (2003) introducendo mappe dove diventa possibile una battaglia di squadre, ognuna con cinque elementi circa, scelti tra i vari “eroi” di gioco che devono cooperare per sopraffare l’avversario.
Al MOBA si collega il concetto moderno di eSports: la squadra diventa, come la squadra di uno sport fisico, un team ben oliato in grado di raggiungere l’obiettivo finale della vittoria.
Se il padre nobile del genere è DOTA, consenso generale vuole il precursore in Herzog Zwei, titolo arcade e sperimentale per il Megadrive basato su combattimenti ad arena, arrivato però prima che Internet consentisse alle squadre virtuali di sfidarsi per fama ed onori.
Come se avessimo inventato il gioco del calcio, ma non il concetto di stadi, divisioni, serie e classifica: arrivati al 2008, DOTA aveva di fatto innescato il concetto moderno del MOBA.
Se dovessimo dare una colonna sonora a quei tempi sarebbe We’re sitting here in Ventrilo, playing some DotA, del gruppo Basshunter, giocosa cover del singolo A Never Ending Dream (1996) degli X-Perience dedicata non più ai sentimenti di due amanti separati dallo spazio ma riuniti nei sogni, ma all’esperienza di cinque araldi dell’era degli eSport separati dallo spazio ma riuniti da Ventrilo (chat audio prediletta dai gamer dell’epoca) allo scopo di infliggere batoste notturne ai loro rivali.
Nel 2013 DOTA vide un suo sequel col crisma dell’ufficialità DOTA2, ma nel 2009 Riot Games lanciò League of Legends, gioco che tutt’ora muove enormi interessi economici e sportivi con veri e propri campionati dai premi miliardari, atleti sponsorizzati e interessi economici pari a quelli della più blasonata lega calcistica.
Il mondo di Everquest, nonostante un suo sequel ambientato 500 anni dopo, è ancora presente ma messo in ombra da campioni moderni del genere come World of Warcraft.
Ma in un certo senso, la differenza col passato è che se un tempo alcuni giochi avevano una componente online, diventa ora impossibile imbattersi in un gioco che non la abbia almeno una volta nella vita.
Viviamo nell’era degli eSports, dove persino Pokémon ha da lungo tempo abbandonato il Data Link Cable per dedicarsi a sfide ed eventi accessibili solo online ed ha un suo spin-off MOBA (Pokemon UNITE), e se nel passato retro giocare online ti dava il diritto di vantarti, FPS come Call of Duty, Valorant e la saga di Overwatch e MOBA come League of Legends muovono non solo un numero incalcolabile di giocatori, ma interessi sportivi ed economici.
In alcuni casi il confine tra generi è offuscato, e considerare ad esempio Valorant ed Overwatch FPS ha una certa capacità convenzionale, data la presenza di elementi tratti dai MOBA ma, generalmente, il gamer odierno vive online.
Ma questa è una rubrica retro: e se io volessi giocare retro?
Succede che se sei stanco di tanta modernità puoi regalarti una partita a MUD2 quando vuoi, oppure andare ancora più retro per giocare a British Legends o MUD1 che dire si voglia.
Nonostante il declino dei MUD, potrete ancora oggi trovare diversi in giro per la Rete, e dedicarvi a connettervi con altri giocatori, se non addirittura, per chi si sentisse avventuroso, creare il vostro MUD personale e condividere l’avventura con gli amici.
La domanda che ora tutti mi porrete è perché?
Perché dovrei creare un MUD o cercarmi un MUD quando posso comprarmi un gioco online a caso oppure acchiappare al volo la mia Nintendo Switch e divertirmi tra Splatoon 3 e Fortnite, e trovarne anche di gratis?
Perché dovrei farlo quando ormai non solo i MUD e i MMPORG, non solo gli FPS ma la stragrande maggioranza dei giochi che amate hanno una spiccata componente online?
Se siete lettori di lunga data, affezionati al retro, la risposta la conoscerete già.
È la stessa risposta al quesito sul perché leggere Bufale.net dalla BBS di Retrocampus e da dispositivi come un vecchio Videotel, un Commodore 64 o altri computer vintage quando almeno uno smartphone lo lo avete.
Non è opportunità ma possibilità: potete immergervi in mondi di suoni e colori, assurti al rango di vere e proprie leghe sportive dove è anche possibile raggiungere fama e fortuna, oppure potete rifiugiarvi in mondi da creare “con gli occhi della mente”.
In un istante, potreste prendere la macchina del tempo e trovarvi non solo ai tempi di Roma Antica o nella Terra di Mezzo Tolkeniana, ma negli “anni ’80 o giù di lì” interagendo con una tastiera e una narrativa testuale pronti a risvegliare la vostra immaginazione.
E poi tornare nel presente, nel mondo del “qui ed ora”, grati dei quarant’anni che vi hanno portato da MUD1 a World of Warcraft.
Se aveste ulteriormente bisogno di motivazione, Bartle gestisce ancora un sito internet dedicato a MUD, con sorprese come una galleria fotografica di generazioni di giocatori negli anni, in una ideale staffetta dal passato al futuro in cui potreste riconoscervi, o accettare il testimone.
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