Bufala

Carola Rackete è un uomo che ha cambiato sesso!

Carola Rackete è un uomo che ha cambiato sesso! è quel genere di bufala che rivela molto della natura di chi la diffonde.

La bufala di Carola Rackete persona inesistente, creazione inventata dalla “sinistra” perché non ha foto sui social rivelava tutto il narcisismo del Popolo della Rete. Ci diceva sostanzialmente che i leoni da tastiera e i cattivisti in servizio permanente vivono nel culto di nuovi divetti e divette della Rete che esistono nella misura in cui pubblicano bulimicamente contenuti sulla Rete dandosi in pasto al voyeurismo pubblico, in un mondo dove se non ti mostri sfacciatamente ed ostentatamente non ci sei.

La bufala di Carola Rackete col nonno nazista, il babbo trafficante d’armi e la mamma ricercatrice farmaceutica ci parlava di un improbabile mondo di barbarie ed inciviltà dove non puoi perdonare ad una donna il fatto di non essere una massaia perennemente incinta con orde di marmocchi al collo. Lavorare, per una donna, è un oltraggio. Fare beneficienza anche: fare del bene ed essere figlia di una donna lavoratrice, figurarsi.

La bufala di Carola Rackete è un uomo che ha cambiato sesso! rivela altro: un fitto sottobosco di omofobia malcelata e transfobia fieramente esibita dove, nel momento in cui devi inventare una calunnia per diffamare qualcuno, sghignazzare e dargli dell’omossessuale o del trans viene percepito come l’offesa finale e definitiva.

La bufala di Carola Rackete è un uomo che ha cambiato sesso!

Open fa da apripista rivelandoci l’arrivo in Italia di una bufala già nota all’estero, negli ambienti delle notizie alternative.

In Italia arriva con la seguente forma

Pare che Karola, in realtà sia un Daniel..Adottato da persone ricche, diventa famoso, poi si lancia da una nave da crociera e il suo corpo non viene ritrovato. Sei mesi più tardi riappare … in molti siti smentiscono ma la somiglianza è notevole.

La narrazione riprende ed unisce in sè la precedente bufala di Carola Rackete personaggio inesistente con la narrazione transfobica di chi sembra ritenere che basti accusare qualcuno di essere un transessuale per vilificarlo.

Il nostro Uomo Veramente Cattivo, nel tempo libero chirurgo plastico addetto alla riassegnazione del sesso dei personaggi immaginari…

Perché riteniamo che sia un grande errore doversi ridurre a difendere Carola Rackete dall’accusa di non essere un transessuale.

Ovviamente, Carola Rackete è nata Carola Rackete.

Del suo curriculum personale liberamente riscontrabile da chiunque non faccia l’errore di ritenere che siccome lui/lei passa la vita a vomitare su Internet tutto il resoconto delle sue azioni, i suoi livori ed i suoi odi allora tutti debbano farlo, ne abbiamo lungamente parlato.

Le date semplicemente non coincidono.

Carola o Daniel?

Secondo la bufala in voga sui social infatti un tale dall’impronunciabile nome di Daniel Küblböck diventa famoso in TV nel 2003.

L’impronunciabile Daniel, irreprensibile artista, vive una vita pazzerella e spensieratissima da Star sulla cresta dell’onda, finché nel 2018 sparisce dall’orizzonte pubblico.

Riappare un suo account Instagram, o meglio indicato come a lui associato da Open, datato aperto nel settembre 2018.

In questo account vi sono fote di Daniel vestito da donna, con hashtag legati ad una sua transizione sessuale.

E se questa foto somiglia a Carola Rackete, mio nonno non era una carriola con quattro ruote, ma era Optimus Prime, il valoroso comandante degli Autobots sempre in guerra contro i malvagi Decepticon per salvare l’umanità intera dal Male.

Le conseguenze della bufala

Ovviamente, dichiarare che Carola Rackete è un misterioso transessuale di buona famiglia fuggito in America non ha alcun senso logico.

Non ha senso logico perché bufale che capitalizzano sulla buona sorte di Carola Rackete nata in una famiglia amorevole e benestante, come abbiamo visto, ve ne sono a pacchi.

Neppure ha senso logico spingere l’inesistenza di Carola Rackete fino a inventarsi un collegamento con l’impronunciabile Daniel Küblböck: perché doversi arrischiare a collegare Carola Rackete ad un personaggio che, letteralmente, è stato visto in posti diversi da quelli in cui era Carola Rackete alla stessa data quando puoi continuare ad attenerti alla narrazione per cui Carola Rackete non esiste, è una sorta di allucinazione collettiva che rifiuta di avere un account Facebook in un mondo in cui se non posti otto apericene al giorno non sei nessuno?

La soluzione è semplice: si punta alla transfobia.

Si costringe sostanzialmente l’interlocutore a dover dimostrare che Carola Rackete non sia un trans.

Si costringono i “buonisti” a dover cadere nella trappola dei “cattivisti” scrivendo fiumi di parole per difendere la loro “eroina” dall’accusa di essere un transessuale.

Come se la transessualità fosse un reato. Come se la transessualità fosse una colpa.

Riscontriamo la firma che abbiamo incontrato in diverse azioni delle fabbriche del meme di targa alt-right, come i *chan da noi incontrati nel caso di Christchurch.

Riscontrammo in quel caso una “operazione segreta”, peraltro esplicitamente citata dall’attentatore di Christchurch durante le fasi del suo arresto e la prima udienza in tribunale, per costringere il nemico di turno, femministe, fact checker e persone di sinistra a doversi difendere dall’accusa di usare un “simbolo dei suprematisti bianchi”.

Lo scopo? Vi lasceremo la traduzione del loro delirante comunicato

Ed ecco il disgusto in una sua traduzione

Dobbiamo inondare Twitter ed ogni Social Media di spam, dichiarando che il simbolo OK è dei suprematisti bianchi. Create degli account fake con nomi di ragazzine bianche e scrivete ca**ate come “Oh mio Dio, è così veeeeeero!”

Usate tutte le emoticoni che volete. Sarebbe utile inventarvi una cosa come “Il simbolo OK è un simbolo dei suprematisti bianchi perché Mel Gibson lo usa”

Usate l’hashtag #PowerHandPrivilege in tutti i vostri tweet o altro legati a questo meme.

Punti extra se nell’immagine del profilo ci mettete qualcosa relativo al femminismo.

Quelli di sinistra hanno scavato sin troppo nella paranoia, dobbiamo vilificarli e renderli paranoici finché la società rifiuterà la loro mer*a!

Chi crea queste bufale, questi meme, queste storie, lo fa con cognizione di causa.

È un meccanismo perverso: io ti accuso di essere un trans, e se ti difendi allora hai dichiarato che essere un trans è un male. E quindi mi dai ragione, e quindi tu sei paranoico ed io ho ragione.

È una catena che va spezzata: ad esempio lasciando che sia l’iniziativa #odiareticosta, di cui abbiamo già parlato qui e che sta raccogliendo anche dati su Carola Rackete, a portare la “burla”, il “meme” e l’attacco personale nella dimensione che gli confà.

Di rispondere bisogna rispondere, mettendo a nudo ogni contraddizione e rompendo la cassetta di frutta su cui monta chi sale a giocare.

Perché il Bene non può agire come il Male. Non gli manca la volontà, proprio non può, o Bene non sarebbe,

Una possibile risposta, offerta da Fantomax, ed. Coconino Press, Catacchio-Bernardi

Stiamo parlando di una bufala.

Stiamo parlando di una bufala redatta da persone che pensano che Trans sia un insulto.

Si parla di una bufala redatta in un modo da ingenerare nel lettore stesso la falsa idea che dare a qualcuno del trans per vilificarlo non sia una azione vile che vilifica chi la compie, ma una viltà da usare per vilificare il prossimo.

Carola non è David. Trans non è un insulto. #odiareticosta.

Ed è bene sia così.

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