Editoriale

Cala la censura in Russia: carcere per chi parla di invasione, social e stampa estera bloccati

Cala la censura in Russia: e non parliamo delle sanzioni che hanno messo gli outlet di informazione del Cremlino fuori dall’Eurozona e dagli USA.

Per la gioia dei “Putiniani” nostrani sui social, coi quali si registrano inquietanti intersezioni coi novax, la propaganda filorussa si è evoluta in aperta censura.

La proposta varata già dal 2 Marzo ora è legge.

L’inasprimento delle pene per chi diffonde “false informazioni sulle false armate” sale quindi a quindici anni di galera. E il concetto di “false informazioni” sostanzialmente diventa dichiarare qualsiasi cosa che non sia la descrizione “ufficiale” della guerra come “semplice operazione militare di denazificazione che assolutamente non è guerra”.

In una Russia dove i ragazzi soldato possono finire al fronte credendo che un fronte non vi sia, dove i bambini vengono sottoposti ad un inquietante cartone animato dove l’Ucraina viene raffigurata da un ragazzino bullo amico dell’Occidente “salvato” dall’eroico buono e giusto ragazzino Russo, raffigurato come una figura a metà tra il nostro Garrone del Libro Cuore e Batman il vigilante, semplicemente è severamente vietato contraddire l’informazione “ufficiale” del Cremlino.

Notare: questo è esattamente il cavallo di battaglia dell’intersezione novax/Putiniani.

Cala la censura in Russia: paradosso delle limitazioni reali contro quelle presunte

Generazioni di disinformatori su ogni campo chiamano “censura del mainstream” il fatto che spesso, tra giornalismo e fact checking, le loro affermazioni siano smentite.

Ma a parte casi in cui si è sfociati nella minaccia, nella violenza e in altre derivazioni, nessuno, neanche il più disinformante dei disinformatori ha rischiato vita e libertà per continuare a diffondere le sue teorie.

Al massimo ha rischiato di essere smentito e ferito nell’orgoglio: il minimo per chi abbia intenzione di esporre e difendere una sua teoria.

In Russia non è così: in Russia da ora il rischio realizzato è il pensiero unico del Cremlino.

L’informazione indipendente viene duramente colpita, sanzionata e spinta a pressioni.

Giustificandosi dietro le limitazioni ai media russi (nate perché, ricordiamo, il Cremlino sostanzialmente non ha tollerato il fact checking indipendente sulle notizie dei propri organi), Facebook e Twitter sono bloccate nel paese.

Parimenti CNN, Bloomberg e CBC hanno chiuso o chiuderanno le loro attività locali, non potendo garantire né la sicurezza dei giornalisti né soprattutto la loro indipendenza.

E questa direi è vera censura. Non la limitazione della viralità di contenuti spesso artefatti (vedi la scoperta di veri e propri “blogger virtuali”, bot e falsi creati al computer per creare personaggi di “Ucraini a favore”), ma la vera e propria impossibilità di informarsi da altra fonte che non sia quella di Stato.

Né social né giornalisti stranieri. Letteralmente, la battaglia per l’informazione ora poggia sulle capacità della Rete di evitare la censura.

BBC ha già predisposto istruzioni per usare la rete anonima Tor, Anonymous continua la sua ormai eterna battaglia per l’informazione.

Il tutto mentre da noi c’è chi festeggia e inneggia la censura, invocando improbabili invasioni che consentano di imbavagliare anche i nostri media.

Ironicamente, chi festeggia è il primo che se l’Europa agisse davvero come loro chiedono si agisca, sarebbero censurati, imbavagliati e privati della libertà.

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