Si potrebbe dire “tanto rumore per nulla” a proposito dell’ormai famosa app Immuni, quella concepita contro il Coronavirus. Temendo per la propria privacy, esattamente come avvenuto un paio di settimane quando sul nostro sito vi abbiamo parlato della presunta vulnerabilità di Zoom, in tanti in Italia si sono indignati per il possibile download obbligatorio. A maggior ragione, se pensiamo che l’applicazione potrebbe essere concepita proprio per monitorare i nostri spostamenti durante la fase 2, in modo che siano ridotti all’osso.
Sostanzialmente, le voci alimentate da un articolo pubblicato in giornata dal Corriere della Sera, affermano che il download dell’app Immuni dovrà avvenire almeno sul 60% degli smartphone in possesso degli italiani. Una soglia che sarebbe necessaria affinché il programma possa avere senso. Al contempo, gli anziani meno propensi a sposare una tecnologia di questo tipo, verrebbero muniti di un braccialetto che avrebbe appunto il compito di fornire alle autorità maggiori informazioni sugli spostamenti dei diretti interessati.
Un chiarimento importante su questa vicenda ci arriva dal sito Giornalettismo. In giornata, infatti, sono state riportate le dichiarazioni del Ministro della Salute, Roberto Speranza, concesse ai microfoni di Circo Massimo su Radio Capital. Fondamentalmente, ad oggi non ci sono ancora indicazioni precise sulla natura e sulle principali caratteristiche dell’app Immuni. Il progetto è stato semplicemente approvato dalla task force guidata da Domenico Arcuri, in quanto lo step in questione era fondamentale per consentire alla società che l’ha realizzata di iniziare a lavorare in modo più concreto allo sviluppo.
Speranza, poi, ha chiarito che l’app Immuni al momento rappresenti solo uno dei possibili strumenti per il tracciamento degli spostamenti delle persone con la fase 2 del Coronavirus. Parlare di limitazioni agli spostamenti per chi non la scaricherà, dunque, vuol dire solo creare allarmismo per un progetto attualmente in fase embrionale.
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