Questo distinto e rassicurante signore si chiama Vadim Troyan, ha una lunga storia di militanza in varie organizzazioni neonaziste ed è noto alle cronache giudiziarie del suo paese per essere stato più volte in carcere imputato di omicidio, aggressione finalizzata all’odio razziale, furto e stupro.
Liberato durante i tumulti scoppiati in seguito alla cosiddetta “rivolta di EuroMajdan” è subito entrato a far parte del famigerato NaziBattaglione Azov, responsabile di ogni genere di atrocità e ferocia sulla popolazione civile.
Grazie a questo meraviglioso curriculum il governo golpista e nazifascista ucraino, sostenuto dagli USA, dall’Unione Europea dal PD e da SEL, lo ha recentemente nominato CAPO DELLA POLIZIA della Regione di Kiev.
In realtà quel corpulento omone dall’aria truce non è Vadim Troyan. E non è neppure Capo della Polizia. Il suo nome è Artyom “Bonov” Zalesov, paramilitare del Battaglione Azov, uno dei corpi paramilitari operanti in Ucraina e di seguito “nazionalizzati”, effettivamente accusato di omicidio.
Unico collegamento diretto tra Vadim Troyan e Artyom Zalesov, in attesa di eventuali conferme o smentite della notizia che vorrebbe anche Zalesov indotto nelle locali forze di polizia (ma del tutto prive di conferma, salvo che per la nota di un portale, Russia Insider, che candidamente ammette di aver tratto le sue informazioni da un “blog russo” e “Google Translate”), è la militanza di Vadim (graduato alla locale accademia di polizia, manager nelle telecomunicazioni, politicamente legato alla formazione di destra <Patrioti di Ucraina>), per un congruo periodo della sua vita, nel Battaglione Azov, del quale divenne presto vice comandante.
Lo stesso Vadim non ne ha mai fatto mistero, sia pur cercando in qualche modo di “ripulire” la sua immagine agli occhi della cittadinanza locale, rilasciando interviste in cui sostanzialmente promette equidistanza, nega di voler applicare le idee politiche del Battaglione Azov al suo nuovo ruolo istituzionale e si spinge a dichiarare alla stampa che i suoi obiettivi a breve termine sono “ristabilire l’ordine”, assumere nuovi agenti tra i giovani locali e ridurre la corruzione mediante l’aumento degli stipendi, e venendo presentato alla comunità locale come un “diplomato all’Accademia di Polizia”.
Se e quanto questa operazione di PR funzionerà, non sta a noi dirlo. Le sue origini peculiari sono certo difficili da lavare via, e resta, comunque, il vice comandante di un’associazione paramilitare con radici nell’estrema destra improvvisamente asceso al ruolo di capo della polizia, cosa che rende il mantenimento delle sue promesse decisamente una strada tutta in salita.
Ma proprio per questo riteniamo necessario puntare i riflettori sul vero Vadim Troyan, senza ricorrere ad artifici come sostituire la sua immagine quella del “meno presentabile”, sia fisicamente che in base alla sua condotta, dei suoi ex compagni di armata nel Battaglione Azov. Per quanto un semplice “cambio di immagine” possa suscitare l’attenzione del pubblico, in realtà la discussione dovrebbe vertere su Vadim Troyan così come è, non su una sua figura “costruita” arrivando ad usare fattezze ede elementi altrui.
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