Un post condiviso da un profilo privato ci viene segnalato dai nostri lettori. Le sue 25mila condivisioni rendono un quadro ben definito circa l’immediatezza con la quale le bufale create con semplici immagini con didascalia (leggi la nostra guida utile):
Sapevate che tutti i negozi dei cinesi in Italia x i primi 5 anni non pagano le tasse, basta che dopo 5 anni cambi il nome e sei coperto ancora altri 5 anni, e così via il gioco è fatto…
Ci macchiamo di cinismo, forse, ma un post nel quale si pone una domanda senza usare il punto interrogativo dovrebbe già tradire una certa inattendibilità sull’informazione che si tenta di diffondere. Una corretta informazione necessita, solitamente, di un’altrettanta corretta forma nella quale viene presentata. Il post è totalmente privo di fondamento e già alcuni commentatori hanno redarguito sia l’autore che i condivisori compulsivi, accusando entrambi di contribuire alla diffusione di falsità e scempiaggini.
In primis, la foto utilizzata nel post interessa un caso diverso: nel 2013 a Putignano (Bari) la Guardia di Finanza portò a termine un sequestro di decine di migliaia di articoli in due operazioni eseguite su alcuni negozi gestiti da cinesi. Tali articoli risultavano pericolosi per la salute, in quanto sprovvisti dal marchio CE. ù
Chiarita l’origine della foto, smentiamo le affermazioni contenute nel post segnalato. Prima di indinniarsi è bene sapere che esiste un trattato Italia-Cina già dal 1986, siglato a Pechino e nato per evitare le doppie imposizioni fiscali – sia per gli italiani in Cina che per i cinesi in Italia – e dunque per scongiurare ogni privilegio e ogni imposta eccessiva.
Il trattato si struttura in 29 articoli, e l’articolo 7 interessa maggiormente la nostra analisi:
Articolo 7 – Utili delle imprese
1. Gli utili di un’impresa di uno Stato contraente sono imponibili soltanto in detto Stato, a meno che l’impresa non svolga la sua attività nell’altro Stato contraente per mezzo di una stabile organizzazione ivi situata. Se l’impresa svolge in tal modo la sua attività, gli utili dell’impresa sono imponibili nell’altro Stato ma soltanto nella misura in cui detti utili sono attribuibili alla stabile organizzazione.
2. Fatte salve le disposizioni del paragrafo 3, quando un’impresa di uno Stato contraente svolge la sua attività nell’altro Stato contraente per mezzo di una stabile organizzazione ivi situata, in ciascuno Stato contraente vanno attribuiti a detta stabile organizzazione gli utili che si ritiene sarebbero stati da essa conseguiti se si fosse trattato di una impresa distinta e separata svolgente attività identiche o analoghe in condizioni identiche o analoghe e in piena indipendenza dall’impresa di cui essa costituisce una stabile organizzazione.
3. Nella determinazione degli utili di una stabile organizzazione sono ammesse in deduzione le spese sostenute per gli scopi perseguiti dalla stessa stabile organizzazione, comprese le spese di direzione e le spese generali di amministrazione, sia nello Stato in cui è situata la stabile organizzazione, sia altrove.
4. Allorché uno degli Stati contraenti segua la prassi di determinare gli utili da attribuire ad una stabile organizzazione in base al riparto degli utili complessivi dell’impresa fra le diverse parti di essa, le disposizioni del paragrafo 2 non impediscono a detto Stato contraente di determinare gli utili imponibili secondo la ripartizione in uso. Tuttavia il metodo di riparto adottato dovrà essere tale che il risultato sia conforme ai princìpi contenuti nel presente articolo.
5. Nessun utile può essere attribuito ad una stabile organizzazione per il solo fatto che essa ha acquistato merci per l’impresa.
6. Ai fini dei paragrafi precedenti, gli utili da attribuire alla stabile organizzazione sono determinati annualmente con lo stesso metodo, a meno che non esistano validi e sufficienti motivi per procedere diversamente.
7. Quando gli utili comprendono elementi di reddito considerati separatamente in altri articoli del presente Accordo, le disposizioni di tali articoli non vengono modificate da quelle del presente articolo.
In poche parole: non esiste alcuna voce che parli di agevolazioni di 5 anni in cui i commercianti cinesi sarebbero esenti dal pagamento delle tasse. I commentatori e gli autori di tali post confondono intenzionalmente le regole della Finanza con l’evasione, che si presenta con un discorso più complesso e di differente significato. Essere esenti dalle tasse è una cosa; evaderle è ben altro aspetto.
L’evasione esiste a prescindere dalla provenienza geografica.
Nel nostro caso non esistono misure che consentano ai cinesi di non pagare le tasse per i primi cinque anni di attività. È falso e non è riportato in alcun documento istituzionale o alcuna testata ufficiale.
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