Ci segnalano in molti il seguente post, pubblicato da tale Gruppo ‘gnazzio, che archivieremo qui, e del quale vi daremo il post con la foto dell’uomo ritratta censurata (datosi che, essendo la foto del ragazzo diffusa senza la sua autorizzazione e con contenuto gravemente diffamatorio lo stesso potrebbe, anzi dovrebbe, provvedere a denunciare chiunque l’abbia diffusa in integrale)
Lunedì mattina.
Frecciarossa 9608, Roma Termini – Milano.
Il signore in foto di cui non mi interessa nascondere la fisionomia si è seduto accanto a me, senza alcun bagaglio.
In mano solo il telefono ed un foglietto volante;
ha preso il Frecciarossa, ma con un biglietto per un Interregionale.
Stava parlando al telefono, ma appena ha visto La capotreno ha abbassato il cappuccio fingendo di dormire.
la Capotreno (minuta, esile e giovane, nonché educatissima) gentilmente ha “svegliato” il signore, e dopo aver appurato che non parlasse italiano, ha spiegato in inglese che era sul treno sbagliato.
Ha chiesto la differenza del costo, ma lui ha detto di non aver soldi (smartphone Samsung S8).
La signora delle Ferrovie gli ha chiesto un documento per poter elevare la contravvenzione, ma ovviamente ne è sprovvisto.
Sempre con gentilezza la signora ha chiesto se avesse un passaporto, e lui ovviamente ha detto di no.
Quindi:
– non parla italiano (dice)
– non ha documenti
– non ha soldi
– non ha modo di fornire generalità
– non ha bagaglio (strano no?)Ecco l’esempio della totale assenza di certezza della pena che il nostro bel Paese ha regalato a questi che non sono più disponibile a chiamare “rifugiati”.
Arriverà a Milano, viaggiando su un posto che costa 86€, con 4€. Impunemente.
Senza poter sperare neppure in una multa, perché tanto quando l’avrebbe pagata?
Pamela è stata barbarizzata e vilipesa da gente così. Da gente che senza diritto e senza motivo ha varcato l’uscio di casa nostra, perché la porta era ed è spalancata.
Questo sta andando a Milano senza alcun bagaglio. Non ha pagato un biglietto e dice di non avere soldi. Non parla la nostra lingua.
Parlano di integrazione. Di comprensione. Di accoglienza.
Ci prendono per il culo e noi li tolleriamo.
Taccio.
E bene farebbe l’autore del post indicato a tacere.
Ovviamente, si tratta di un mefitico miscuglio della Bufala del Giustiziere e del Safari Indinniato, due dei generi di bufale più odiosi della storia.
Sostanzialmente, il meccanismo combinato delle due è tristemente semplice: prendiamo un soggetto, che chiameremo per comodità Tizio e ricordiamogli (purtroppo) che lo smartphone che ha in tasca ha anche un collegamento ad Internet funzionante ed una macchina fotografica.
Tizio potrebbe sentirsi stimolato a cercare condivisioni facili e fomentare l’indinniazione (che, a differenza dell’indignazione, è un sentimento volatile, esplosivo e del tutto irrazionale) popolare, e quindi, assetato di condivisioni, bulimico di like e visite in profilo o nella sua pagina pubblica latitante di condivisioni, si procura la foto di Caio, un uomo di colore o altra etnia invisa al Popolo della Rete, aka la Folla Manzoniana 2.0, la plebe indinniata che ha da tempo ceduto ogni spoglia di razionalità per il diritto di vomitare bile dietro un monitor, urlando al mondo quanto si sentano poveri e diseredati dietro un iPhone X o un Macbook Pro nuovi di pacca e la ripubblica imbastendoci su un turpe teatrino, una narrazione strappalike.
Improvvisamente ecco che il lettore viene indotto a credere che un uomo di colore senza bagaglio e con un cellulare sia un pericoloso criminale che viaggia senza biglietto, il controllore muta le sue fattezze in una ariana fanciulla “Elegante, minuta ed educatissima”, vittima predestinata di qualcuno che è stato descritto artatamente come un bruto nemico straniero, colpevole di fatti di cronaca a caso (se avessimo atteso, probabilmente avremmo scoperto che il “cattivo uomo straniero” è stato causa degli ultimi due conflitti mondiali…) ed i commenti diventano un’orgia xenofoba acchiappalike.
E non è servito che Giornalettismo contattasse Ferrovie dello Stato e la Capotreno Vittima inventata per appurare la verità, come non è servito che la stampa nazionale appurasse ulteriomente i fatti.
La verità è che in realtà il nemico straniero di turno, come molti, aveva regolarmente il suo biglietto Frecciarossa.
La verità è che, chiunque abbia viaggiato davvero su un Frecciarossa anziché inventare in commenti vergognosi vergognose giustificazioni al suo altrettanto vergognoso razzismo, da tempo immemore sui treni Frecciarossa l’obbligo di esibizione del biglietto si considera assolto con la mera esibizione del codice di sei caratteri PNR, e quindi molti utenti preferiscono esibire il PDF del biglietto acquistato mediante canale Internet B2C oppure leggere al controllore il codice PNR riportato nell’email di conferma dell’acquisto.
La verità è che i verbali del controllore fanno prova fino a querela di falso, che il condivisore di questo assurdo brano non ha posto, e dimostrano una storia del tutto diversa.
Il controllore ha rilevato che il giovane aveva sbagliato carrozza, essendo in un posto diverso ma sempre afferente alla stessa classe.
La verità è che il giovane, lungi dall’essere il bruto e l’orco descritto per un briciolo di indinnazione, si è spostato immediatamente, dimostrando peraltro molta più educazione dell’Italiano medio che, quando per avventura lo scopri seduto al tuo posto ti chiede con nonchalance di spostarsi al suo per non fargli spostare i bagagli come se questo fosse ammissibile ed accettabile.
La verità è che Giornalettismo ha dimostrato il falso ieri, ma a voi, Popolo della Rete, non ve ne è importato niente e, vergnosamente, continuate a condividere il falso e sollecitarci indagini che dimostrino le vostre ragioni.
La verità è che, nel momento in cui questo post arriverà online, ci insulterete nei commenti con la bava alla bocca perché avete desiderato fino all’ultimo che noi ci rendessimo complici della vostra meschinità, prestandovi la nostra autorità per giustificare come, questa volta, non siete caduti in inganno, ma avete voluto cadere in inganno.
La verità è che a voi non importa della verità.
Questa ora è Internet: una landa desolata di cani idrofobi che, per riflesso di Pavlov, vedono un tizio “straniero” ed urlano odio nei commenti.
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