Circola luglio un video, registrato a Piancavallo (PN), legato al tema delle scie chimiche in cui si tenta di far sciogliere la neve con l’accendino, ma questa diventa scura come se fosse plastica.
AGGIORNAMENTO 20 agosto 2014: Il video è stato cancellato e riproposto:
Questa “teoria” circola dall’inizio dell’anno ed è nata in Stati Uniti. Come mai diventa scura? Perché odora di plastica? Colpa delle scie chimiche? Ne avevano già parlato Paolo Attivissimo e i colleghi di Butac.
Certo, con l’accendino la neve si annerisce, ma ciò è dovuto al gas dell’accendino stesso, non perché è neve chimica o addirittura di plastica. Nel video viene detta questa particolarità dell’accendino, ma poco dopo il video pone un dubbio:
…oltre a non far cadere nemmeno una goccia, perché ovviemente di acqua ce n’è poca, infatti passa dallo Stato solido a gassoso senza passare da quello liquido (sublimazione)
Innanzitutto bisogna spiegare come è fatta la neve. Sembra stupido da dire, ma non lo è. Essendo fatta d’acqua, la neve ha bisogno di un calore elevato per arrivare allo scioglimento, un semplice accendino non basta, infatti le poche gocce che si creano vengono immediatamente assorbite dalla restante neve gelandosi nuovamente. Ecco perché non c’era nemmeno una goccia. Ciò è possibile grazie alla porosità della neve, rifare lo stesso esperimento con un pezzo di ghiaccio non è la stessa cosa.
La teoria è dimostrata nel video qui sotto (in particolare dal minuto 4:27 dove c’è la dimostrazione di quanto avviene con la neve sottoposta al calore).
Lui è Phil Plait, astronomo americano. Con un suo articolo dal titolo “Atlanta Storm Was a Government Conspiracy? Snow Way!” sbufala in maniera scientifica le presunte “palle di neve fatte di plastica”.
Niente scie chimiche per quanto riguarda questo fenomeno.
Per quanto riguarda le analisi? Ecco una tabella degli elementi più diffusi, con le quantità mediamente presenti sulla crosta terrestre (espressa in grammi per tonnellata, o ppm):
L’alluminio è presente in tali quantità (insieme al silicio) che lo strato esterno della crosta terrestre viene chiamato SIAL in geologia. Analizzando il terreno, la polvere, l’acqua piovana o la neve (che cadendo raccolgono la polvere sospesa in aria) sarebbe strano non trovare questi elementi.
Il bario non avrà la stessa diffusione dell’alluminio, ma è comunque al 14° posto su 92 elementi chimici presenti naturalmente sul pianeta. Nel terreno, in media, se ne trovano 390 ppm, più del carbonio (180 ppm). Il bario è usato in parecchi processi industriali, quindi è facilmente diffuso attraverso l’inquinamento.
Per le analisi bisogna essere ben precisi. I prelievi “fai da te”, come quelli visti nel video, non sono proprio professionali. Bisogna tenere conto anche di altri fattori, in particolare quello del luogo dove vengono fatti. Un caso famoso è quello dell’analisi di sedimenti accumulati per anni in una fioriera di rame a Torino, città trafficata e industrializzata. Se si trovassero quantità superiori, come nel caso del video, non è il caso di allarmarsi, perché vengono sempre considerati i valori medi. Per l’amor della matematica, la media sappiamo che cos’è, quindi bisogna considerare anche i valori di riferimento della zona dove è stato fatto il prelievo (non professionale) perché potrebbero essere maggiori rispetto a quelli della media. Se i valori, invece, sono persino superiori ai valori di riferimento della zona, dare la colpa a degli aerei che volano a chilometri di quota sono l’ultima delle fonti da prendere in considerazione.
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