In uno sperduto tempio buddista della Federazione Russa giace il corpo perfettamente conservato del monaco Itigelov. Come accade con gran parte dei morti sembra che gli siano cresciuti i capelli (in realtà è un’illusione ottica dovuta all’avvizzimento della pelle dovuto al rilascio di liquidi), ma la temperatura del suo corpo sarebbe di 35,3 gradi.
“Itigelov infatti non è semplicemente morto, egli è un non-morto” – ovvero, un morto vivente – questo secondo chi considera le “misteriose” condizioni della salma. Il venerato Monaco nel lontano 1927 decise di chiudersi in meditazione, fino alla morte. Prima di congedarsi definitivamente dai suoi fratelli spirituali diede istruzioni su come dovesse essere sepolto – sostanzialmente tenendolo nella posizione in cui si trovava, ovvero in quella del loto – e di come dovesse essere riesumato dopo un certo periodo. Seguirono le sue volontà. Si narra di riesumazioni condotte in segreto e mai documentate, fino a quella ufficiale del 2002.
Si tratta di una antica tecnica di “auto-mummificazione” inventata dai monaci buddisti giapponesi, detta Sokushinbutsu, della scuola di Shingon, che la praticarono tra l’undicesimo ed il diciannovesimo secolo, quando venne vietata per legge; in sostanza si tratta di lasciarsi morire di stenti durante una meditazione ad oltranza. Ovviamente nessun fedele la ritiene una forma di suicidio, bensì come il non plus ultra del concetto di illuminazione.
Centinaia di monaci hanno provato a praticare il Sokushinbutsu, solo ventiquattro con “successo”. Per lo meno questo è il numero attualmente documentato. Secondo la tradizione fu lo stesso fondatore della scuola, Shingon Kukai, a portare questa pratica in Cina.
Il noto divulgatore scientifico americano Brian Dunning si occupò già nel 2008 su Skeptigblog del “miracoloso” caso del Lama Itigelov lamentando la totale assenza di pubblicazioni critiche a riguardo, nonostante sussistano evidenti indizi che non lasciano spazio ad alcun mistero. Tanto per cominciare è difficile che Itigelov non conoscesse il Sokushinbutsu, non solo per la sua preparazione spirituale, quanto per quella scientifica; era infatti laureato in medicina e redasse un’enciclopedia di farmacologia. Non a caso il patologo Vladislav L. Kozeltsev (responsabile della mummia di Lenin) presente durante la riesumazione notò nel suo corpo elevati livelli di sali di bromo.
«Il sale nella bara potrebbe aver rallentato il processo di degrado del corpo, ma non può da solo spiegare la conservazione del lama. Altri fattori, possono essere il suolo e le condizioni della bara».
Di tutto il resto non si ha uno straccio di dato, solo aneddotica. Ecco alcuni ganci della stampa nostrana online:
«Nel tempio di Ivoginsk, nell’estrema periferia russa, dove è conservato “il lama vivente”. I capelli crescono, il corpo ha la temperatura di 35,3 gradi e non è stato sottoposto ad alcuna procedura di imbalsamazione» – la Stampa.
«Si trova in Russia. Lo chiamano il “lama vivente”: i capelli continuano a crescere e la temperatura corporea è di 35,3. Nessuno lo ha mai imbalsamato» – il Giornale.
Veniamo ora alla simpatica foto associata al Monaco, che lo raffigura indossare quelli che sembrano essere degli occhiali da sole.
Differisce sensibilmente da quella che sappiamo essere di Itigelov. Infatti si tratta del Monaco Luang Pho Daeng, ed andrebbe specificato visto che stiamo parlando di persone, non di oggettistica kitsch.
Dal 2005 è possibile andare in visita al corpo di Itigelov, ormai considerato una reliquia del buddismo, chiuso in una teca, senza che venga tenuta sotto controllo la temperatura dell’ambiente in cui si trova. Peccato che sia praticamente vietato fare analisi al corpo, ragione per cui siamo molto curiosi di capire come ne sia stata misurata temperatura e consistenza, soprattutto da chi.
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