Ci vuole pochissimo ad Internet per imbastire una bufala: a volte tanta, tanta malizia e cattiveria, il bulimico bisogno di cacciare link e condivisioni ad ogni costo. A volte, semplicemente l’effetto Dunning-Kruger ci mette un pesantissimo zampino.
Come nella storia della Banana anticancro, cavallo di battaglia di un universo di bufale in eterno rinnovamento. Sedetevi, sarà un lungo viaggio
Dopo essere stata “strappata” dal suo casco, la banana comincia a produrre antiossidanti e proprietà anticancro. Di più: quando la buccia è “tigrata”, il frutto produce una sostanza chiamata TNF (Tumor NecrosisFactor) che possiede addirittura la capacità di combattere le cellule che presentano danni al DNA. Più nera è la pare, più “anticancro” è il frutto.
È incredibile come tutto quello che sia qui scritto sia sbagliato.
Skeptical Raptor ha analizzato nel dettaglio la faccenda: riporteremo qui, in un linguaggio il più accessibile possibile (ma, data la complessità del tema trattato, non vi aspettate banalizzazioni da Asilo Mariuccia come quelle offerte dai bufalari), i capisaldi della vicenda.
Vicenda che comincia da uno studio Giapponese del 2009.
Studio giapponese privo di Impact Factor: sostanzialmente, nel mondo scientifico il valore di un articolo è chiaramente misurabile dal numero di citazioni in un determinato periodo, prova che l’articolo è stato letto, esaminato, riscontrato ed apprezzato.
Questo articolo in particolare ha un Impact Factor inferiore ad 1,0, e non è presente su PubMed: sostanzialmente, ha il valore scientifico di una ricerca autoprodotta e stampata in proprio.
Ma anche se avesse avuto rilevanza in nessun punto dell’articolo viene menzionata la presenza del misterioso TNF nelle banane, né in altro frutto.
L’esperimento in se stesso, non riguarda neppure l’ingestione di banane: si tratta, sostanzialmente, di prendere delle fettine minuscole di banana ed infilarle direttamente nelle budella di alcune cavie, dove, sorprendentemente (sarcasmo) hanno poicausato una reazione infiammatoria che ha provocato la comparsa di macrofagi.
Provate a strofinarvi una banana su una ferita aperta fino a mandare succo, polpa e semini nel “buco” e vedrete anche voi una bella e dolorosa infiammazione.
Il senso dell’esperimento non era dimostrare che il “TNF”, una complessa catena proteica, esista nelle banane: del resto le banane non saprebbero che farsene, non avendo un sistema immunitario remotamente comparabile a quello di un essere umano, ed anche se lo facessero, un po’ come “Pat la Ragazza del Baseball” della sigla delle Mele Verdi che avrebbe potuto risollevare le sorti della squadra del vecchio Iwata se non fosse stato “Per l’ostacolo di quel regolamento / che non ammette donne in squadra per giocare” impatterebbero sull’ostacolo dell’apparato digerente umano che scinderebbe il TNF negli elementi da cui è composto.
Sarebbe come aver inventato un robottino fatto di LEGO che, se ingerito da un essere umano, sia in grado di trovare e distruggere il tumore, ma che non possa essere ingerito tutto intero ma solo un mattoncino per volta: il robottino diventerebbe clamorosamente inutile e le possibilità che casualmente lo stesso si ricomponga nelle budella per marciare verso il tumore a passo deciso sarebbero pari a quelle di ottenere il Brodo Primordiale e cominciare un’evoluzione alternativa della vita su questo pianeta versando il kit del Piccolo Chimico nella conserva della nonna.
L’assunto degli scienziati è diverso, e proveremo a seguirlo: sostanzialmente le banane, a seconda della loro maturità, producono serotonina e dopamina. Serotonina e dopamina a loro volta possono stimolare i neutrofili ed i macrofagi che, a poro volta, potrebbero produrre il TNF-a, il che significa che, secondo quanto dice lo studio, se si riuscisse a stimolare neutrofili e macrofagi con serotonina e dopamina, questi potrebbero produrre dei segnali chimici che potrebbero aiutare la risposta immunitaria.
Molti di voi ricorderanno Esplorando il Corpo Umano, la serie dove il sistema immunitario veniva raffigurato, a seconda della funzione, da omini bianchi vestiti da poliziotti, giovani uomini e donne vestiti da Astronauti che lanciano sonde dalle loro navicelle spaziali portatili e poliziotti all’interno di piccoli carri armati con la bocca che divorano i patogeni cattivi: potremmo quindi pensare che inviare in qualche modo serotonina e dopamina a neutrofili e macrofagi sia l’equivalente di regalare agli omini all’interno del nostro sistema immunitario un thermos di caffé a testa per tenerli ben desti mentre vanno a menare i cattivi: ma ingozzarsi di banane, per i motivi predetti, non servirà a trasmettere quella serotonina: per avere un effetto vagamente comparabile gli scienziati hanno dovuto inserire pezzi di banana nelle viscere dei roditori.
Per ottenere l’effetto descritto nella bufala dovremmo quindi infilarci pezzi di banane nelle viscere: mangiare banane servirà solamente a tenersi ben nutriti.
Oltretutto, siccome esistono oltre 2oo tipi di tumore, ammesso che si riesca in qualche modo ad estrapolare il TNF, ed ammesso che si possa fare in modo che esso sia prodotto in prossimità del tumore (sorpresa: ciò non può accadere), non ci sarebbe certezza della sua utilità.
Al contrario, la scienza medica ha dimostrato che
Un aumento locale della concentrazione di TNF causa i segni tipici dell’infiammazione: calore, gonfiore, rossore, dolore. Alte concentrazioni plasmatiche di TNF-alfa possono causare shock settico, con MOF: multi organ failure e morte. La prolungata esposizione a basse concentrazioni di TNF può portare a cachessia, una sindrome che porta alla deplezione del patrimonio proteico e lipidico dei tessuti (in particolare muscolare e adiposo). Questo tipo di risposta si riscontra nei pazienti affetti da tumore.
Ed il nostro organismo è perfettamente in grado di produrre le giuste dosi di TNF, regolandolo in modo in modo che possa essere coinvolto in casi clinici come l’artrite reumatoide, spondilite anchilosante, malattie infiammatorie croniche intestinali, psoriasi, idrosadenite suppurativa e asma.
Se quindi le banane contenessero davvero TNF, anziché, forse, aiutarne la produzione, mangiare banane potrebbe potenzialmente ammazzare il paziente ancora prima che il tumore riesca a finirlo.
Fortunatamente, non è così. È un po’ come le altre pseudocure basate sul “modifcare l’ambiente in cui vive il tumore”: se fosse possibile, distruggeremmo l’intero corpo umano e con esso il tumore, e non il tumore.
Sostanzialmente, chi ha letto lo studio per farne un meme non ha capito un atomo di come lo studio funzioni davvero.
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