Ci segnalano i nostri lettori un brano ormai datato nel tempo, che continua a riproporsi, relativo alla presenza di quattro “veleni bianchi”. L’articolo stesso echeggia nella scelta, del tutto arbitraria, del numero 4 i “Quattro Cavalieri dell’Apocallisse”, associando il “bianco”, il colore occidentalmente legato alla purezza, alla morte ed al disagio. Ironicamente, nelle culture orientali invece sia il quattro che il bianco sono presagi di sventura, e ciò, in un’ottica prettamente New Age può aver avuto il suo peso.
1. Il Sale
L’articolo, nella sua unica parte astrattamente condivisibile recita:
Un adulto medio, nella sua alimentazione, ha bisogno al massimo di 1 kg di sale all’anno mentre oggi purtroppo la media nei paese civilizzati è di circa 10 kg all’anno. Questo accade perché non solo viene usato in grandi quantità nei condimenti ma è anche sovrabbondante in diversi alimenti come snack, patatine, fritti, salumi e formaggi stagionati. Quando assumi più sale del dovuto il tuo corpo deve compensare trattenendo i liquidi per mantenere il sale in soluzione e questo comporta gonfiori sensazione di pesantezza e la famosa ritenzione idrica causa di tanti inestetismi. L’assunzione eccessiva di sale nella propria alimentazione comporta nel lungo periodo tantissime conseguenze negative
In realtà non esiste al mondo alcuna sostanza, anche tra quelle benefiche, il cui abuso possa provocare gravi danni. In realtà anche l’iperidratazione può provocare gravi e fatali danni all’organismo, ma non per questo nessuno consiglierebbe di bandire l’acqua dalla dieta.
In realtà dosi moderate di sale hanno numerosi effetti beneficiali, e contrari a quelli elencati nell’articolo, tra i quali una riduzione dei livelli di cortisolo (e quindi vantaggi per il metabolismo), effetti regolativi della termogenesi e dell’insulina.
Inoltre il sale iodato è da sempre stato la prima linea di difesa degli Italiani, non tutti residenti in zone prospicienti il mare, contro l’ipotiroidismo e la mancanza di iodio nella dieta, ed il modo più semplice per integrare la dieta in modo salutare.
Esistono strumenti per calcolare la quantità di sale più adatta ad ogni individuo, ad esempio ritenendo che
La dose salutistica massima (per un soggetto di media corporatura, 70 kg) si aggira sui 3 g di sodio al giorno, pari a 8 g di sale dacucina. In sostanza per avere la quantità di sodio da quella del sale usato basta dividere per 2,66. Sarebbe più facile riferirsi agli 8 g di sale da cucina al giorno, ma le tabelle alimentari si riferiscono sempre al sodio perché il sale è la fonte principale di sodio, ma non l’unica. I dati degli alimenti che ricorrono nell’articolo sono sempre riferiti al sodio e a 100 g di alimento.
Per quanto sembri più “semplice” abolire il sale nella sua totalità la scelta più semplice non è sempre la più esatta: l’individuo responsabile tutelerà la propria salute assicurandosi di assumere la dose più adatta di sale iodato, senza “sforare”.
2. Lo zucchero raffinato
Il noto Divulgatore Scientifico Dario Bressanini si è già pronunciato più volte sull’argomento, deducendo che:
Come già vi dicevo parlando del glutammato, esiste una ben precisa categoria letteraria che cerca di guadagnare lettori, e soldi, parlando di complotti e scagliandosi contro qualche sostanza o alimento, che di volta in volta può essere il glutammato, l’aspartame, lo zucchero, il latte (per alcuni solo se è pastorizzato, per altri invece sempre e comunque)
Se volessi spaventare qualcuno potrei invertire il gioco, e dire che è lo zucchero integrale ad essere pieno di sostanze tossiche e velenose, che fortunatamente vengono eliminate nella raffinazione. Potrei portare ad esempio le api, che muoiono quando ingeriscono dello zucchero che contiene ancora della melassa, con tutte le sue impurezze ( http://www.beesource.com/pov/usda/abjfeb1977.htm ) o dire, ad esempio, che la melassa contiene cromo, e tutti voi sapete come il cromo sia un metallo molto velenoso, che ha causato più di una contaminazione di terreni. Insomma, spaventare e appigliarsi al lato emotivo delle persone è molto facile (e potete continuare tranquillamente a consumare zucchero integrale se si piace).
Sono insomma affermazioni che per il Bressanini
Si accettano come verità rivelate, si innescano catene di Sant’Antonio, si spediscono Email ad amici e conoscenti. Migliaia di siti web abbiano replicato queste assurdità. Basta davvero un po’ di “complottismo” per riuscire a far credere qualsiasi cosa?
Anche Roberto Albanesi ha affrontato il tema:
1) Troppo zucchero fa male
E che c’entra? La sonnolenza che ci deriva da un’abbondante assunzione di zucchero è la stessa che si avrebbe per un’abbondante assunzione di miele o di zucchero di canna. Ragionando in senso inverso, poiché un grave stato di ipoglicemia (che può portare anche alla morte) viene risolto (cioè il paziente è salvato) somministrando zucchero, si dovrebbe concludere che lo zucchero fa benissimo!
Il grave errore logico è che si scambia “il troppo” con la normalità. Anche troppo cibo fa male e allora aboliamo il cibo e moriamo di fame! Passiamo a una critica più intelligente.
2) Lo zucchero produce acidi grassi
E allora? Gli acidi grassi ci sono in tutti i cibi grassi. Se facessero male, ancora una volta dovremmo morire di fame.
3) Lo zucchero impoverisce il corpo di minerali e di vitamine
Per essere gestita dal nostro corpo ogni sostanza assimilata ha bisogno di altre sostanze. Sarebbe come dire: non usiamo la macchina perché consuma benzina. Per esempio per produrre energia servono carboidrati, vitamine del gruppo B ecc. Che si usi zucchero raffinato o meno, non conta: i carboidrati vengono bruciati per avere energia. E vengono impiegate altre sostanze. Quindi che si fa? Per non consumarli non ci muoviamo più? La cosa buffa è che le persone completamente ignoranti in materia di alimentazione (ma che vogliono comunque dire la loro) sentono la parola “usano” e credono che le vitamine vadano perse. Le vitamine funzionano da catalizzatori, sono cioè sostanze che sono necessarie al processo, ma solo con la loro presenza: alla fine del processo si ritrovano tali e quali.
4) Lo zucchero è un prodotto povero
E allora? Premesso che lo zucchero di canna e il miele non brillano certo per essere alimenti particolarmente nutraceutici, un alimento deve assolvere alcune funzioni, non si può demonizzarlo se non le assolve tutte. Dallo zucchero noi ricaviamo energia, le vitamine vengono per esempio assunte dalla frutta. Quindi, demonizzare lo zucchero perché è un prodotto povero significa demonizzare tutti i cibi monofunzionali.
5) Lo zucchero ha un alto indice glicemico
Lo zucchero ha praticamente lo stesso indice glicemico che sia raffinato o meno e il miele ha un indice glicemico addirittura superiore. Al più si deve confrontare con il fruttosio. In ogni caso si deve valutare il carico glicemico, dipendente dalla quantità di zucchero assunto: meglio 10 g di zucchero che 40 g di fruttosio!
Anche per la parte relativa allo zucchero, questo articolo appare frutto di cherry picking: si prendono cioè i soli elementi che possano remotamente provare un assunto (o suscitare click e condivisioni) e li si mettono in evidenza omettendo tutti gli altri.
Ad esempio, l’invito ad assumere frutta per i carboidrati, apparentemente evocante l’immagine salutare e salubre della frutta di stagione, si scontra con l’indice glicemico del fruttosio, il cui eccesso non è certo meno nocivo di altri eccessi alimentari.
Mangiare frutta e verdura, senza indicazioni sulla quantità di consumo e qualità, aiuta soltanto a incrementare l’obesità.
Una dieta basata principalmente su questo prodotto è la causa principale di malnutrizione, costipazione, stanchezza e numerose malattie croniche.
Una dieta varia è alla base di una corretta nutrizione, al contrario, qualsiasi dieta incentrata sul consumo di pochi prodotti può portare all’insorgenza di patologie. Un esempio lampante che può essere fatto è quello della diffusione della pellagra tra i contadini della zona di Treviso e Padova nel tardo ‘800, a seguito di una dieta (obbligatoria per motivi economici e di scarsa disponibilità di materie prime) basata quasi esclusivamente sul consumo di mais e di suoi derivati.
Una dieta incentrata sul consumo esclusivo di derivati della farina, se non accompagnata dal consumo di altri prodotti contenenti diverse tipologie di nutrienti (tra i quali proteine e carboidrati), può portare all’insorgenza di patologie, ma di certo non bisogna collegare in maniera erronea causa ed effetto. Rifacendosi all’esempio sopraccitato, è come se si affermasse che il consumo di polenta porta alla comparsa della pellagra.
La farina di frumento essendo ricca di amido, un carboidrato a lunga catena, ha notevoli effetti positivi sulla nostra dieta, tra i quali la regolazione del senso di sazietà.
Se ci pensi bene si tratta di un prodotto abbastanza recente, il pane comune infatti fino a poco tempo fa esisteva esclusivamente in forma integrale.
Solo negli ultimi 50 – 60 anni è stato introdotto il pane bianco, simbolo di un progresso economico e tecnologico che non ha tenuto conto della salute degli esseri umani.
Nel corso degli anni sono cambiate le tecnologie di lavorazione dei prodotti alimentari e la cognizione che il consumatore ha del cibo. Passare dal consumo di pane integrale al consumo di pane realizzato con farina di tipo 0, se abbinato ad una dieta varia che comprenda tra le altre l’apporto adeguato di proteine e grassi essenziali, e anche di fibra, non comporta nessun rischio per la nostra salute. Questo poiché il pane deve essere realizzato con materie prime non contenenti prodotti chimici (rimanenze di fertilizzanti o pesticidi) e secondo le corrette prassi igieniche per la panificazione.
Negli anni ’50 inoltre il frumento è stato vittima di profonde trasformazioni genetiche da parte dei più grandi agronomi italiani. La ricerca genetica di un frumento che garantisse grosse produzioni e resistentissimo agli eventi esterni ha creato un grano troppo impoverito, quasi completamente privo di sostanze nutritive.
I primi esperimenti che hanno portato alla nascita degli OGM sono stati fatti a cavallo degli anni ’70. Prima di allora il miglioramento genetico del grano si poteva fare soltanto incrociando tra di loro diverse varietà di grano aventi caratteristiche diverse. E’ da più 20 anni che vengono prodotti cereali con caratteristiche valide sia in campo (alta resa in quantitativo di farina, buona resistenza agli stress ambientali) che a livello industriale (buona risposta alla lievitazione e alla lavorazione) che a livello nutritivo (maggior quantitativo di proteine).
Addirittura sono nate delle farine arricchite proprio per soccombere alla mancanza di questi nutrienti. Quindi le grosse industrie di raffinazione del grano aggiungono 4-5 vitamine e minerali inorganici pensando di compensare le 15-20 o più sostanze che si trovano nella crusca e nel germe. (senza considerare le fibre…)
Quella di addizionare nutrienti a prodotti alimentari che normalmente non li contengono, al fine di renderli “alimenti funzionali” o “nutraceutici” è un’attività diffusa a livello globale da decenni. Partendo sempre dal presupposto che una dieta varia è alla base di una corretta alimentazione, poiché porta all’assunzione di un pool completo di sostanze nutritive, la pratica di aggiungere vitamine, proteine o acidi grassi essenziali viene adottata in molti alimenti per compensare diete che escludono determinati nutrienti. E così è possibile trovare sul mercato biscotti arricchiti con probiotici, latte addizionato di acidi grassi omega 3, bevande con aggiunta di steroli vegetali…
La nascita di prodotti arricchiti, o che hanno subito modifiche tecnologiche (processi regolamentati da normative comunitarie), è spesso legata a disfunzioni alimentari per cui è sempre più facile trovare sugli scaffali del supermercato prodotti come il latte delattosato, prodotti senza glutine oppure di farine diastasate, destinate ai neonati con problemi di digestione dell’amido.
L’aggiunta di vitamine nelle farine raffinate non è strettamente legata ad una compensazione necessaria per sopperire all’eliminazione della crusca.
“E’ vero che la crusca e il germe (che costituiscono poco meno del 20% del peso della cariosside) contengono sostanze nutritive come sali minerali, vitamine e lipidi, ma il loro allontanamento è necessario per l’ottenimento di farine come quella di tipo 0 e di tipo 00, adatte per la realizzazione di prodotti della pasticceria e prodotti da forno, che troverebbero scarsa richiesta da parte del consumatore se realizzati con farine integrali.“
Si ribadisce nuovamente che una dieta varia permette l’assunzione di tutti i nutrienti necessari al nostro organismo, sia i macro nutrienti (proteine, lipidi, carboidrati) che i micro nutrienti (sali minerali, vitamine), per cui se un nutriente non è presente nel pane, sarà presente in un altro prodotto che permetterà di compensare la mancanza dovuta dall’eliminazione della crusca.
Gli “amidi modificati”, come da Direttiva 95/2/CE17, sono “sostanze ottenute mediante uno o più trattamenti chimici di amidi alimentari, che possono aver subito un trattamento fisico e essere acidi o alcalini, diluiti o bianchiti”. La farina ottenuta dalla macinazione e setacciatura delle cariossidi di frumento non subisce trattamenti chimici, quindi l’amido presente al suo interno non può essere definito “modificato”.
E non è ancora finita… Gli zuccheri semplici e i carboidrati raffinati (farina bianca, pasta, lavorati, cibi devitalizzati, etc..) richiedono poco metabolismo ed entrano nel flusso sanguigno rapidamente.
Il pancreas, l’organo che regola la quantità di insulina che viene rilasciata nel sangue, è indaffarato dall’ improvviso aumento di zuccheri. Il risultato di tutto questo è una forte diminuzione della glicemia (solitamente entro un’ora), e una conseguente sensazione di letargia, confusione mentale, debolezza e senso falso di “fame!”.
I carboidrati sono, insieme ai grassi e alle proteine, uno dei tre macro-nutrienti che compongono la nostra dieta. Una delle divisioni che viene comunemente fatta all’interno della famiglia dei carboidrati è quella tra zuccheri semplici e zuccheri complessi, i primi costituiti da uno o due saccaridi legati tra di loro, come ad esempio il comune zucchero da cucina, i secondi da catene lunghe anche fino a decine di migliaia di saccaridi, come nel caso dell’amido, un polisaccaride abbondantemente presente nella farina. Gli zuccheri a lunga catena impiegano diverso tempo per essere metabolizzati e messi in circolo nel flusso ematico, al contrario degli zuccheri semplici.
Sul totale di carboidrati (71,97g/100g di prodotto) presenti nella farina di frumento di tipo 00, la più raffinata, gli zuccheri semplici occupano una percentuale ridotta (0,41g/100g di prodotto), e buona parte di questi zuccheri semplici vengono digeriti da microorganismi come il Saccharomyces cerevisiae (lievito di birra) se il prodotto subisce un processo di lievitazione.
Se il pane, sia quello bianco che quello integrale, ha un alto indice glicemico (il quantitativo di zuccheri nel sangue che comporta, in risposta, la produzione di insulina) è per il suo contenuto complessivo di carboidrati che risulta elevato, non esclusivamente per la presenza di un piccolo quantitativo di zuccheri semplici. Il pane, bianco o integrale, ha un alto indice glicemico ed è considerato alla stregua di prodotti come patate e riso bianco, tutti prodotti ricchi di carboidrati.
Troverete al link indicato della ricca, tecnica, ma nutrita bibliografia che i più versati di voi in chimica ed alimentazione potranno leggere per loro diletto e per cultura personale.
Potremo però passare ad un riassunto per chi preferisse avere un compendio rapido da esibire in caso di discussioni basate sul tema:
Dulcis in fondo, arriviamo al
1. Il Latte
Mentre, in fondo, nelle altre parti dell’articolo era possibile invenire nella bufala piccole schegge di verità, il brano relativo al latte si presenta come una somma di ogni bufala già letta sull’argomento, recitando
Noi siamo l’unica specie al mondo che si nutre del latte di un’altra specie e per di più dopo lo svezzamento. Intorno ai due anni circa, si ha una progressiva riduzione dell’attività del “lattasi”, che è l’enzima adibito all’assimilazione del latte, fino ad arrivare all’età adulta in cui la sua azione è praticamente inesistente (riduzione di circa il 90-95%). Questo ovviamente porta ad una intolleranza più o meno grave che può sfociare con diversi effetti collaterali quali gonfiori, irritazione del tratto intestinale, coliche, allergie, ecc. In più c’è da aggiungere che, anche se fosse l’alimento più salutare della terra, il latte viene continuamente contaminato da antibiotici, ormoni della crescita, erbicidi, pesticidi e nonostante la sua sterilizzazione è ampiamente dimostrato che i germi continuano a sopravvivere.
Anche qui possiamo ricorrere alle parole di Albanesi:
Attaccare il latte e i formaggi è un esercizio con cui persone che si reputano razionali cercano di prendersi gioco di persone che considerano meno intelligenti. Una specie di giochino logico in cui alcuni trovano il loro effimero momento di gloria. Vediamo le tante armi che usano.
1) L’uomo non digerisce il latte
Ci si basa sul patetico errore razionale “l’uomo è l’unico mammifero che beve latte anche in età adulta e per giunta di un’altra specie”. Infatti la frase a effetto non significa nulla perché di fatto potrebbe essere negativa o positiva (magari l’uomo è l’unico mammifero che ha allungato la sua vita proprio perché si comporta diversamente, del resto l’uomo è l’unico mammifero che usa il dentifricio. Che facciamo? Non ci laviamo più i denti?).
I detrattori del latte insistono sul fatto che da adulti diminuiscono gli enzimi preposti alla digestione del latte, lattasi e rennina. Come mostrano molte ricerche, ciò accade però proprio perché si è sospesa l’assunzione del latte e perché la dieta è povera di calcio (la lattasi e la rennina non servono più, il corpo smette di produrle, salvo poi andare in crisi quando si riassume latte). Moderati apporti di lattosio in persone con carenza di produzione di lattasi non creano disturbi gastrointestinali, ma funzionano spesso come “rieducatori” per il corpo stimolandolo ad aumentare di nuovo la produzione dell’enzima.
2) Le mucche sono imbottite di ormoni e di farmaci
Questa considerazione è veramente semplicistica. Non si possono fare affermazioni scientifiche senza fornire dei numeri (disinformazione di tipo a). Chi ragiona solo per argomenti qualitativi rischia di diventare unirrazionale.
Nel tonno c’è il mercurio, nei polli la diossina (oltre ai farmaci ecc.), nelle verdure gli anticrittogamici, nell’acqua i nitrati ecc. Alla fine, per coerenza, si dovrebbe eliminare tutto finendo per morire di fame.
Chi impara a gestire i numeri sa che esistono leggi che fissano soglie di sicurezza e controlli che le verificano. Le frodi alimentari (andare contro queste leggi) esistono per ogni alimento. Quindi, se si prendono le frodi per normalità, di nuovo si muore di fame.
Prima di fare i ragionamenti di cui in 1) si dovrebbe per lo meno conoscere il concetto di NOEL.
Tra parentesi, latte e formaggi sono categorie alimentari sicure. Contrariamente a quanto divulgato da alcuni, sono pochissimi i formaggi (anche di scarsa qualità) con conservanti e/o coloranti.
3) Latte e formaggi contengono grassi saturi
Anche i bisotti, il cioccolato e moltissimi altri alimenti. La demonizzazione dei grassi saturi (spesso erroneamente detti grassi di origine animale) è priva di ogni spessore scientifico. Non sono i grassi saturi che fanno male, ma il loro abuso. Il cibo è fondamentale alla vita, ma il suo abuso produce sovrappeso e obesità. Stesso ragionamento va applicato ai grassi saturi, fondamentale fonte di energia.
4) Troppo calcio fa male
Alcuni sostengono che l’eccesso di calcio contenuto nei latticini non serve per proteggere dall’osteoporosi, ma va ad accumularsi sulle pareti dei vasi con gravi danni per la salute. Qui l’errore consiste proprio nell’incapacità di ragionare per assurdo. Se i danni vascolari causati dal calcio contenuto nei latticini fossero veri, ci sarebbe una gran quantità di infarti e di ictus nella popolazione dei trentenni perché chi consuma molti formaggi e beve molto latte avrebbe a 30-40 anni i vasi ridotti come quelli di chi è arrivato a 60-70 anni non consumando latticini. Tale differenza nel numero di ictus e di infarti non si verifica. Quindi la frase di partenza è una stupidaggine.
5) Le proteine acide del latte sottraggono calcio
Il latte contiene calcio, ma possiede anche proteine animali acide che proprio per essere smaltite hanno bisogno di consumare calcio, consumandone un quantitativo superiore a quello che dà, in età adulta.
Provate a chiedere a chi vi vende questa informazione (spesso presente su siti; si legga a proposito l’articolo sull’informazione in Rete) cos’è una proteina animale acida, qual è la sua formula chimica ecc. e vedrete che cadrà dalle nuvole, a riprova del fatto che parla per sentito dire.
Per smontare questa teoria basta usare il Ma se… Se fosse vera, i vegani sarebbero messi meglio nei riguardi dell’osteoporosi, ma nessuna ricerca dimostra che i vegani sono più immuni dall’osteoporosi dei non vegani.
Inoltre non si dà nessun dato quantitativo, non si mettono cioè numeri che nella valutazione di un processo sono fondamentali.
Infine proviamo ad applicare lo stesso ragionamento all’acqua.
1) L’acqua è fondamentale per la vita.
2) I cibi hanno bisogno di acqua per essere assorbiti e digeriti, quindi sottraggono acqua all’organismo.
3) Poiché le due affermazioni precedenti sono vere non dobbiamo nutrirci con i cibi, non dobbiamo mangiare nulla.
6) Il latte pastorizzato è pericoloso
Mio padre era veterinario e una delle prime cose che mi ha insegnato è stata quella di bollire il latte per evitare malattie come brucellosi, tubercolosi ecc. Ora, il fatto che queste malattie, grazie alla scienza e al progresso, siano marginali, consente a certi signori di sparare idee assurde. Probabilmente senza il progresso del XX sec. questi signori, vivendo come loro consigliano di vivere, sarebbero già morti (ricordo che la vita media nel 1900 era di soli 43 anni). Tornando praticamente indietro di un secolo quando, senzapastorizzazione (che serve per eliminare i germi patogeni), gli uomini prendevano dal latte crudo gravi malattie come le due citate in precedenza. Tutti dovrebbero sapere che nel XIX secolo, in Gran Bretagna, la pastorizzazione del latte permise di dimezzare in un solo anno la mortalità di giovani sotto ai 12 anni.
Quanto al fatto che il latte pastorizzato perda gran parte del suo potere alimentare è una sciocchezza che per coerenza dovrebbe portare a eliminare ogni forma di cottura dalla nostra alimentazione. La cottura, spesso indispensabile per l’igiene, toglie una parte del valore nutritivo degli alimenti, ma quello che conta è che la parte rimanente è più che sufficiente a una vita sana. Sarebbe come dire che un’acqua veramente oligominerale (cioè molto leggera, priva di sali), in quanto pura, è pericolosissima. Il riscaldamento termico di un cibo è un compromesso: si perde qualcosa (sostanze) in cambio di altro (soprattutto igiene). I polli, credendosi aquile, si buttano solo su un concetto, dimenticando gli altri e lo sbandierano ai quattro venti, candidandosi al premio Nobel.
7) Le ricerche contro il latte
Premesso che nessuna ricerca è scienza, molti antilatte sparano ricerche del tipo: la ricerca X ha dimostrato che chi consuma latte è più sensibile al problema Y.
Tali ricerche sono le peggiori in campo scientifico e hanno valenza nulla dal punto di vista causale. È banale trovarne e confezionarne ad arte. Volete una prova? Confezioniamo una ricerca che dimostra come fumare faccia bene. Prendo due campioni di maschi cinquantenni: un campione di 100 italiani che fumano e uno di abitanti dell’Afghanistan che non fumano. Poiché la speranza di vita dell’Afghanistan è di 44 anni, molto probabilmente, se seguo per dieci anni i due campioni, troverò molti più sopravvissuti nel campione dei fumatori che in quello dei non fumatori. Logiche le vostre proteste, perché ho scelto degli afghani? Ma chi vi dice che i campioni delle ricerche che vi propinano siano “buoni”? Affinché lo siano veramente dovrebbero differire solo per una e una sola caratteristica, cosa che nessuno può certificare. Quindi imparate la differenza fra correlazione e causa (ved. Migliora la tua intelligenza): la correlazione è un punto di partenza per capirci qualcosa, considerarla un punto d’arrivo è molto superficiale e può portare a gravi errori.
Nel caso del latte supponiamo che vi dicano che “la percentuale d’insorgenza di osteoporosi nelle popolazioni segue un andamento proporzionale al consumo di latte e caseario” e ve lo documentino con dati inoppugnabili. Dov’è il trucco? Che stanno cercando di farvi credere che una correlazione sia una causa! Infatti, osteoporosi e consumo di latte sono la conseguenza di una stessa e vera causa: il fatto che si viva meglio. Il maggior tenore di vita aumenta la vita media e quindi il numero di persone che soffrono di osteoporosi, ma la maggior ricchezza aumenta anche il consumo di alimenti pregiati come latte, carne, formaggi ecc. Usando lo stesso ragionamento si può dimostrare che all’aumentare del numero dei cellulari pro capite (Paese più ricco) aumenta l’osteoporosi (vita più lunga nel Paese più ricco) e sostenere che l’uso dei cellulari provoca l’osteoporosi.
Basti solo la prima parte del testo indicato a “sbufalare” l’assunto, un melange di affermazioni senza dati e richiami ad una “naturalità” che di fatto ha cessato di esistere nel momento in cui il primo uomo ha deciso di cucirsi un abito col vello di un altro animale.
Se dovessimo abbandonare il latte perché gli altri animali non bevono latte di altre specie, non dovremmo forse spogliarci delle nostre vesti, cessare di usare i nostri computer e rinunciare ad ogni comodità della vita moderna che gli animali non detengono?
Se dovessimo ritenere che il latte è “contaminato dai pesticidi delle erbe mangiate dalle mucche”, non dovremmo ritenere che ogni singolo alimento che potremmo mai mangiare potrebbe essere contaminato, quindi condannandoci all’inedia?
Pertanto questo elenco si presenta come un elenco di vecchie bufale incartate in una nuova forma: forma che non le rende meno verosimili.
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