Nonostante la reputazione del “giornale satirico” fosse tale da ritenere già di suo la notizia una probabile bufala, abbiamo comunque deciso di uscire con un articolo in cui esprimevamo dubbi preliminari, e consultarci coi nostri esperti.
Preliminarmente però dobbiamo rilevare quanto affermato dai portavoce della società a Business Insider
The spokesperson told Business Insider the outage was caused by WhatsApp itself, rather than by an “external source.” Asked if the outage affected all of WhatsApp’s users, the spokesperson reiterated that it was a “global” outage, but said it was not possible to say whether every user was affected.
Il portavoce ha detto a Business Insider che il blocco è stato causato da WhatsApp stesso, e non da “problemi esterni”. Alla domanda se il blocco ha colpito tutti gli utenti, il portavoce ha reiterato che essendo un blocco “globale” non era possibile valutare se ogni singolo utente fosse colpito
Quindi, l’attacco degli hackers è escluso.
Siamo di fronte all’ennesimo caso, successo anche a noi ed a molti siti ad alto traffico (perlopiù quelli dedicati a messaggi e gaming online), di un sito estremamente popolare che cede sotto il peso della sua stessa fama, assediato dai molteplici utenti che ogni giorno lo usano e che, in caso di problemi, continuano a riaccedere ansiosi di riottenere il loro accesso impedendo le necessarie operazioni di ripristino.
Ma ammettiamo che vogliate essere scettici, che preferiate vivere nella teoria del complotto secondo cui tutti mentono tranne i “siti di controinformazione”.
In base alla chiacchierata coi nostri esperti abbiamo potuto appurare una serie di informazioni.
In primo luogo, ipotizzando che questi hacker esistano davvero, e che siano intenzionati a creare un secondo Wikileaks per gli utenti privati (ispirazione evidente in questa bufala), dato il numero di utenti di WhatsApp ed i dati scambiati ogni giorno, a questi hacker immaginari non sarebbe bastata la banda usata per tenere in piedi tutto Facebook per scaricare tutti i dati di ogni singolo utente in meno di un pomeriggio scarso.
Nondimeno, ammettendo che questi hacker dispongano di connessioni la cui velocità è superiore a quella dei più sfenati sogni della sci-fi, non avrebbero lo spazio necessario per stivare i dati ottenuti e renderli scaricabili.
Come potrebbero del resto? Procurandosi un hosting da trilioni di GB e invitando i curiosi a scaricare un file compresso contenente, solo per i dati fino all’anno scorso, 42 miliardi di messaggi scambiati ogni giorno, 1,6 miliardi di foto al giorno, 250 milioni di video al giorno?
Praticamente nessun computer esistente sul pianeta basterebbe ai curiosi a scaricare questo file enorme, e né i nostri hacker avrebbero tempo, risorse e personale per dividere quel file grosso potenzialmente quanto la stessa Internet in un miliardo di file “più piccoli” indicizzato per nome di un miliardo di utenti e passa.
Ed anche se questo fosse possibile, comunque non potremmo vedere questi files prima del tempo necessario perché questo universo diventi polvere ed un nuovo universo venga ricreato al suo posto, valutato con complessi calcoli su cui rimandiamo al link indicato su quanti supercomputer e per quanto tempo debbano lavorare per forzare una crittografia come quella usata su WhatsApp.
Infatti il caso citato dall’articolo, quello di Yahoo, era un molto meno impegnativo furto di password e username: senz’altro una quantità di dati minore e più utile, che consente l’accesso ad eventuali account di “sprovveduti” che non cambiano periodicamente le loro password bypassando gli astronomici requisiti per “crackare” una crittografia evoluta come la AES256.
Generalmente gli attacchi hacker infatti si basano proprio su questo: ottenere nomi utenti e password, oppure il più prosaico “DDoS”, “Denial of Service”, una tipologia di attacco in cui molti computer, di cui diversi infettati da virus ad hoc accedono contemporaneamente allo stesso sito in modo da bloccarlo e rallentarlo, causando problemi ai suoi utenti abituali.
Infine, gli indici forniti da Giornale Italiano per “capire se siete vittima di un attacco hacker” ammontano ad… una triste barzelletta che non fa ridere.
I due sintomi principali della presenza dell’ hacker nel tuo profilo whatsapp sono sicuramente:
– il consumo della batteria: lo smartphone si scarica più facilmente
– i disturbi alla linea: impossibilità di ricevere ed inviare messaggi, foto e audio.
Ci domandiamo perché mai se l’hacker sta cercando di collegarsi ad un server, ovvero ad un PC fisicamente localizzato presso WhatsApp, dovrebbe riscaldarsi la batteria del vostro cellulare.
Sarebbe come se, per “osmosi”, in caso di attacco hacker su bufale.net i vostri cellulari esplodessero nel momento in cui leggete le nostre notizie.
I disturbi alla linea sono poi una irrilevanza: ovviamente se un sito non funziona non potrete accedervi. Ciò non comporta che vi siano hacker al lavoro.
Per tutte queste ragioni vi assicuriamo che la notizia fornitavi è una bufala. I vostri dati personali sono lì dove devono essere, e non sarete oggetto di un nuovo Wikileaks.
È sempre comunque consigliabile munirsi di ogni precauzione del caso: evitare di lasciare in giro, anche sui vari servizi cloud, foto o files che vorreste tenere personali, non lasciare i vostri cellulari incustoditi, aggiornare periodicamente le applicazioni di messaggeria che usate e consultare riviste specialistiche per le informazioni del caso.
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