A volte ci stupiamo di quanto miope e smemorato possa essere l’indinniato medio.
Tra due giorni festeggiamo due mesi dalla diffusione della bufala dell'”Hacker Brambilla”, un perverso canovaccio scritto in un Italiano stentato in cui venivano fornite istruzioni per “cliccare e condividere” da smartphone un appello diffamatorio nei confronti di tale F. Brambilla, portatore di uno dei cognomi più diffusi nel Nord Italia e che, effettivamente, in quel peiodo aveva una pro-pic con un cagnolino.
Appello che, in base alle nostre fonti, portò qualcuno di questi Brambilla insultati e diffamati pubblicamente a sporgere querela.
Ma nessuno ha mai detto che gli indinniati sono persone furbe: semplicemente, sotto la minaccia di ricevere per mano del Brambilla una busta verde, hanno deciso di cambiare nome alla vittima delle loro ilari facezie. Ora si tratta di tale “Bonomi”, altro cognome assai diffuso
Dì a tutti i contatti della tua lista di Messenger di non accettare la richiesta di amicizia di F********** Bonomi Lui ha una foto con un cane. È un hacker e ha collegato il sistema al tuo account di Facebook. Se uno dei tuoi contatti lo accetta, verrai attaccato anche tu, quindi assicurati che tutti i tuoi amici lo conoscano. Inoltralo come ricevuto.
Tieni premuto il dito sul messaggio. In basso al centro si presenterà l’icona di “inoltra”. Clicca sopra e si presenterà la lista dei tuoi contatti. Clicca sul nome, invia. Grazie.
Anche in questo caso abbiamo preferito censurare il nome.
E rileviamo come il testo sia lo stesso dell’altra volta, compreso il riferimento alla foto profilo che uno dei Brambilla rispondente al nome indicato nel primo appello aveva al momento della diffusione.
Nuovamente vi ricordiamo che non esistono hacker in grado di “collegare il loro profilo a Facebook”. Esistono solo persone che pensano di essere divertenti, anzi furbe, e che colgono l’occasione di fare un dispetto ad una persona per motivi imprecisati a loro sgradita.
Rispetto che può costare ben caro a più persone. Abbiamo già visto casi di persone rovinate da una bufala buttata lì a caso, con gente arrivata ad inseguirli nella vita reale per provocare loro danni, distruggere e rovinare quanto avevano di più caro per una maldicenza.
Ma anche al diffusore delle bufale ed ai condivisori: solo per il fatto di essere stata effettuata su Facebook una diffamazione di tal fatta, acquisisce tutte le aggravanti del mezzo, essendo in tal caso l’azione parificata in toto alla diffamazione a mezzo stampa, con le gravi conseguenze del caso.
Ed il capo di imputazione, qualora l’”accusa” sia idonea a configurare l’inizio di un procedimento in carico del diffamato (quindi in caso di reati procedibili di ufficio), sale come niente alla più rilevante calunnia.
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