E, nuovamente, lo fa reinterpretando liberamente i fatti.
ORA È VIETATO BENEDIRE LA CLASSE IL TAR CANCELLA LA PASQUA A SCUOLA.ACCOLTO IL RICORSO DI ALCUNI DOCENTI E GENITORI DI UN ISTITUTO BOLOGNESE
Natale non c’è più, quasi abolito il nome di un tanto ossequioso quanto equivoco rispetto dei nostri (spesso intolleranti) ospiti islamici. Adesso stessa sorte rischia la Pasqua. Quest’anno cadrà il 16 aprile, il 1 marzo è iniziata la Quaresima. Una penitenza a cui i nostri solerti magistrati hanno deciso di aggiungere ulteriore sofferenza. La fede della stragrande maggioranza degli italiani calpestata in nome del politically «uncorrect», seguendo evidentemente un ragionamento persino troppo logico nel suo surrealismo. Qualcosa che potrebbe suonare così: se Gesù – per i credenti di altre fedi- non è mai nato, come può essere morto e addirittura risorto. Quindi perché offendere i non cristiani. Religione abolita a norma di legge.Dopo la culla, il bue e l’asinello, ecco dunque finire al macello anche la colomba.
Addio anche al ramoscello d’ulivo.La solenne (forse anche un po’ sacrilega) risoluzione arriva dal Tar- per chi non lo sapesse trattasi del Tribunale regionale- della Emilia-Romagna che ha deciso di accogliere il ricorso presentato da alcuni insegnanti e genitori di alunni di una scuola bolognese. I giudici si sono pronunciati nel merito e hanno annullato la delibera con cui un consiglio d’istituto di Bologna aveva autorizzato le benedizioni in classe. «Ancora una volta una decisione incomprensibile che va contro il buon senso e, soprattutto, contro i nostri valori, la cultura che ci caratterizza, la nostra identità.
Perché la benedizione pasquale, esattamente come il festeggiamento del Natale, richiama valori positivi quali la rinascita, la speranza, l’amore», ha reagito apprendendo la notizia, la deputata di Forza Italia Annagrazia Calabria. Perché sorprendersi, visti i recenti trascorsi. Presepi spariti da negozi e grandi magazzini di mezz’Italia, Re magi banditi per non disturbare profughi e immigrati vari. In tempi in cui l’arcivescovo di Milano, Angelo Scola, propone di istituire una nuova festa tutta per gli islamici.
E come dimenticarsi poi delle sacrileghe statue romane fatte «sparire» dai Musei capitolini per non turbare lo sguardo del presidente iraniano Rohani? Annagrazia Calabria, più di di altri, dovrebbe saperlo. In questi tempi ribaltati, a cominciare dalle baruffe furibonde sulle adozioni gay, chi come lei si indigna, appare anacronistico. A dettare usi, fedi e convinzioni – oltreché la morale – oggi più che il legislatore, nel nostro malridotto Paese, sono le toghe. Bisognerà farsene una ragione. ai nostri bambini si sta togliendo anche l’ultima gioiosa festa. La Pasqua dove al posto della benedizione arriva adesso la maledizione.
Imagini da Libro Cuore indubbiamente: i poveri bambini privati della gioiosa festa, la polemica sui Musei Capitolini del’anno scorso buttata nel mix a cavolo, una incomprensibile frecciata contro gli omosessuali (che ci chiediamo cosa c’entrino con la Pasqua…), la “chiamata alle armi” contro una presunta maledizione che ci colpirà tutti… tutto nell’articolo è un appello profondo alle emozioni.
Articolo che, peraltro, è il solito plagio di un articolo preso da Il Giornale, copiato parola per parola ma “arricchito” di un cappello introduttivo col 100% di lirico patetismo in più, nell’opulento stile delle Camere dell’Eco, e privato della sua corretta data dell’11.02.2016.
Articolo che si allontana del tutto dai veri motivi per cui vi è stata sentenza.
Ma andiamo con ordine, e scomponiamo la notizia nei tre elementi citati nel titolo: il fatto, la disinformazione, la bufala.
Siamo a Bologna, Istituto comprensivo n. 20, nel quale oltre un anno fa alcuni parroci della locale parrocchia chiedono di deliberarsi perché gli siano concessi dei locali della scuola da adibirsi a Chiesa provvisoria affinché, in orario non scolastico, si celebrasse una funzione religiosa demandando inoltre la necessaria vigilanza dei ragazzini nella struttura scolastica ai familiari o alla assunzione di responsabilità di un adulto.
Il Consiglio di Istituto delibera in modo favorevole appellandosi ad una (rivelatasi) falsa e sviata applicazione della norma di legge, di cui all’art. 96 comma 4 D.Lgs. 297/94 (Testo unico in Materia di Istruzione) e comma 6. Riportiamo l’articolo citato in integrale:
Art. 96.
Uso delle attrezzature delle scuole per attività diverse da quelle scolastiche.
1. Per lo svolgimento delle attività rientranti nelle loro attribuzioni, è consentito alle regioni ed agli enti locali territoriali l’uso dei locali e delle attrezzature delle scuole e degli istituti scolastici dipendenti dal Ministero della pubblica istruzione, secondo i criteri generali deliberati dai consigli scolastici provinciali ai sensi della lettera f) dell’articolo 22.
2. A tal fine sono stipulate apposite convenzioni tra le regioni e gli enti locali territoriali con i competenti organi dello Stato.
3. In esse sono stabiliti le procedure per l’utilizzazione dei locali e delle attrezzature, i soggetti responsabili e le spese a carico della regione per il personale, le pulizie, il consumo del materiale e l’impiego dei servizi strumentali.
4. Gli edifici e le attrezzature scolastiche possono essere utilizzati fuori dell’orario del servizio scolastico per attività che realizzino la funzione della scuola come centro di promozione culturale, sociale e civile; il comune o la provincia hanno facoltà di disporne la temporanea concessione, previo assenso dei consigli di circolo o di istituto, nel rispetto dei criteri stabiliti dal consiglio scolastico provinciale.
5. Le autorizzazioni sono trasmesse di volta in volta, per iscritto, agli interessati che hanno inoltrato formale istanza e devono stabilire le modalità dell’uso e le conseguenti responsabilità in ordine alla sicurezza, all’igiene ed alla salvaguardia del patrimonio.
6. Nell’àmbito delle strutture scolastiche, in orari non dedicati all’attività istituzionale o nel periodo estivo, possono essere attuate, a norma dell’articolo 1 della legge 19 luglio 1991, n. 216 , iniziative volte a tutelare e favorire la crescita, la maturazione individuale e la socializzazione della persona di età minore al fine di fronteggiare il rischio di coinvolgimento dei minori in attività criminose.
Nell’immediato, i genitori ed un’associazione laica propongono ricorso rilevando che, come da parte motiva della sentenza de quo:
Assumono che, in quanto rito o atto di culto religioso, la benedizione pasquale cattolica non rientrerebbe né nelle varie forme di attività scolastica (artt. 7 e 10 del d.lgs. n. 297/1994) né nelle iniziative “complementari” ed “integrative” previste dal d.P.R. n. 567 del 1996, sicché esulerebbe il suo svolgimento dalle competenze dell’istituzione scolastica, chiamata ad occuparsi delle sole attività suscettibili di far parte dell’offerta formativa affidata alle sue cure; ciò anche in quanto la collocazione della pratica religiosa al di fuori dell’orario scolastico e senza obbligo di partecipazione degli alunni, pur apparentemente salvaguardando la libertà religiosa dei componenti della comunità scolastica, otterrebbe comunque l’effetto di accostare l’istituzione al cattolicesimo e di lederne di conseguenza l’imparzialità, la neutralità, la laicità e la aconfessionalità, oltre a condizionare in modo significativo soggetti deboli come gli studenti, senza tenere conto della necessità di evitare qualsiasi discriminazione diretta o indiretta a causa della religione (art. 43 d.lgs. n. 286/1998; art. 2 d.lgs. n. 216/2003) e di tutelare diritti fondamentali quali quello alla non discriminazione (artt. 2 e 3 Cost), alla libertà religiosa (art. 19 Cost.) e di pensiero (art. 21 Cost.). Denunciano, inoltre, l’incompetenza del Consiglio di Istituto, in quanto se anche un atto di culto potesse costituire attività didattico/culturale la questione sarebbe in ogni caso riconducibile alle attribuzioni del Collegio dei docenti (art. 7 d.lgs. n. 297/1994); ove, invece, si trattasse di attività ascrivibile alle iniziative “complementari” o “integrative”, sarebbe stato comunque necessario acquisire l’avviso del Collegio dei docenti (art. 4 d.P.R. n. 567/1996). Lamentano, poi, l’assenza di qualsivoglia motivazione della scelta operata. Deducono, infine, l’illogicità e contraddittorietà del deliberato, per l’incertezza delle modalità di attuazione della decisione quanto a locale scolastico interessato, a giorno e ora dell’evento, a sorveglianza degli alunni.
Sostanzialmente rilevando ed eccependo che:
Ci è voluto del tempo, come sovente accade, ma alla fine, nel febbraio del 2016 il TAR si è pronunciato in favore dei ricorrenti, decidendo che
E’ illegittima una deliberazione con la quale il Consiglio di un Istituto scolastico comprensivo, facendo riferimento all’art. 96, comma 4, d.lgs. n. 297 del 1994 (sulla possibilità di utilizzare la scuola come centro di promozione culturale, sociale e civile) ha concesso ad alcuni parroci, che ne avevano fatto apposita richiesta, i locali scolastici per celebrare la Benedizione Pasquale Cattolica in orario extrascolastico e con gli alunni accompagnati dai familiari o comunque da un adulto che se ne assume l’onere della sorveglianza. Infatti, la Benedizione Pasquale Cattolica costituisce lo svolgimento di un’attività di culto religioso, anzi un vero e proprio rito religioso, non rientrante nelle specifiche competenze della Istituzione scolastica, né riconducibile alle ipotesi di cui ai commi 4 e 6, di cui al citato d.lgs. n. 297 del 1994, ovvero alle iniziative complementari dell’iter formativo degli studenti di cui all’art. 1, comma 1, D.P.R. n. 567 del 1996 (1).
È quindi una bufala, come capziosamente inferito più volte negli incisi offerti dal portale, che la benedizione pasquale sia stata vietata perché offende gli islamici, bensì, ovviamente, il divieto consegue ad un provvedimento illegittimo e contra legem.
In nessun luogo della sentenza si parla di “islamici”, “muslmani” o varianti.
L’impugnativa è stata formulata quasi un anno fa. L’articolo del Giornale posto alla base di questa creazione era infatti datato febbraio 2016, rendendo il tutto una disinformazione dle Giorno della Marmotta.
Il testo finale combina infatti in un Voltron della Bufala degno del Libro Cuore la disinformazione del Giorno della Marmotta (dove eventi passati vengono riletti e riammodernati) con la plateale mistificazione degli eventi reali.
Non una benedizione, ma una vera e propria messa in orario extrascolastico, non un “divieto per offendere i musulmani”, ma un provvedimento malfatto e destinato all’illegittimità in quanto:
è stato autorizzato un vero e proprio rito religioso da compiersi nei locali della scuola e alla presenza della comunità scolastica, sì che non ricorre l’ipotesi di cui all’art. 96, comma 4, del d.lgs. n. 297 del 1994, e neppure quella di cui al successivo comma 6, riferito al ben diverso àmbito delle iniziative disocializzazione e stimolo della maturazione degli studenti per “…fronteggiare il rischio di coinvolgimento dei minori in attività criminose”.
Noterete infatti la scelta di usare come “immagine di repertorio” una foto di studentesse col velo, probabilmente per stimolare l’istinto pavloviano dell’indignato da tastiera offrendo loro un bersaglio “visibile” per i loro dieci minuti di odio.
Ancora una volta, la religione viene usata come tema caldo per infiammare animi, tastiere e banner pubblicitari.
A complicare le cose, ma a rendere la notizia ancora più bufalesca interviene in data odierna il Consiglio di Stato, il quale riammette (sia pur fuori tempo massimo ormai) la Messa Pasquale saltata ormai l’anno scorso in quanto da considerarsi
“non diversamente dalle diverse attività ‘parascolastiche’ che, oltretutto, possono essere programmate o autorizzate dagli organi di autonomia delle singole scuole anche senza una formale delibera”.
inserendo un esplicito paragone tra le attività sportive e culturali parascolastiche e le messe.
Nondimeno, con un ricorso imminente alla Corte Europea, la vicenda è lungi dall’essere esaurita: ma è anni luce dall’essere quanto descritto dai viralizzatori.
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