BUFALA Dare soldi i busta agli sposi diventa reato

Nonostante la nostra smentita del 2 novembre 2017, la bufala del decreto buste ai matrimoni è risorta in un articolo del 13 dicembre pubblicato da News Woorld:

E’ stato approvato a larga maggioranza qualche giorno fa il decreto che pone fine ad una diffusa pratica di riciclaggio di denaro.
Grazie al voto congiunto dei partiti di maggioranza ed opposizione, passa senza colpo ferire il decreto “Buste ai matrimoni”. Vi spieghiamo nel dettaglio il tutto.

In molte regioni d’Italia, è usanza comune donare somme in denaro agli sposini in occasione del loro matrimonio. Somme che variano a volte dal grado di parentela degli ospiti, a volte dalle possibilità economiche degli stessi. In molte regioni del Sud Italia si è giunti addirittura ad organizzare fastose cerimonie infinite con pranzi da ristorante stellato. Il tutto preparato avendo prima fatto due conti iniziali in modo da rientrare delle spese sostenute e più frequentemente guadagnarci.
Questi scambi di denaro sino ad oggi venivano effettuati senza alcun tipo di controllo da parte del Fisco e quindi non sottoposti a tassazione. Per arginare il fenomeno e dunque spingere sempre di più le coppie in procinto di sposarsi ad optare per una più normale lista-nozze, a partire dal 2018 verranno effettuati serrati controlli al fine di recuperare il sommerso. Sarà ancora possibile donare somme in denaro, ma fino ad un massimo di 85 euro ad invitato. Superato l’importo di 85 euro, verrà applicata una ritenuta di legge del 15%.

Il compito di raccogliere eventuali somme in denaro e compilare il modulo da consegnare successivamente alle Agenzie delle Entrate del territorio, sarà affidato agli ex dipendenti di Equitalia. Il Ministero dell’Economia ha già messo in campo quasi 2500 uomini che, incrociando le informazioni ricevute da diocesi e sale ricevimenti, potranno presidiare senza dare all’occhio i festini matrimoniali.
Le sanzioni per i trasgressori sono pesantissime con multe da 1000 a 15000 euro.
Fate attenzione! Fate girare…

In origine, la non-notizia era stata pubblicata da Tg 24 ore, l’ennesimo portale che si erge a dispensatore di satira, stile che al giorno d’oggi lo stesso Quintiliano disconoscerebbe, irritato dall’abuso che i bufalari fanno della parola. Come facevamo notare nell’articolo precedente:

In ogni caso, il disclaimer del sito parla chiaro:

TG 24 ORE- Le notizie riportate su questo sito, sono solo il frutto della fantasia degli autori

In questo caso l’inesistente satira sfugge di mano e viene ripresa da portali noti per la loro strategia acchiappaclick a odore di bufala. Non basta, però, affermare che su tale decreto non esistano riscontri, bensì è d’uopo scoperchiare più tombini:

  1. Non è riportata data alcuna sull’approvazione del decreto, dato oltremodo importante per far sì che i diretti interessati – promessi sposi, in questo caso – abbiano di che informarsi prima di dire il “sì” dinanzi al Primo Cittadino o dinanzi al Sacerdote;
  2. «In molte regioni del Sud Italia si è giunti addirittura ad organizzare fastose cerimonie infinite con pranzi da ristorante stellato. Il tutto preparato avendo prima fatto due conti iniziali in modo da rientrare delle spese sostenute e più frequentemente guadagnarci». Sì, fa ridere. Forse;
  3. «Questi scambi di denaro sino ad oggi venivano effettuati senza alcun tipo di controllo da parte del Fisco e quindi non sottoposti a tassazione». Sarà ancora così e lo vedremo tra poco;
  4. Va bene, parlano di un decreto. Numero? Firma? Link al sito istituzionale? Non esistono.

Non esistendo alcun riscontro, e soprattutto considerando che il primo a pubblicare la bufala è stato un sito che dichiara che i propri contenuti sono di pura invenzione, non c’è altro motivo di approfondire.

Per concludere, come scrivono su Tasse-Fisco.com:

Dal punto di vista della tassazione le donazioni non costituiscono un reddito imponibile Irpef in capo al soggetto percettore del denaro pertanto non dovranno essere inserite nella dichiarazione dei redditi 730 modello unico e su queste quindi non dovrete pagare l’Irpef per intenderci. Non sono quindi classificati come redditi diversi altra tipologia di reddito.

 

 

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