Ci segnalano i nostri contatti la seguente macro, targata “Sputtaniamolitutti”.
Il contenuto del testo è simile a mille macro di contenuto bufalesco che affollano la rete, basandosi, secondo gli auspici che possiamo definire ben più che collaudati della guida utile da noi tradotta su come identificare un testo sospetto
Due Rom sono state beccate a rubare in Supermercato ad Empoli. Ma il Giudice ha disposto la loro scarcerazione
Una cittadina italiana a Catanzaro ha rubato per fame, il Giudice le ha tolto i due figli e condannata a un anno e 6 mesi per reclusione
Ne ha tutti gli eventi: un fatto “vero”, ma mistificato nella sua portata mescolato ad un fatto possibile, ottenuto congiungendo una notizia tra le tante (ma anche essa evidentemente rimaneggiata, come vedremo) il cui scopo è canalizzare la forza dell’indignazione popolare verso un presunto “sopruso” dell’autorità ed il diffuso sentimento contro i nomadi nella produzione di click, condivisioni ed accessi alla pagina.
Da un lato abbiamo una foto “vera” tratta da un effettivo fatto di cronaca, dove non si parla di alcuna scarcerazione, bensì del diverso istituto della denuncia a piede libero.
Difatti, contrariamente a quanto richiesto a gran voce dai produttori di questa macro, alla misura cautelare della traduzione in carcere prima che si svolga il giudizio, quindi prima che siano completate le indagini di rito
si fa ricorso, quale extrema ratio, quando nessuna altra misura risulti adeguata a soddisfare le esigenze cautelari. Quale nei confronti del soggetto in custodia sia pronunciata sentenza di condanna, vige il principio della computabilità per una volta sola della durata della misura ai fini della determinazione della pena da eseguire e lo stesso avviene in caso di custodia cautelare in carcere sofferta all’estero, sia per l’estradizione, sia in caso di rinnovamento del giudizio (artt. 657 e 285).
In sintesi quando un individuo viene arrestato, ogni individuo, non può e non deve scattare un automatico stato di colpevolezza.
Certo, in questo caso ci sono le telecamere di sicurezza e tutto il resto: ma immaginate la situazione kafkiana e sfumata di un individuo che, coinvolto in un delitto, si ritrovi tradotto in carcere per un periodo indeterminato, salvo poi essere rivelato innocente e rimandato a casa con qualche scusa e due pacche sulla schiena.
Tale situazione è aborrita dal nostro ordinamento, per cui
le misure cautelari sono dei provvedimenti emessi nel periodo intercorrente tra l’inizio del procedimento penale e l’emanazione della sentenza. Vengono adottati dall’autorità giudiziaria per evitare che si verifichino alcuni pericoli; nello specifico i pericoli che l’adozione vuole scongiurare sono: 1) difficoltà nell’accertamento del reato; 2) difficoltà nell’esecuzione della sentenza; 3) possibilità che vengano compiuti altri reati o che si aggravino le conseguenze di un reato.
Presentano determinate caratteristiche: sono strumentali al procedimento penale perchè mirano ad evitare che si verifichino i summenzionati pericoli; per le stesse ragioni sono anche provvedimenti urgenti; sono incidentali in quanto è necessaria l’esistenza di un procedimento penale; agli atti deve sussistere una prognosi di colpevolezza che però, in ossequio all’art. 27 Cost., comma II, deve essere ponderata alla luce del principio di presunzione di innocenza fino alla definitività della sentenza; sono provvedimenti immediatamente esecutivi, sebbene provvisori, in quanto oltre a venir meno con l’emissione della sentenza definitiva, possono essere revocate o modificate; sono impugnabili tramite i meccanismi previsti dal codice (riesame, appello e ricorso per Cassazione); sono espressamente tipizzate dalla legge; infine possono essere disposte solo con un provvedimento del giudice di cui la giurisdizionalità delle stesse.
Esaurita la natura di fatto evidentemente mistificato a scopo di attirare l’attenzione della prima metà della bufala, possiamo analizzare il secondo elemento.
La “donna di Catanzaro” non è identificabile. È estremamente possibile, anzi certo, seguendo la teoria del “Giornalismo Preventivo” descritto da Giovannino Guareschi secondo cui, descrivendo una località italiana in modo sufficientemente vago è possibile che in un certo lasso di tempo si verifichi un determinato reato, che a Catanzaro ci sia stato un caso di taccheggio avente come protagonista una donna Italiana. Possiamo ascrivere a tale vaghezza, più che ad un desiderio di difenderne la privacy, la scelta di fornire una notizia vaga e priva di riscontri fotografici (i nomadi infatti hanno ricevuto la foto tratta dalla cronaca locale)
Ma anche accettando per buona la sua esistenza, e per quanto la storia della “madre di famiglia tradotta in carcere per un anno e sei mesi e privata della prole” solletichi le corde dell’emotività, echeggiando anche il Jean Valjean dei Miserabili, un tempo incensurato e perseguitato dalla giustizia per il il furto di un pezzo di pane per sfamare la famiglia, la storia, semplicemente, non funziona.
Non funziona.
Non funziona perché un anno e sei mesi di reclusione per un furto di modica entità e spinto dalla necessità non sarebbe mai comminato.
Non funziona perché l’articolo 624 cp prescrive per il furto la reclusione dai 6 mesi ai tre anni
Chiunque s’impossessa della cosa mobile [c.p. 631] altrui, sottraendola a chi la detiene, al fine di trarne profitto per sé o per altri, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 154 a euro 516 [c.p. 29].
Agli effetti della legge penale, si considera cosa mobile anche l’energia elettrica e ogni altra energia che abbia un valore economico [c.c. 814; c.p. 625, 626, 646, 647, 649; c.n. 510, 593, 1146].
Il delitto è punibile a querela della persona offesa, salvo che ricorra una o più delle circostanze di cui agli articoli 61, numero 7), e 625.
Dove i tre mesi sono il minimo ed i tre anni sono il massimo, ed infatti troviamo su una pagina di pareri legali il parere reso su un furto in supermercato di modica entità, omogeneo quindi per tipologia:
La signora è stata denunciata per furto, ai sensi dell’articolo 624 del codice penale. Rischia una condanna alla reclusione da sei mesi a tre anni. Poiché l’oggetto del furto ha un valore irrisorio, il giudice la condannerà alla pena minima prevista dalla norma seguente, ossia sei mesi di reclusione e la multa di 154 euro. Essendo la signora incensurata, la condanna alla reclusione di sei mesi non sarà eseguita in quanto la stessa beneficerà della sospensione condizionale della pena.
[…]
Consiglio alla signora di fare attenzione in futuro: per questa volta la pena non sarà eseguita perché le sarà concesso il beneficio della sospensione condizionale della pena … laddove dovesse risultare recidiva, la pena della reclusione sarà sicuramente eseguita.
Il parere reso dal legale è inoltre dirimente per la seconda metà dell’accusa rivolta alle autorità: nell’ordinamento Italiano il Jean Valjean tradotto in carcere per il furto di un tozzo di pane, perseguitato a vita da Javert e da una giustizia che si accanisce sul cittadino per difendere lo “straniero” non esiste.
Tra i pochi evanescenti elementi forniti a puntellare l’ormai sempre più zoppicante storia della “madre di famiglia Italiana” è evidente la pena: un anno e sei mesi.
La sospensione condizionale della pena citata si spinge sino ai due anni, quindi la nostra ipotetica (o presunta, o reale) madre di famiglia Italiana incensurata in realtà non avrebbe scontato un solo giorno di reclusione, o pagato un solo centesimo, venendo rimandata a casa con l’aspettativa di mantenere una condotta specchiata per almeno cinque anni.
Per quanto riguarda la perdita della potestà genitoriale? Secondo il testo “Le pene accessorie“, sinossi perita degli articoli interessati (www.StudioCataldi.it)
f) decadenza dalla potestà genitoriale (art. 34 c.p.): comporta la decadenza dalla potestà dei genitori nonché di ogni altro diritto sui figli che spetta al genitore. Viene prevista automaticamente con la pena dell’ergastolo e con quella della reclusione per un periodo di tempo non inferiore a cinque anni.
Mancando in questa narrazione sia l’ergastolo che una reclusione superiore ai cinque anni non riusciamo francamente a capire dove l’autore dell’immagine macro abbia tratto idea o legittimazione per un simile, casuale ed inverosimile cumulo di sanzioni detentive ed accessorie.
Possiamo quindi archiviare l’intera immagine macro, nel suo complesso, come una bufala, dettata da una conoscenza schematica, imperfetta, dell’apparato sanzionatorio italiano e dal desiderio di creare un’immagine di impatto, una clickbait.
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