Ci segnalano i nostri contatti il ritorno di una vecchissima bufala sulle scuole della quale credevamo di esserci sbarazzati già nel lontano 2015, e del quale potete leggere l’analisi dell’epoca nel nostro archivio storico, ad eterna memoria
Molti non sanno, che subito dopo l’annessione del regno borbonico allo stato sabaudo, in tutto il sud furono tenute chiuse le scuole per circa 15 anni, in modo da ottenere un’intera generazione di analfabeti da utilizzare come servi nelle zone industrializzate del Nord
La locuzione molti non sanno che, l’ortografia traballante e i meme con teschi senza fonti sono il marchio fondante di due cose: una bufala e l’analfabetismo funzionale più rampante.
È ferma opinione dello scrivente, e una concessione all’opinione prima di entrare nel freddo regno dei fatti, che se lo Stato Sabaudo avesse voluto consegnare il Regno Borbonico all’ignoranza ed all’analfabetismo allo scopo di ottenere una generazione di poveri analfabeti manipolabili non avrebbe dovuto che affrettarsi ad inventare computer, smartphones, Internet, Facebook e Twitter e regalare ai meridionali smartphones e computer con illimitati giga di Internet gratis invitandoli a spendere la loro vita tra gattini, bufale e flames su internet.
Come abbiamo visto, il risultato sarebbe stato pienamente garantito.
In realtà raggiunta l’unità di Italia, come abbiamo visto in passato, il Regno di Italia ereditò la Legge Casati del 1859, introdotta senza soluzione di continuità
Come potete vedere dallo schema, la Legge Casati nasceva da una suddivisione classista, di cui l’Italia non si libererà prima del 1977 per cui lungi dall’essere una semplice questione di preferenza come adesso, la distinzione tra licei e istituti tecnici era essenziale ed ineludibile.
Si demandava, sostanzialmente, al genitore di un figlio ancora bambino la scelta tra iscriverlo al Ginnasio, quindi consentirgli l’accesso all’Università ed alle professioni intellettuali, oppure scaricarlo nella Scuola Tecnica, condannandolo a non poter mai accedere all’istruzione superiore moderna e quindi scaricandolo nel mondo del lavoro come operaio qualificato passati i quindici anni, se non discostandosi di poco dalle proprie origini operaie o contadine: quando andava bene.
Siamo bene a conoscenza dell’attitudine del popolo Italiano, allora come adesso, a disprezzare le leggi se non posto dinanzi alle sanzioni: la Legge Casati, frutto di un impianto sostanzialmente borghese e classista, demandò alla successiva normativa l’enunciazione di norme attuative di sanzioni indicate solo in astratto e non in concreto per ostacolare l’abbandono scolastico.
Di fatto, creando una situazione (perdurata per oltre un secolo e diverse riforme normative: al riguardo si consiglia la lettura di Rosso Malpelo o Padre Padrone) in cui un padre di famiglia rurale poteva benissimo decidere di preferire crescere un figlio nell’analfabetismo totale per mandarlo, ancor bambino, in miniera o a fare il pastore prediligendo una fonte di reddito al fornire alla sua prole quantomeno la minima educazione senza pagar alcun dazio.
Aggiungendo a questo scenario di desolazione culturale il fatto che spesso i comuni più poveri non potevano permettersi il mantenimento di una scuola, e che gli abitanti più poveri di tali comuni non potevano permettersi, o non volevano affatto, sobbarcarsi l’onere di mandare i propri figli in una scuola lontana per ottenere un’istruzione che non ritenevano necessaria per una vita da operaio o pastore, l’abbandono scolastico spesso toccava vette del 95% nei comuni meridionali arretrati anche in presenza di istituti scolastici aperti.
Un tentativo di migliorare la situazione si ebbe solo diversi anni più tardi, con la legge 15 luglio 1877 n. 3961 (Legge Coppino) che, finalmente, introdusse sanzioni esplicite per chi disattendeva l’obbligo
Art. 4. L’ammenda è di centesimi 50, ma dopo di essere stata applicata inutilmente due volte, può elevarsi a lire 3, e da lire 3 a 6 fino al massimo di lire 10, a seconda della continuata renitenza.
L’ammenda potrà essere applicata in tutti i suoi gradi nel corso di un anno; potrà ripetersi nel seguente, ma cominciando di nuovo dal primo grado.
Accertata dal sindaco la contravvenzione, il contravventore è sempre ammesso a fare l’oblazione, ai termini degli articoli 148 e 149 della legge comunale vigente. In caso diverso, la contravvenzione è denunciata al pretore che procede nelle vie ordinarie.
E dovere delle autorità scolastiche promuovere le ammonizioni e le ammende. Un regolamento stabilirà le norme per l’applicazione e la riscossione dell’ammenda.
Anche così però l’obbligo scolastico fu costantemente disatteso: la sanzione infatti dipendeva, come da successivo articolo 5, da una notifica mensile da parte del maestro degli alunni assenti e le spese di gestione, comprendenti tale onere, erano messe a carico dei comuni.
Come prevedibile, prevalse un vivi e lascia vivere in cui il rurale impoverito decideva, ancora una volta, di ignorare il rischio dell’ammenda (avendo peraltro ben poco da perdere) e destinare suo figlio all’ignoranza ed all’abbrutimento ritenendo ciò prevalente rispetto all’autosufficienza economica del nucleo familiare.
Tutto questo portò ad un perdurare, nonostante l’obbligo e l’apparato sanzionatorio, dell’analfabetismo e dell’abbandono scolastico: ancora nel 1882 la percentuale di analfabeti di età superiore ai 6 anni, quindi tecnicamente coperti dall’obbligo scolastico, era del 54% nel Veneto, del 32% in Piemonte, del 44% in Liguria e dell’85% in Basilicata e Calabria
Lo Stato non cessò mai la battaglia contro l’abbandono scolastico: dapprima la Legge Orlando del 1904 elevò l’obbligo scolastico sino agli anni dodici e poi la Legge Daneo-Credaro sottrasse ai comuni (salvo quelli di consolidata tradizione e comprovate risorse) la gestione delle scuole elementari ed istituendo provvidenze per gli alunni capaci e meritevoli, ma fu ostacolata dall’essere entrata in vigore solo nel 1911, a pochi anni dal Primo Conflitto Mondiale.
Di lì a poi, la storia degli Ordinamenti Scolastici ha subito una ricca ed importante evoluzione, che faticosamente ci ha portati agli standard attuali.
Possiamo quindi affermare che questo meme è una bufala, un tentativo di revisionismo malfatto e malriuscito, dimostrando che nel meridione non solo le scuole rimasero aperte, ma di riforma in riforma la battaglia contro l’abbandono scolastico non si è mai arrestata.
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