BUFALA Cliente accusa avvocato manolunga – Bufale.net

di Shadow Ranger |

bufala sindaco di lonigo
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Oggi, per qualcosa di completamente diverso, come direbbero gli amatissimi Monty Phyton, preferiamo arrivare non primi sul pezzo, ma ultimi e trarre le inevitabili conclusioni assieme a voi sul perché non dovreste diffondere bufale, o accettare facili link e condivisioni da chi ama saltare alle conclusioni.
Spesso infatti ci capita di vedere richieste di pareri su notizie “fresche” non solo di giornata, ma maturate anche mezz’ora prima della nota, e nel tempo necessario alla ricerca di informazioni assistere al triste spettacolo di voci di corridoio ed illazioni di ogni tipo riprese dai social media e dal grande pubblico, rilanciate e rivelate come grandi verità da portali meno scrupolosi di questo: raddoppiando così il nostro lavoro, che diventa un autentico supplizio di Sisifo, che ci condanna a sollevare in eterno lo stesso masso, per poi vederlo rotolare nuovamente nella nostra cartella richieste, arricchito dalle suddette illazioni, e doverlo nuovamente risbufalare.
Il caso di oggi è offerto dal portale Tuttoggi:

Mano lunga (per l’accusa) e gambe corte (per la bugia) . Una sintesi tutta da spiegare per chiarire la delicata vicenda giudiziaria che questa volta ha visto finire un avvocato davanti al giudice Lidia Brutti, e non per la difesa di un suo cliente, bensì per difendersi dalle accusa di quest’ultimo. Anzi, di quest’ultima perchè parte in causa è una donna che  denunciato il suo legale per il reato di violenza sessuale.
La donna racconta infatti quando sporge querela che l’uomo l’avrebbe ricevuta nel suo ufficio ma che poi si era portato alle sue spalle e prendendole i capelli le avrebbe messo una mani tra i seni, contro la sua volontà.
Ma il tutto si è rivelato una gigantesca bufala e l’accusa all’avvocato si conclude con una richiesta di archiviazione del pm, accolta dal Gip. Meno bene va alla donna che da assistita, passante per accusatrice, diventa indagata per calunnia in un processo che inizierà il 14 gennaio.

Abbiamo quindi una gravissima accusa: una donna accusa un professionista di molestia sessuale.
La molestia sessuale ricordiamo è un reato particolarmente aberrante, che suscita non solo severe punizioni, ma anche la dovuta riprovazione sociale.
Logica vorrebbe pertanto, come per ogni accusa, che la stessa sia vagliata ed esaminata: e così è stato fatto e, nel finale, è stata decisa l’archiviazione. Il GIP non ha ritenuto sussistente il fatto, il professionista è innocente, la notizia era una bufala.
Ma ora vi prego di fermarvi un attimo e pensare: se il nome del professionista fosse finito in mano agli “acchiappaclic di professione” nel doveroso (e, logicamente data la delicatezza delle indagini) non breve intervallo tra la denuncia riscontratasi falsa (o “bufala”, adottando il lessico del portale indicato)?
Gli acchiappaclic avrebbero avuto buon gioco: in procellosi tempi di scontro sociale avere un professionista legale, un avvocato, percepito da un certo pubblico vociante e tendente alla condivisione facile come membro della kasta sarebbe stata una perfetta ricetta per la viralità. Avremmo avuto centinaia di condivisioni indignate a richiedere sanzioni e riprovazione per il mostro.
Sanzioni del tutto infondate, che avrebbero rovinato per sempre la vita di un innocente.
Pensateci quindi, ogni volta che vedete un acchiappaclic invocare il tintinnar di manette o chiedere giustizia verso i mostri a poche ore dall’accadimento.
E vogliate perdonarci se i pareri che ci chiedete sono sovente evasi non nell’immediato, ma molto più spesso nelle 24-48 ore successive.
I fatti hanno bisogno di essere riscontrati ed esaminati, con occhio critico, imparziale e neutro.
Perché adesso ci sarà un giudizio per valutare le responsabilità di chi ha accusato quell’uomo, ed anche qui a nessuno è dato pronunciarsi prima di quel procedimento che inizierà il 14 gennaio.
Ma una condivisione frettolosa avrebbe già aggravato la condizione precaria di un uomo accusato che si è difeso in giudizio per vedere prevalere le sue ragioni.
E la giustizia fai da te  di Facebook, purtroppo, non ammette appelli nè difese.

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