Risalendo ai documenti chiaramente arabi (perché si sa, i protagonisti delle bufale sono tutti onniscenti, poliglotti e con capacità investigative di CSI) il congiunto della signora-narratrice avrebbe recuperato il portafoglio e rintracciato con l’aiuto della polizia locale il proprietario, ovviamente un arabo o qualcosa del genere, il quale colmo di gioia propone di ricompensare con denaro e ricchezze il benefattore italico e, in diniego, gli confessa che “il ventidue (o il periodo natalizio dal 24 al 26 in altre varianti) dovete stare lontani da questo centro commerciale e tutti i centri commerciali perché gli arabi vogliono fare un attentato”.
EDIT: Un’ulteriore variante (più fedele alle origini della bufala, come vedremo) prevede un contatto diretto dove la protagonista, senza mediazioni, racconta di aver aiutato un arabo gentile a raccogliere i pacchi caduti dopo essersi scontrata su di lui ottenendo in premio il desiderato vaticinio.
Ovviamente, la storia è una bufala.
La bufala in questione è una versione narrata di una antica bufala diffusasi all’indomani dell’11/9 sulla base di leggende metropolitane preesistenti: in quella versione, analizzata e smentita dalla stessa FBI, il vettore della catena di S. Antonio erano le email (in assenza di WhatsApp come mezzo di elezione in quegli anni) e gli interpreti erano un marito arabo che spediva una email a sua moglie per avvisarla di un imminente attentato nei centri commerciali.
Chi diffuse questa bufala nel 2001 (ci torneremo: è importante) dichiarava sempre che l’arabo era poi diventato irreperibile (sulla falsariga del Mio cuggino che da bambino una volta è morto cantato da Elio e le Storie Tese) per sottrarsi alle scomode spiegazioni del caso.
Paolo Attivissimo si è preso la briga, nel 2015, di analizzare tutte le iterazioni della stessa bufala che, tradotta, ha fatto letteralmente il giro del mondo.
Sempre nel 2001, ma pochi mesi dopo, la bufala infatti riappare a Lione, introducendo l’elemento del Buon Samaritano che aiuta un arabo ricchissimo e riceve il consiglio, unendo all’ovvia bufala un ammaestramento sociale (“bisogna aiutare il prossimo”) ed una dose di xenofobia tale per cui un arabo ricco non può che essere un pericoloso terrorista in incognito.
Nella versione diffusa poco dopo a Birmingham la natura grottescamente paradossale del testo si evidenzia: la narrazione, ancora a mezzo email, parla di un benefattore che incontra un uomo asiatico o indiano che non riesce a pagare il conto del supermercato per pochi spiccioli, e viene aiutato dal protagonista, ricevendo l’ammonimento di evitare i centri commerciali nei giorni seguenti.
Stranamente, nonostante il testo di Birmingham descriva l’anonimo non già come un arabo ricco ma un asiatico, il misterioso asiatico si trasfigura il giorno dopo in un arabo quando la storia continua col protagonista che viene chiamato ad identificare delle foto segnaletiche di famosi terroristi arabi e ci trova l’asiatico misterioso (e apparentemente mutaforma in grado di mutare il suo invisibile sembiante).
Altre varianti sono ambientate in centri commerciali famosi come Harrods e Costco, con Snopes che precisa come la struttura sia presa da una vecchia leggenda metropolitana del 2006 dove lo scopo del beneficato arabo-indocinese era avvisare tutti che i suoi colleghi terroristi avrebbero avvelenato la Coca Cola o altre inverosimili gesta del genere, a sua volta derivata da una antica leggenda metropolitana tipicamente statunitense e risalente ai tempi della Seconda Guerra Mondiale per cui, aiutando una autostoppista in difficoltà, la stessa si sarebbe rilevata essere un benevolo ectoplasma pronto a lanciarsi in rivelazioni profetiche che avrebbero evitato al benefattore lutti e dolori o presagito l’epilogo di guerre drammatiche e sanguinose.
La bufala, mai del tutto scomparsa dagli anni 40 ad oggi, ha quindi subito un vigoroso incremento di viralità dall’11.9.2001 ad oggi, riapparendo al ritmo di una nuova variante l’anno, se non più varianti regionali ogni anno, finché l’isteria non è esplosa proprio l’anno scorso.
Come ricorda La Stampa, proprio l’anno scorso la bufala fu cristallizzata nella forma attuale: con una voce narrante femminile che si presta ad una lettura drammatica della bufala asserendo di essere se non la protagonista, una congiunta diretta del protagonista della bufala.
In quel caso i terroristi erano identificati nell’ISIS, e, come riporta il quotidiano
«Quelli dell’Isis vogliono colpire i giovani, le zone della movida», si può ascoltare nella registrazione della madre che avverte la figlia a Roma di restare a casa, perché una sua amica che lavora al ministero dell’Interno l’avrebbe avvertita di un attentato imminente nella capitale. La polizia postale ha immediatamente smascherato la bufala, ma non prima che in migliaia girassero il messaggio audio ai loro contatti, alimentando il panico.
LA “CONFESSIONE”
In serata, la svolta: una donna e la figlia, protagoniste della telefona virale, si sono presentate spontaneamente negli uffici della polizia ed hanno dato la loro versione. Il rischio attentato di cui si parlava nella telefonata – hanno detto – altro non era che una scusa della madre per convincere la figlia a non uscire di casa.
Ovviamente, prestarsi a recitare e ridiffondere un simile immotivato allarme consta un grave rischio: lo stesso Governo scese in campo per ricordare il rischio del procurato allarme in capo agli ideatori ed interpreti del testo virale e l’infondatezza dell’allarme.
Vorrete quindi immediatamente bloccare la condivisione di questo messaggio virale, valutando l’opportunità di manifestare l’accaduto alle autorità competenti.
EDIT del 22.12.2016: Esattamente come avevamo previsto, anche in questo caso gli interessati si stanno attivando ai fini di valutare, e quindi perseguire, il reato di procurato allarme.
Riportiamo anche noi la comunicazione di uno degli interessati, se non il principale: il Centro Commerciale Campania
A distanza di un anno esatto si ripete la bufala audio su Whatsapp relativa ad un rischio attentati nelle gallerie del Centro Commerciale Campania.
La voce ed il contenuto sono identici al dicembre 2015.
Il Centro Commerciale Campania ribadisce che la notizia che sta girando sulla rete e sui social è completamente priva di fondamento.
“Invitiamo le testate online, i blog ed i social che hanno pubblicato la bufala ad operare con immediatezza le smentite del caso con la stessa evidenza, in quanto si tratta di procurato allarme”
Chi è stato frettoloso con le dita sul tasto condividi non ha quindi alcuna scusa: ottemperi.
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