Questa volta riceviamo, e giriamo, segnalazione direttamente dalla pagina social della Polizia Postale
Pare inutile dirvi che WhatsApp non è (o meglio, non è più) un servizio a pagamento.
Per un certo periodo in passato infatti WhatsApp ha avuto un piccolo canone annuale di 99 centesimi, poi rimosso definitiviamente nelle versioni successive.
Ed anche quando era necessario tale pagamento, la richiesta di rinnovo avveniva tramite messaggi e un’interfaccia di pagamento incorporati nell’interfaccia di sistema, e giammai contenuta in anonimi messaggi online che conducono a link a caso.
Con questo tipo di bufala ci scontriamo ormai da anni, e la chiave è sempre la stessa: phishing.
Non è una brutta parola, è un termine inglese di cui vi abbiamo parlato più volte che esprime un tipo di truffa assai particolare e comune: ricordate il Totò di Tototruffa che fingendosi l’Ingegner Trevi, discendente del creatore dell’omonima fontana convinceva un turista italoamericano a comprare la Fontana da lui con un congruo anticipo?
Ecco, il phishing è la versione moderna di quella bufala: in questo caso, seguendo il link, troverete solo un sito internet composto da un truffatore, che nella migliore ipotesi vi iscriverà a diversi servizi a pagamento, nella peggiore vi chiederà nome, cognome, indirizzo e dati di una carta di credito per provvedere al “rinnovo” e, naturalmente, userà tali dati per i suoi scopi senza alcuna possibilità per voi di richiederne cancellazione o inibizione.
Dareste i dati della vostra carta di credito ed altri dati personali ad uno sconosciuto? Noi diciamo di no, e se foste così distratti da cascare nella trappola, non vi resterebbe altro che bloccare la carta di credito e denunciare il fatto alla Polizia Postale per evitare che il vostro nome sia “speso” per altre operazioni truffaldine.
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