Shadow's Play

Breve catalogo dei mezzi di protezione anticopia nei videogiochi nella storia

Abbiamo visto come per molto tempo la pirateria informatica sia stata una costante nel mondo dei videogiochi, ora vedremo un catalogo dei mezzi di protezione anticopia nei videogiochi nella storia. Perché per ogni “cassettina pirata” con 8 o 14 giochi piena di giochi tarocchi venduti liberamente in edicola c’era un programmatore che cercava di evitare che il frutto del suo lavoro fosse piratato.

La storia dei mezzi di protezione anticopia nasce di fatto col concetto stesso di commercializzazione del gioco, per lo stesso motivo per cui il primo uomo delle caverne a concepire il concetto di proprietà privata inventò la prima porta chiusa della storia (probabilmente un enorme masso di fronte alla caverna dove teneva cibo e pelli).

Breve catalogo dei mezzi di protezione anticopia nei videogiochi nella storia

Il fatto che il furto sia vietato non impedisce ai produttori di porte blindate di vendere, né ai ladri di continuare a farlo. Figurarsi nel mondo dei videogames, che abbiamo visto essere nati molto dopo il concetto di diritto d’autore e copyright e trattati come un “passatempo per sfaccendati” immeritevole di tutela. Tutte cose che hanno portato col tempo i produttori a farsi giustizia da sé.

Il metodo più antico: i feelies

I “feelies”, ovvero i gadget nella scatola, nascono col primo iconico successo di mercato, la saga di Zork e le grandi avventure testuali Infocom.

Il “feelie” non nasce come sistema di protezione, ma presto Infocom ne riconobbe l’immenso potenziale al riguardo: all’inizio erano semplici regalini per rendere l’avventura videoludica più immersiva. Mappe, monetine di gioco, libriccini con la storia del mondo incantato che stavi affrontando.

In seguito il gadget divenne una specie di chiave di accesso: alcune informazioni rilevanti per proseguire il gioco furono rimosse dal gioco stesse e inserite nei manuali e nei gadget.

Il “feelie”, la prima forma di protezione anticopia

Se volevi ad esempio sapere quale strada prendere nel labirinto in “Leather Goddesses of Phobos” dovevi cercare nella scatola una mappa ed un fumetto, e per attivare il computer-simulazione in “A mind forever voyaging” dovevi consultare una tavolozza con colori e codici (un incubo per i daltonici).

Ovviamente riuscire a fotocopiare i gadget cartacei o trascriverli era un ottimo modo per superare questo primitivo sistema di protezione, ma complicava le cose il fatto che fino agli anni ’80 era difficile trovare una copisteria a colori a prezzi modici e uno scanner era un oggetto tanto esoterico e ignoto per le famiglie quanto una stampante 3D oggi.

Ciò nonostante i feelies ebbero una enorme diffusione anche fuori dall’aveo Infocom: Monkey Island introdusse il famoso “Dial-A-Pirate”, un cartoncino traforato che assemblando l’identikit di un pirata mostrato sullo schermo, composto da un mento ed una parte superiore del volto, restituiva una data da inserire a schermo.

Zak McKraken and the Alien Mindbenders aveva invece nel manuale dei “codici passaporto” da inserire quando il personaggio partiva per la sua avventura. Inserire il codice sbagliato comportava una sequenza in cui il tuo personaggio veniva incarcerato e prima del gameover rimproverato dai produttori del gioco per essere un pirata.

In Captain Comic 2 del 1990 invece venivi intrappolato in una stanza vuota, dove un NPC ti invitava a ricominciare l’avventura da capo procurandoti un misterioso oggetto utile “Poco costoso che avresti dovuto avere all’inizio dell’avventura”. Avrete capito che parliamo di una copia originale del gioco.

La “Prigione dei pirati” in Zak McKraken

Inquietante invece era la protezione anticopia di “Crime and Punishment” del 1983: un gioco basato sullo studio e la simulazione di casi giudiziari americani veri che nelle copie piratate ti consentiva di simulare processi a pirati informatici per vederli tutti condannati alla pena capitale, non senza una certa esagerazione, diremmo.

La “protezione nel manuale e nei codici” fu il metodo più immediato, efficace e tra i più longevi: ciò nonostante, bastava spesso una fotocopiatrice per sconfiggerlo.

Una variante usata per un numero minimo di giochi fu il “Lenslok“: un piccolo prisma infilato tra le cassettine Spectrum e Commodore 64 per decodificare un codice mostrato a schermo. Avevi il vantaggio di non dover rischiare di perdere il manuale, ma lo svantaggio che il Lenslok ti avrebbe impedito di decodificare il gioco su una TV troppo grande o troppo piccola in un’epoca in cui ben pochi potevano permettersi un monitor di marca.

Una variazione sul tema: il “feelie che ti impietosisce”

La palma d’0ro del feelie più triste era quello di Budokan – The Martial Spirit, gioco di arti marziali che oltre ad un elenco di simboli nobiliari da inserire per entrare nel “Dojo”, la palestra di arti marziali, aveva anche un triste e lungo aneddoto che descriveva la storia di un gruppo di monaci gentili che vendevano grano ad un villaggio impoverito fino ad essere scacciati dai briganti, condannando sia i monaci che gli abitanti del villaggio a morire di stenti.

Ovviamente avresti dovuto pentirti e comprare

Ovviamente la morale della favola era che Electronic Arts erano i poveri monaci gentili, tu acquirente eri il povero abitante del villaggio convinto di non star facendo niente di male e l’amico che ti aveva copiato il gioco era il lurido fetente predone criminale che aveva condannato un intero popolo a morire di fame grazie alla tua dabbenaggine, e quindi avresti dovuto immediatamente pentirti e andare a comprare una copia originale di Budokan prima di causare la fine del mercato del Software.

Il dongle hardware

Altro sistema anticopia era il dongle: sistema anticopia usato veramente molto più per i programmi commerciali o per quei cabinati ottenuti infilando un vero e proprio computer in un macchinario arcade. Un affarino, un “passante” da collegare ad una delle porte del computer, seriale o joystick, senza il quale il gioco non si sarebbe avviato.

I dongle hanno continuato ad esistere fino all’era delle USB, con lo svantaggio comune ai feelies ma esasperato che perdere la scatola ti avrebbe reso incapace di usare il gioco che avevi pagato e anche un cambio di tecnologia lo avrebbe fatto.

Foto di un Dongle, Wikimedia Commons

Un dongle seriale ad esempio rende impossibile giocare un gioco “antico” su un computer moderno settato come emulatore perché non avresti fisicamente mezzo per collegare il congegno.

Una via di mezzo era quella che abbiamo visto intrapresa da Nintendo, col NES contenente un “Lockout chip” stesso chip sulla cartuccia e sulla console, necessario perché la console non decidesse di riavviarsi costantemente simulando un danno hardware e impedendo l’uso di giochi non autorizzati.

Ovviamente gli emulatori ignorano l’esistenza di chip, dongle e simili.

SecuROM, StarForce e l’era del CD

Negli anni ’90 cominciò la rivoluzione del “PC Multimediale” anche questo dato che abbiamo visto. PC e console si mossero dal gioco su cartucce e floppy al gioco su CD, medium che consentiva l’uso di audio ad alta qualità, video e una quantità di dati superiore ad ogni altro media precedente.

E al principio tutti i trucchi anticopia sul floppy erano ritenuti validi, come l’overburning (il CD “industriale” veniva inciso per più dei 650 Mb sull’etichetta, il CD “domestico” non poteva) o l’uso di settori danneggiati ad arte.

Presto anche i programmi di copia domestici, come il famoso “NERO Burning ROM” si adeguarono consentendo all’utente di effettuare overburning e copie minuziose, specie con CD di alta qualità.

Schermata di Nero Burning ROM, involontario amico del pirata (spesso piratato a sua volta…)

Vennero introdotti sistemi come SecuROM, StarForce e simili che di fatto ti costringevano a usare il CD come “dongle”. Sia che tu avessi installato tutto il gioco su disco per caricamento rapido che non lo avessi fatto, all’avvio il programma esigeva di leggere dei codici contenuti nel CD e non copiati sul disco, sotto pena di mancato avviamento.

Il problema è che simili sistemi, ad esempio, furono accusati di installare programmi sul disco fisso che non venivano poi rimossi neppure cancellando il gioco (nonché accusati, pare a torto, di “intasare i computer”) oppure potevano non funzionare su determinate configurazioni, portandoti al paradosso di aver comprato un gioco legale che sul tuo lettore veniva identificato come pirata.

L’era di Internet

Nell’era di Internet la protezione da copia passa per il gioco “sempre online”. Salvo in questo crack, e come vedremo a rischio e pericolo dell’utente, ogni gioco anche offline, richiederà un dispositivo connesso.

“Poco male”, direte voi, ormai la banda larga ce l’ha chiunque ed anche chi si porta la Nintendo Switch o un tablet in ferie ormai ha almeno un cellulare 4G se non l’odiato 5G in tasca per tutte le esigenze e servizi. Pochi secondi di connessione non ti rovineranno la vita e buona parte dei giochi hanno comunque funzioni multiplayer e online che ne valgono la pena.

Il problema è quando la connessione non c’è, ad esempio sei in ferie in qualche baita e buona parte della tua libreria giochi non parte perché non riesci fisicamente ad accedervi o a farla partire.

Console bannata? Ahiahiahi

E quando se provi a far partire giochi piratati sulla tua console, la tua intera console si trova bannata da ogni servizio online in perpetuo, costringendoti all’acquisto di una nuova, perché hai violato i termini e condizioni di uso e servizio e non puoi recriminare.

Fine della festa, e fine dei giochi in modo molto più brutale ed efficace che in passato. E forse è un peccato perché, come dimostrano alcuni giochi che ancora lo fanno alcune protezioni ti punivano in modo molto più sottile.

Il gioco ingiocabile per i pirati (a loro insaputa)

Abbiamo già visto il caso di Zac McKraken e del fatto che ogni pirata avrebbe potuto solo giocare al suo arresto.

Grand Theft Auto IV, uscito nel 2008, in caso di gioco riconosciuto come piratato ti faceva giocare, ma bloccandoti funzioni essenziali come i freni per l’auto e la capacità di rallentare.

Ma andando nell’ormai retro, il grande classico per Playstation originale Spyro 2 in caso di gioco piratato ti lasciava giocare. Niente ban (l’online non c’era), niente blocco all’avvio, una dolce fatina ti avvisava che “avresti avuto problemi”, col fare del taglieggiatore mafioso pronto ad avvisarti che “Sarebbe un gran peccato se succedessero cose brutte nel tuo bel negozio” (ma in questo caso giustificato).

In seguito ogni bonus e punto raccolto in gioco sarebbe sparito a random, il gioco sarebbe saltato di crash in glitch fino a bloccarsi distruggendoti ogni salvataggio giusto prima del finale.

“Così tu hai craccato il mio gioco: sarebbe davvero un peccato se ti accadessero delle cose brutte, sì…”

In modo da non darti neppure tempo di tornare a lamentarti col pirata perché a quel punto sarebbero passate settimane e avresti fatto prima a procurarti il gioco originale.

Anche giochi per SNES come “Earthbound” avevano invero preso tale scelta, anzi tutte le scelte assieme. Una copia piratata di Earthbound nell’ordine avrebbe provveduto a minacciarti di azioni penali (e in Giappone la pirateria è un reato assai serio e il mero acquirente di programmi piratati o “bonus” pirata per giochi anche da lui posseduti rischia anni di reclusione), riempito il gioco di avversari sempre più difficili da sconfiggere e infine inflitto la sanzione finale di bruciarti il salvataggio a pochi secondi dalla vittoria finale.

Tutte queste misure sono state parodiate e inserite come parte del gameplay nel gioco “Game Dev Tycoon”, che ti rende, appunto, un programmatore che lavora attraverso tutte queste ere. Giocare ad una copia craccata di “Dev Tycoon” porterà sempre al fallimento della tua impresa, coi tuoi dipendenti che incolpano, appunto, i pirati come te che preferiscono copiare e non comprare.

La saga dei giochi “giocabili ma non troppo se piratati” continua: nella recente saga videoludica di Batman, l’Uomo Pipistrello nelle copie clonate perderà la capacità di planare agilmente sul suo tecnologico mantello per schiantarsi al suolo come l’ultimo dei dilettanti.

Il gioco che ti stimola ad autodenunciarti

Skullgirls, picchiaduro del 2012 a base di belle ragazze animate è un esempio di questa bizzarra protezione. Il gioco piratato funziona, mostrando dei popup che chiedono di trovare “La radice quadrata di un pesce” durante i titoli.

Niente altro: irretito dalla possibilità di aver svelato un mistero il pirata correva così a chiedere lumi sui forum autodenunciandosi e rendendosi oggetto dell’ilarità dei fan del gioco.

Ancora nel 2014 avevamo utenti che si autodenunciavano per poi dover ammettere dinanzi al “tribunale dei social” che “Io ve lo giuro, guarda, l’avrei pagato dopo la prima partita“.

E indovina chi si è appena autodenunciato?

Allo stesso modo, nel 2010, i giocatori giapponesi del Date Sim Cross Days, gioco in cui dovevi giocare una sorta di “anime harem” interpretando un baldo giovinotto circondato da belle ragazze da far innamorare fu annunciato da una “vera finta versione pirata” che ti chiedeva di compilare un sondaggio.

Che i creatori avrebbero messo online spu**anandoti al mondo come maniaco e pure pirata.

Protezione: sì, no, forse?

Abbiamo capito ora perché la protezione da copia serve. L’abbiamo già capito in passato, quando abbiamo di fatto avuto un mercato videoludico italiano dove le copie avevano sconfittto gli originali.

Ma perché invece opporsi?

L’83% dei giochi per computer e console mai esistiti nella storia sono oggi recuperabili e archiviabili proprio perché qualcuno li ha salvati e sprotetti.

Non puoi comprare molti retrogame (anche se Nintendo sovente ne mette alcuni nei servizi online della Switch e la moda del retrocomputing ha aperto il terreno per le riedizioni) e quando li trovi in archivi online dovrai per forza scaricare versioni craccate o copie dei manuali e dei sistemi di protezione per renderli utilizzabili.

E questo è un male: immaginate diverse opere d’arte del passato trovate chiuse in casseforti delle quali nessuno ha le chiavi o i codici.

Secondo Historical Games, diagramma dei giochi salvati solamente grazie a copie archiviate in Rete

E stiamo, si badi, volutamente escludendo i casi di “responsabilità di seconde parti”, come gli acquirenti del mercato dell’usato che rischiano di trovarsi console bannate, giochi bloccati perché usati come “matrici” per diffondere copie pirata e simili incidenti, o gli acquirenti di “keys”, chiavi per i negozi online ottenute a loro insaputa in modo “non troppo etico”.

Restiamo al caso plateale di antipirateria: un problema per i conservatori del futuro.

Ci sono negozi come GoG e Itch.io che offrono ad esempio giochi senza DRM, senza protezioni, basandosi su un “honor system”, o meglio sui vantaggi intrinseci dell’originale.

Ad esempio io stesso questa settimana ho provveduto all’acquisto di un titolo “DRM-free” per il Miyoo Mini + che ho recensito, ovvero “Goodboy Galaxy”, disponibile per l’ormai desueto GameBoy Advance e tutti gli emulatori in grado di usarne i titoli.

Per una trentina di euro da ragazzino ai tempi della pirateria in edicola probabilmente lo confesso avrei ceduto alle sirene della pirateria: oggi no, perché ad esempio l’acquisto mi ha reso proprietario di una serie di “feelies” e aggiornamenti a vita in caso di eventuali problemi riscontrati dall’autore, o quantomeno fino all’abbandono del progetto, impedendomi di cercare crack costanti a vita.

Screenshot da Goodboy Galaxy, gioco “vintage” acquistabile senza protezioni anticopia

Non sono l’unico: GoG si basa proprio su questo. Puoi ad esempio comprare Cyberpunk 2077 e Witcher 3, avere gli aggiornamenti e spesso le correzioni dei “bug del day one” (cosa che ha fatto molto scalpore per Cyberpunk), gli eventi stagionali e i DLC e tutti gli accessori di un’esperienza “premium”.

Oppure darti alla pirateria e ricominciare ad ogni aggiornamento.

La pirateria semplicemente diventa sempre meno conveniente, e questo non lo trovo un male: alla fine il gioco originale ti conquista grazie a intrinseci vantaggi.

Non minacce, non blandizie, non sensi di colpa: oggi compro un gioco per la comodità di aggiornamenti ed eventi online. Alla fine il crimine non paga: almeno non come un tempo.

E questo copre i mezzi anticopia: i tentativi per superarli?

Che ne pensate di un successivo articolo? Se siete arrivati sin qui, fatemi sapere nei commenti.

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