Un Blogger contatta le famiglie dei soldati russi, Anonymous pubblica messaggi inviati da soldati al fronte inconsapevoli di essere in guerra. Le due cose hanno in comune la costante e martellante campagna di disinformazione e fake news filocremlino.
Quella contro la quale è scesa in campo la stessa Unione Europea col blocco degli outlet di informazione filorussa.
Quella per cui, abbiamo visto la guerra non esiste, si tratta di “operazioni militari”, e quando i Russi scendono in campo non lo fanno mai per invadere ma per liberare, non per uccidere e spezzare vite ma per “denazificare” e in pieno stile Orwell il bispensiero diventa paradosso.
Paradosso nel quale Putin non-invade una non-nazione che ha disconosciuto allo scopo di liberare delle non-repubbliche non riconosciute da altri se non da lui, inviando un non-esercito per una non-guerra.
Gioco nel quale a colpi di atroci fake news si fa passare il messaggio di una Russia “vittimizzata” per una guerra che non esiste, arrivando anche ad inventare sul posto sanzioni inusuali e grottesche per demonizzare le sanzioni Europee e Americane.
Un blogger anzi un vlogger, V. Zolkin, ha quindi compiuto un esperimento. Dal suo canale YouTube ha contattato le famiglie dei soldati russi in Ucraina.
Poche semplici domande, tutte sulla falsa riga di “Ma lo sa che suo figlio è prigioniero in Ucraina?”
L’incredulità di chi credeva che i propri figli fossero andati per esercitazione, per “pacificare”. I commenti in cui si chiede la formazione di associazioni delle famiglie dei caduti.
E poi l’esibizione dei documenti che provano che sì, in Ucraina c’è una guerra. Una di quelle in cui se ti va bene non torni a casa perché sei stato catturato, se ti va male torni ma come un cadavere “legato stretto nella bandiera”.
Una di quelle guerre in cui abbiamo testimonianze di messaggi di madri che chiedono dove mandare “il pacchetto da casa” per sentirsi dire che no, ormai loro figlio è al fronte e non può ricevere “il pacchetto”.
Perché ricordiamo, sarà anche la guerra di Putin, ma chi muore al fronte sono giovani. Soldati spesso convinti, a causa della censura, di “portare la pace” e che invece si trovano coi piedi nel bollente sangue della guerra.
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