Il professionalismo è un’arte che non si inventa. Ogni professione, ogni arte, ogni mestiere dovrebbe privilegiare il professionalismo.
Non è una questione di kasta, non è una questione di “dar da mangiare ai mangiaroni professoroni”. È una questione ancestrale che colpisce il popolo della Rete da ancora prima che ci fosse una Rete. Quel male oscuro che si incarnava, in ere remote, nel ragazzino “tanto bravo a ripararsi la Vespa da solo” agitato come prova del complotto dei meccanici per truffare i loro clienti.
Nel complotto dell’Idraulico che “si prende tante lire per riparare un tubo che mio marito due martellate e l’acqua passa di nuovo”.
Ed all’epoca, era il male della folla.
Partiremo da un video additato da molti come un momento di tenerezza televisiva: il video anni ’80 di Björk che smonta una televisione incuriosita dal suo funzionamento invitando gli spettatori a “non accontentarsi delle spiegazioni dei poeti”
Problema: avete presente quella ventosa “che porta tutti gli elettroni” che Björk tocca come una ragazzina contenta di aver scoperto “una città dentro la TV”?
È un anodo, e il protocollo che ogni tecnico televisivo conosce prevede scaricare un condensatore prima anche solo di toccare la buffa ventosa.
Perché gli elettroni che tanto teneramente “vengono presi in carico”, se non prendi un cacciavite dal fusto lungo, lo attacchi con un cavo a morsetti alla trecciola della messa a terra saldata alla vernice conduttiva aquadag che ricopre il retro del tubo catodico e non metti quindi in contatto anodo e catodo cortocircuitandoli e scaricando la corrente residua in una scintilla sul cacciavite, la corrente potrebbe potenzialmente ammazzarti sul posto.
Il professionalismo, prima del passaggio dalle TV a Tubo Catodico a quelle a pannello LCD, poteva fare la differenza tra un tecnico in grado di riparare la TV ed un ragazzino che, dopo aver visto un paio di video, si sentiva pronto a beccarsi un arresto cardiocircolatorio rovinando le vacanze di tutta la famiglia.
Torniamo ora al 2019: abbiamo l’informazione ora e la controinformazione.
Abbiamo il giornalista, che deve, o quantomeno dovrebbe redigere le sue notizie usando le 5W. Chiedendosi Chi, Cosa, Dove, Come e Perché dietro ogni notizia, cercando la verità dei fatti. Come il tecnico che ripara le TV.
Ed abbiamo Goccediluna05, ragazzino un pochitto pazzerello laureando all’Università della Vita in “Prendiamo a calci i Perzoni Farzi” e fuoricorso da secoli perché “i professoroni non mi capiscono”, ed un corteggio di persone che, acquistato un microfono ed una webcam, sentono di dover e poter dire la loro. Di potere possono, siamo in democrazia.
Se poi finiscono attaccati alla corrente ad alta tensione, fatti loro.
I risultati, anche in questo caso, sono tragicomici ancorché non pirotecnici.
Li abbiamo visti anche recentemente: in questa settimana orde di cattivisti da tastiera, aspiranti influencer in servizio permamenente, hanno deciso che un profugo ritratto accanto a Richard Gere fosse in realtà un miliardario ricoperto da preziosi monili d’oro che la “veraggente gli invidia”.
Certo, in realtà dovremmo tutti sapere che un orafo per comprendere il valore di un monile ci mette tempo. Ha bisogno di complesse analisi, sovente ha un piccolo laboratorio apposta. La stima del valore di un monile, anche solo cursoria è qualcosa che non puoi fare ad occhio, specie da una foto sgranata.
Noi offriamo un testo completo con analisi tecniche e citazioni normative, quindi siamo kasta.
Il Tizio sulla Rete offre colorati audiovisivi ed una faccetta fresca e affascinante: lui è gente. Lui merita quindi ascolto.
Il tizio aveva deciso che il cellulare fosse costoso e che il tale non avesse biglietto.
Certo, sappiamo tutti che grazie all’applicazione per smartphone di Trenitalia puoi farti il biglietto online, ed abbiamo detto più volte che non puoi riconoscere un cellulare costoso da una foto sgranata.
E sappiamo che se un passante armato di cellulare può permettersi (ma anche no, tecnicamente non si dovrebbe poter scattare foto a sconosciuti senza consenso…) di scrivere cose come “Non mi interessa di nascondere la fisionomia del signore” e sbattere alla folla volti in chiaro, i tanto vituperati giornalisti sarebbero per questo rigidamente ed immediatamente sanzionati.
E la storia potrebbe andare avanti all’infinito: chiunque può procurarsi una telecamera, dichiararsi “controinformatore” e spargere notizie erronee se non autentici veleni.
Chiunque.
Esattamente come chiunque può aprire una TV a tubo catodico e smanacciarvi dentro rischiando di restarci attaccato, chiunque può dichiarare che esiste un complotto dei meccanici per farsi strapagare semplici riparazioni e poi schiantarsi contro un muro perché le riparazioni al sistema frenante non erano poi così efficaci.
Esattamente come chiunque può improvvisarsi una professionalità che non possiede e non detiene, danneggiando tutti.
Siamo alla devoluzione totale dell’Ipse Dixit Aristotelico.
La verità non è più funzione di un lavoro di ricerca, ma della simpatia del pubblico.
Un adagio molto seguito dichiara che scopo del vero giornalismo non è prendere due persone, chiedere loro che tempo fa oggi e scrivere
Tizio dice che c’è bel tempo, Caio dice che piove. Caio incontra la nostra simpatia, quindi piove
Ma aprire la finestra, stendere la mano, guardare il cielo e decidere.
Siamo arrivati purtroppo ad un gradino superiore dell’infamia: Sempronio che dopo aver raccolto il parere di dieci persone al diurno della Stazione Termini, discetta amabilmente del tempo da una stanza-bunker senza porte e finestre, ma lo fa con un piglio simpatico e spigliato, e tutti prendono l’ombrello e si mettono il cappotto per andare a giocare nella neve con la temperatura a 42 gradi.
E questo è un riassunto dei mali della controinformazione priva di professionalismo.
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