Beccati di nuovo con le mani nelle tasche dei cittadini, chiedono 20 milioni per farsi le Primarie è l’ennesimo meme a sfondo politico.
Credo che abbiate già appurato che quando vedete dei volti con una scritta sul fondo dovete sospettare la bufala. Se le scritte sono volutamente redatte in modo insinuante ed infamante per suggerire qualcosa che deforma la realtà, è sicuro che la bufala c’è.
Useremo un doppio tag, bufala/disinformazione per un solo motivo: i 20 milioni ci sono.
Ma non andranno al PD, non serviranno per le primarie, non vengono neppure “presi dalle tasche dei cittadini”. E qui potremmo chiudere l’articolo semplicemente ricordandovi che esiste un servizio per le segnalazioni in seno allo stesso PD.
Vi diremmo di mandarne copia lì, e saremmo a posto con la nostra coscienza.
Ma, come vi abbiamo spiegato un paio di volte, il Bene (ergo, il Fact Checking) non può agire come il Male (quindi chi condivide frettolosamente e senza verifica). Non è questione di volere: è questione di potere. Proprio non può.
Quindi, se altri fanno un meme e se la cavano con le paroline Beccati di nuovo con le mani nelle tasche dei cittadini, chiedono 20 milioni per farsi le Primarie, a noi tocca spiegarvi per filo e per segno cosa è accaduto.
La struttura è la stessa di sempre: formalmente, l’autore del meme non ha fatto niente di che.
Ha preso due volti, ha preso una mistificazione dei fatti reali, ed ha brutalmente insinuato che un atto che come vedremo è perfettamente lecito sia un illecito “mettere le mani in tasca ai cittadini” strumentale per l’utilità del solo PD.
Il resto? Lo farà l’esercito dei sovran-tastieristi, i famosi “cattivisti da tastiera in servizio permanente” fanteria della Rete con le mani sulla tastiera e l’insulto libero in canna.
Spoiler sulla vicenda: i venti milioni non vengono dalle tasche dei cittadini, non servono al PD per farsi le primarie ed anzi, non esiste una proposta in tal senso.
Proposta, leggerete in intestazione, a firma
d’iniziativa dei senatori PARRINI, MARCUCCI, FARAONE, CERNO, MALPEZZI, MIRABELLI, STEFANO, COLLINA, FERRARI, BINI, CIRINNÀ, VALENTE, ALFIERI, ASTORRE, BELLANOVA, BITI, BOLDRINI, BONIFAZI, COMINCINI, CUCCA, D’ALFONSO, D’ARIENZO, FEDELI, FERRAZZI, GARAVINI, GIACOBBE, GINETTI, GRIMANI, IORI, LAUS, MAGORNO, MANCA, MARGIOTTA, MARINO, Assuntela MESSINA, MISIANI, NANNICINI, PARENTE, PATRIARCA, PINOTTI, PITTELLA, RAMPI, RENZI, RICHETTI, ROJC, ROSSOMANDO, SBROLLINI, SUDANO, TARICCO, VATTUONE e VERDUCCI
Avete letto Zingaretti? No. Cominciamo bene. Davvero bene. Già il meme butta nel piatto qualcuno che neppure ha firmato la proposta.
Ma torniamo a noi: sostanzialmente la ratio legis, che è una parola figa per dire “La ragione di esistere” della norma è la seguente: al momento, in Italia, i partiti sono libere associazioni aventi la finalità di concorrere a determinare la politica nazionale, regionale e locale.
La loro natura legale è quella di associazioni riconosciute, dotate di personalità giuridica ai sensi dell’articolo 1 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 febbraio 2000, n. 361.
Depositi nome, simbolo, statuto e progetto politico e sei a posto: la tua avventura politica è cominciata qui.
Capirete che vi è un problema: l’articolo 49 della Costituzione è più una norma in bianco: ti dice sostanzialmente che
Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale
Ma il come nessuno l’ha mai spiegato. Si naviga a vista.
Di tanto in tanto qualcuno prova a porsi la domanda su come e se debba esserci un “metodo” per creare nuovi partiti che siano realmente trasparenti e democratici.
È accaduto nel 2012, quando fu Vizzini (PdL) a richiedere che qualcuno si ponesse il problema. Accade periodicamente nella breve ma travagliata storia della nostra Repubblica.
È accaduto anche due giorni fa. Ma fino a qualche anno fa non c’era una fronda cattivista in servizio permanente con le tastiere caricate a ehmallorailPD!?!?!?
Sostanzialmente, possiamo trarre dall’inevitabile relazione obbligatoria in ogni proposta di legge che i cattivisti non hanno letto le indicazioni per i più pigri
L’articolo 1 del disegno di legge definisce l’ambito di intervento. Esso reca disposizioni per la disciplina dei partiti politici, in attuazione dell’articolo 49 della Costituzione. Ad essi è affidata la definizione dell’indirizzo politico e la promozione della partecipazione attiva dei cittadini alla vita politica della Repubblica attraverso l’organizzazione sociale della rappresentanza politica, la formulazione dei programmi di governo e la presentazione di proprie liste di candidati alle elezioni delle istituzioni rappresentative nazionali, locali ed europee.
L’articolo 2 stabilisce che i partiti politici sono associazioni riconosciute aventi personalità giuridica acquisita ai sensi dell’articolo 1 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 febbraio 2000, n. 361, che reca le norme sui procedimenti di riconoscimento delle persone giuridiche.
L’articolo 3 del disegno di legge introduce i contenuti minimi necessari per lo statuto dei partiti politici, rispetto a quelli già stabiliti dall’articolo 3 del decreto-legge 28 dicembre 2013, n. 149, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 13, con la finalità di assicurare il pieno rispetto dei principi di democrazia interna e di trasparenza, promuovendo la partecipazione degli iscritti e le garanzie dei loro diritti all’interno della vita del partito.
L’articolo 4 riguarda il rapporto tra gli eletti e il partito nelle cui liste sono stati candidati. Un rapporto che comporta, anche quando l’eletto non sia un iscritto al partito, una sua responsabilità politica per le opinioni e i voti dati dall’eletto nell’esercizio delle proprie funzioni nei confronti della forza politica che ha contribuito alla sua elezione, candidandolo nelle sue liste o con il suo contrassegno. Allo stesso tempo l’articolo introduce espliciti divieti di regolare giuridicamente i rapporti tra gli eletti e il partito allo scopo di vincolarne il mandato: una prassi che si sta rapidamente diffondendo negli ultimi anni in molti partiti e che risulta in grave contrasto il principio contenuto nell’articolo 67 della Costituzione.L’articolo 5 richiede un’apposita sezione del sito internet di ciascun partito politico denominata « Trasparenza », nella quale rendere accessibile tutti i dati richiesti dall’articolo 5, comma 2, del decreto-legge n. 149 del 2013. In particolare questa disposizione prevede che nei siti internet dei partiti politici siano pubblicati gli statuti dei partiti medesimi e, dopo i controlli di regolarità e conformità, il rendiconto di esercizio corredato della relazione sulla gestione e della nota integrativa, la relazione del revisore o della società di revisione, ove prevista, nonché il verbale di approvazione del rendiconto di esercizio da parte del competente organo del partito politico.
Gli articoli 6 e 7 contengono, allo scopo di incentivare nei partiti la pratica del metodo democratico di cui all’articolo 49 della Costituzione anche per la selezione dei candidati alle elezioni delle istituzioni rappresentative, norme volte a regolare la facoltà dei partiti e dei movimenti politici che presentano proprie liste elettorali e propri candidati, di chiedere l’indizione di elezioni primarie trasparenti e di indire assemblee generali rappresentative degli iscritti finalizzate alla selezione delle candidature.
Questo disegno di legge, benché non sufficiente, è oggi necessario a creare le condizioni di una riabilitazione dei partiti quali strumenti, come vuole la Costituzione, dei diritti dei cittadini a concorrere a determinare la politica nazionale e a formare gli organi di governo: possiamo infatti ben dire che la qualità delle forme istituzionali di una democrazia è determinata dalla qualità delle forme organizzative dei partiti, cioè dalla democratizzazione della loro vita interna e da un loro rinnovato rapporto con la società.
Le primarie appaiono solo negli articoli 6 e 7, che sostanzialmente non stabiliscono, come inferito dall’ente, l’obbligo per lo Stato di “pagare le primarie al PD”, ma l’obbligo per tutti i partiti politici di adottare sistemi di selezione dei loro “leader” affini alle primarie.
Ma non bruciamoci le tappe. Andiamo passo passo.
L’articolo 1 è una norma introduttiva, di raccordo. Definisce il nuovo concetto di partito secondo la norma, che diviene o le associazioni, i movimenti e i gruppi politici organizzati che partecipano alle competizioni elettorali. Tutti i partiti sono tenuti a dotarsi di uno statuto, redatto in conformità agli articoli 2 e 3, che promuova la partecipazione degli iscritti alle scelte politiche del partito e ne garantisca un funzionamento interno democratico.
E definisce al comma 4 alcune strutture che tutti i partiti dovranno avere. Tutti.
Tutti i partiti, sostanzialmente, riceveranno dalla Repubblica spazi pubblici per lo svolgimento delle assemblee degli iscritti finalizzate alla selezione democratica delle candidature per le elezioni degli organi comunali e del Parlamento nazionale, nonché dei membri del Parlamento europeo, spazi gratuiti presso la RAI, purché in regola con la trasparenza.
L’articolo 2 ricorda infatti che i partiti poco trasparenti e non in regola con lo statuto saranno tagliati fuori dal 2 per mille, questo per non invogliare la confusione tipica italiana.
L’articolo 3 scende nel dettaglio sul contenuto essenziale che secondo chi ha proposto la legge, che, ricordiamo, è solo una proposta, dovrà avere lo Statuto dei singoli partiti.
Ed è un elenco bello lungo, ma degno di essere esaminato, per il quale vi rimandiamo al testo. È sostanzialmente uno statuto che dovrà indicare con precisione assoluta i principi politici del partito e le forme di garanzia del rispetto, l’elenco di organi dirigenti e rappresentativi con competenze, modalità di elezione e tempo di durata del loro mandato, la puntuale indicazione e trasparente delle procdure di approvazione degli atti, i diritti ed i doveri degli iscritti con facoltà di conoscere per il rifiutato le ragioni del rigetto e proporre ricorso agli organi di garanzia, una anagrafe degli iscritti consultabile secondo Privacy, e garanzie per la libertà di pensiero e voto del singolo iscritto.
In questa struttura centrali divetano il collegio dei probiviri, l’organo interno di garanzia del partito, qualora vi siano procedure elettroniche, le stesse saranno consentite su piattaforme online di comprovata integrità, autenticità e segretezza con rispetto dei diritti e della libertà degli iscritti di ottenere ogni garanzia del vigente GDPR.
Questo comma in particolare appare come una stoccata ai problemi patiti da Rousseau, accusato dalla stampa di poca trasparenza per la gestione degli attacchi hacker di cui fu vittima.
Ma non solo al digitale punta la riforma, ma lo statuto dovrà comprendere anche modalità di tutela delle minoranze interne e la nomina di un comitato di tesoreria composto da soggetti in possesso dei requisiti di onorabilità previsti per gli esponenti aziendali delle banche, con il compito di coadiuvare il tesoriere nello svolgimento delle sue funzioni di indirizzo e verifica rispetto alla gestione contabile, alle fonti di finanziamento e all’allocazione delle risorse finanziarie.
Ancora una volta, si affronta uno degli argomenti di punta dello scollamento partiti-cittadini: ironico che un meme che accusa il PD di voler mettere le mani in tasca ai partiti abbia, tra i punti nel suo centro focale, l’obbligo di assoluta trasparenza e l’introduzione di un vero e proprio comitato di tesoreria.
L’articolo 4 contiene il vero e proprio veleno nella coda
1. L’eletto del partito alle elezioni comunali, regionali e per il rinnovo del Parlamento nazionale, nonché dei rappresentanti dell’Italia al Parlamento europeo, anche se non iscritto al partito, è politicamente responsabile per tutta la durata del mandato delle opinioni espresse e dei voti dati nell’esercizio delle funzioni rappresentative, oltre che nei confronti degli elettori del collegio o della circoscrizione nella quale è avvenuta la sua elezione, nei confronti del partito che lo ha candidato nelle sue liste o con il suo contrassegno.
2. È fatto divieto al partito di inserire nello statuto, nel codice etico, in altri documenti che regolano i comportamenti degli eletti o in accordi fatti sottoscrivere ai propri candidati o eletti nelle proprie liste o con il proprio contrassegno:
a) norme o clausole volte a vincolare le opinioni o i voti dati dall’eletto nell’esercizio delle proprie funzioni;
b) norme o clausole che obbligano l’eletto a erogare un contributo economico a soggetti che svolgono attività di supporto organizzativo, finanziario, comunicativo o culturale al partito o ai gruppi parlamentari o consiliari riconducibili al partito;
c) norme o clausole che obbligano l’eletto a pagare somme a titolo di penale o di risarcimento al partito o ai soggetti ad esso collegati di cui alla lettera b), in caso di espulsione, abbandono, dissenso politico o dimissioni dai gruppi parlamentari o consiliari riconducibili al partito.
Una vera e propria pietra tombale sul dibattito aperto dal 2018 sulla possibilità per i partiti di chiedere revisioni al divieto di vincolo di Mandato.
Può sostanzialmente un partito politico che voglia definirsi tale criminalizzare il dissenso sanzionando la scelta di votare in voto difforme dai suoi compagni di partito o dalle direttive di scuderia?
Può un parlamentare erogare contributi economici al partito di riferimento sotto pena di sanzioni?
Può il consenso di un parlamentare essere coartato dalla presenza di penali?
Secondo chi ha proposto questa norma no, non può.
Il divieto di vincolo di mandato contenuto nella Costituzione viene cristallizzato in una norma chiara ed assoluta: l’eletto, sia pur eletto “sotto l’egida di un partito”, diventa rappresentante degli Italiani tutti, sottoposto quindi alla sua coscienza di italiano ed a nessun altro.
E con questo, arriviamo al punto finale di questa esposizione, quanto detto dal meme
Perché non paghi le primarie del PD, scusa.
Costringi i partiti, vedi articolo 5, a munirsi di un’apposita sezione, denominata « Trasparenza », che rispetti i princìpi di elevata accessibilità, anche da parte delle persone disabili, di completezza di informazione, di chiarezza di linguaggio, di affidabilità e di semplicità di consultazione. In tale sezione è pubblicato lo statuto, dando particolare evidenza alle modalità democratiche delle quali il partito si serve per la selezione delle candidature.
E soprattutto, costringi tutti i partiti a munirsi di Primarie, che vanno indette in accordo con l’ufficio elettorale competente.
Quindi non assisteremo più allo spettacolo dei “banchetti del partito”, oppure alle Parlamentarie su Rousseau, ma a vere e proprie tornate elettorali con seggi, scrutatori, un regolamento pubblico e validato, il cui costo finale non può superare un quinto delle spese previste per la partecipazione alle elezioni stesse.
No, affatto. Sapete cosa sono le coperture finanziarie?
La spiegazione richiede una digressione. Sostanzialmente, la nostra Costituzione, quella che chi sta divulgando questo meme evientemente non ha letto, ci ricorda che all’articolo 81 “ogni altra legge che importi nuove o maggiori spese deve indicare i mezzi per farvi fronte”.
È un obbligo di legge, non è un “mettere le mani in tasca”.
Se fai una legge, ovviamente fare quella legge costerà qualcosa. Qualcosa che in questo caso, come avrete ben letto, non sono le primarie del PD, ma è un complesso di attuazioni.
L’istituzione di spazi pubblicitari paritetici per tutti i partiti sulla RAI, la vigilanza sul fatto che tutti i partiti si muniscano di sistemi di trasparenza e li applichino, gli Election Day citati con le primarie di tutti i partiti.
Naturalmente questo potrebbe comportare degli esborsi economici. Quindi la norma non ti dice che toglieremo i soldi ai cittadini. Ti dice che secondo i preponenti della stessa i soldi ci sono già.
E vengono dagli interventi di razionalizzazione della spesa pubblica, con clausole di salvaguardia in caso di buco che escluderanno i redditi di lavoro dipendente e autonomo, le pensioni, la famiglia, la salute, la tutela delle posizioni economicamente svantaggiate, dell’ambiente e della cultura.
Clausola di stile: se non di buon senso. Nessuno ha mai chiesto a nessuno soldi che non ci sono.
Quindi…
È stato un lungo viaggio, ed abbiamo fatto chiarezza. La proposta di legge potrebbe anche non passare: se non passerà, comunque questo meme non resterà meno mistificatorio ed inesatto, e come tale andrebbe segnalato.
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