Basi USA in Italia? Facciamo differenza fra base, deposito e il balcone di zia Cesira
Ci segnalano i nostri contatti una serie di meme e immagini con “140 basi USA in Italia” e in giro per l’Europa, spesso legate alla propaganda filorussa dell’Occidente “servo degli USA e nemico dell’ex URSS in modo ingiusto”
In realtà ci sono circa 120 strutture NATO (gestite dagli Stati Uniti e controllate dall’Italia in cui operano militari Statunitensi), 20 basi segrete per motivi di sicurezza, e parliamo di nove basi ed installazioni militari con personale statunitensi (comprese quelle NATO), con circa 13 000 militari, nonché una pletora di altre installazioni.
Basi USA in Italia? Facciamo differenza fra base, deposito e il balcone di zia Cesira
Per chiederci perché tante installazioni dobbiamo dapprima aprire tutti assieme un libro di storia: nonostante una nota battuta parli dell’Italia come “l’unico paese ad aver pareggiato in un conflitto mondiale”, di fatto l’Asse ha perso la Seconda Guerra Mondiale.
Ci è andata molto meglio che al Giappone, che tutt’ora non può tecnicamente avere un vero esercito ma solo delle Forze di Autodifesa e vide un forzato processo di democratizzazione strapparlo da un passato militarista e colonialista ed alla Germania, per decenni scissa in Germania dell’Est e dell’Ovest.
L’Italia si ritrovò nell’inedita situazione di “alleata degli Alleati” dopo l’Armistizio dell’8 Settembre 1943, cosa da non considerarsi priva di peso.
Inoltre, geograficamente, l’Italia è stata per tutto il dopoguerra una vera e propria “terra di confine” a due passi dalla “Cortina di Ferro”, ultimo lembo di terra prima di arrivare alle zone di influenza di Varsavia nonché politicamente sede di uno tra i principali partiti comunisti di Europa.
Tutto ciò premesso, non parliamo di “basi militari e basta”, ma nel numero è necessario inserire diverse strutture tra strutture tra centri di ricerca, depositi, poligoni di addestramento, stazioni di telecomunicazione e antenne radar sparpagliate sul territorio, come quelle relative a Diana, la startup che si occupa di promuovere l’uso di tecnologie centrali nel mondo moderne e minacciate dalla c.d. “Guerra Ibrida”, come intelligenza artificiale, quantum computing, dalla sicurezza informatica, telecomunicazioni e biotecnologie
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