Mal comune, mezzo gaudio, recita un antico proverbio che troppi, acriticamente, stanno usando per definire la situazione tedesca. Aumenta la diffusione del virus in Germania dovrebbe essere una notizia che suscita bisogno di approfondire, come del resto abbiamo fatto per la Spagna. Studio, approfondimento per capire come gestire una fase 2 che stenta a decollare e come ripensare i rapporti umani e sociali al tempo del COVID19.
Non un carnascialesco ed odioso godimento come quello che riscontriamo in troppe leggere condivisioni, anche autorevoli, al grido di
Ah, ah, i crucchi stanno morendo perché non fanno come noi che col lockdown stiamo bene e loro stanno male, se lo meritano
Ma una seria ed acuta riflessione.
Oggettivamente, è innegabile, aumenta la diffusione del virus in Germania con la riduzione delle misure di lockdown. Non possiamo dire altro ehi, se non fosse per la necessità di approfondire la chiuderemmo lì.
E vi renderemmo un odioso disservizio.
Innanzitutto perché la risalita tedesca, va detto, ha riportato il famoso indice di contagio a quota 1.0 di media, con oscillazione dallo 0,8 allo 1,1, iniziando l’uscita dal Lockdown con un indice di 0,7.
Per capirci, al momento in Italia siamo allo 0,5-0,7 circa.
Per capirci, nell’attuale situazione tedesca ogni malato può probabilmente contagiare un’altra persona, in Italia una su due.
Ma le affermazioni dell’Istituto Koch alla base dello scenario dell’Apocalisse Tedesca vanno, come ribadito dallo stesso direttore dell’istituto
non decontestualizzate ed analizzate assieme ad altri dati
Di che dati parliamo? Il numero di nuove infezioni giornaliere che si attesta a circa mille nella scorsa settimana, in controtendenza rispetto a cifre più grandi di quattro volte.
E il fatto che tale numero consenta di lanciare una campagna di tracciamento dei contagi, già presente in Germania e sospesa a Marzo a causa della crescita dei contatti (motivo, questo, del lockdown in prima battuta).
Nonché il fatto che i picchi siano localizzati in taluni lander e non altri, come Berlino, Brandeburgo e NRW, nonché nelle case di riposo.
Cosa, purtroppo, già tenuta di conto dall’esperto convocato da Angela Merkel, il virologo Christian Drosten, che riguardo alla possibilità di un lockdown prolungato dichiarava
Esiste un gruppo di tecnici teorici in Germania che ha suggerito che prolungando il Lockdown per altre poche settimane avremmo ridotto la diffusione del virus al 0,2. Io sono anche favorevole a supportarli, ma non riesco a farmi un giudizio preciso. Il tasso di contagio è una media, una stima, un indice. Non ti dice quali sono le sacche di diffusione prevalente, come le case di riposo, dove ci vorrà più tempo per sconfiggere il contagio, e dove potremmo vedere un ritorno del virus anche se il lockdown fosse esteso.
Grandi problemi che non possono richiedere soluzioni rapide, guardando al nudo numero come l’aruspice indovino dell’Antica Roma guardava al volo degli uccelli ed alle interiora delle capre.
Aggiungendo, non più come virologo ma come essere umano
Mi preoccupano assai di più [delle minacce] le altre lettere, le lettere di famiglie con figli preoccupate per il futuro. Non è colpa mia, ma quelle lettere mi tengono sveglio ogni notte.
Un lockdown sostanzialmente non lo decidi sul mero indice di contagio, ma sulla capacità di una società di gestire l’infezione.
Dall’analisi in scala logaritmica vediamo che, anche con la risalita dell’indice di contagio, la Germania si affianca alla Francia ma restando al di sotto del dato Italiano di fase 1.
Cosa che porta il citato Wieler a definire la situazione attuale non già una sconfitta ma un fragile successo che va difeso.
Ad ogni costo, se necessario.
La posta in gioco non è scontata: con un tasso di contagio di 1, la sanità tedesca può far fronte all’epidemia.
Perché il punto del contenimento e della mitigazione non è mai stato “sconfiggere il virus”, cosa possibile solamente con una vaccinazione di massa, ma convivere con esso col numero minore di danni.
Con un tasso di uno circa, dicevamo, la convivenza è precaria ma possibile. Ci sono abbastanza risorse in terapia intensiva per curare i malati.
Con un tasso appena inferiore, dello 1,1, ammettendo che resti costante e non ridiscenda il collasso del sistema ospedaliero arriverebbe ad Ottobre, con un tasso del 1,2 a Luglio e del 1,3 a Giugno.
E come si dice in questi casi, un’oncia di prevenzione fa più di tonnellate di terapie d’urto.
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