Editoriale

Attenti alla traduzione: Trump viola l’Espionage Act non significa “indagato per spionaggio”

Attenti alla traduzione: Trump viola l’Espionage Act non significa “indagato per spionaggio”. Questo l’allarme giustamente lanciato da Licia Corbolante, specialista di gestione e ricerca terminologica.

Attenti alla traduzione: Trump viola l’Espionage Act non significa “indagato per spionaggio” (da un tweet di Licia Corbolante)

Secondo la stampa nazionale l’Espionage Act infatti comporta una accusa di spionaggio.

Ma l’effettiva portata delle accuse lanciate al Tycoon è diversa. E non è lana caprina precisarla: rientra esattamente in quel miscuglio di tragico e grottesco che ha contraddistinto l’intera carriera politica del Magnate.

Magnate passato in scioltezza dall’essere associato ad una delle pagine più nere della storia Americana Contemporanea come l’assalto dei QAnon al Congresso ad alcune delle pagine più risibili e tragicomiche.

Come la conferenza stampa tenuta al Four Seasons (il negozio di giardinaggio all’angolo tra le pompe funebri e il sexy shop, non la celebre catena di alberghi di Lusso…) e la mancata restituzione della “valigia atomica”, il radiotelefono usato per comunicare in caso di attacchi atomici, col codazzo di QAnon pronti a implorare Trump di telefonare al Dipartimento della Difesa facendo “l’accento Svedese” per implorare di bombardare Biden.

In realtà il percorso logico e linguistico della dottoressa Corbolante si sposa col percorso giuridico.

Attenti alla traduzione: Trump viola l’Espionage Act non significa “indagato per spionaggio”

Le parole sono importanti: l’Espionage Act non comprende solo lo spionaggio deliberato, ma anche un caso assai simile alla storia della “valigia atomica”.

Ovvero la mancata restituzione di documenti sensibili e di importanza capitale per la sicurezza nazionale.

Più che lo spionaggio l’Espionage Act copre anche i casi in cui un soggetto che non è più titolato a farlo conserva l’accesso pieno e completo a documenti di rilevanza nazionale.

Documenti che secondo i capi di accusa imputati Trump non ha mai consegnato agli archivi nazionali, ma si è tenuto per sè fino a portarli alla sua dimora di Mar-a-lago.

Qualcosa decisamente molto più grave dell’impiegato che si “porta a casa” tutto quello che trova in ufficio e non è inchiodato alle pareti.

Secondo Politico tra gli oggetti che Trump si sarebbe tenuto per ricordo ci sono oggetti strani e curiosi come palle da tennis e un impermeabile, ma anche i documenti classificati e rilevanti di cui si parla.

Documenti dei quali sono state riconsegnate quindici scatole a Gennaio, ed aveva dichiarato a Giugno di aver riconsegnato tutto il resto.

Giustificando però l’ingombrante presenza dei documenti riservati ancora in suo possesso con una a dir poco apodittica assicurazione di aver tolto quella riserva.

Il problema in questo caso non è quindi in un’opera di elevato contropsionaggio, ma nella tragicomica realtà di qualcuno che presidente non è che decide di trattare la Cosa Pubblica come “roba sua” conservando l’accesso a documenti di cui ha perso lo stesso col mandato.

L’apertura di un procedimento penale, a questo punto altamente probabile, pianta un ulteriore chiodo nella bara della “cospirazione di QAnon”, che vede invece Trump essere una sorta di “occulto padrone del mondo” che governa gli USA dietro le quinte.

Immagine di copertina di Licia Corborante

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