Arnold Schwarzenegger si appella al popolo Russo, e non è la prima volta che lancia ai social, come un moderno messaggio nella bottiglia, messaggi con storie di vita e racconti gentili.
Una sorta di “Discorsi del Focolare 2.0”, ironico per un uomo che per la sua provenienza non potrà diventare Presidente degli Stati Uniti, ma che parla con carisma e gentilezza.
E questa volta si rivolge al popolo Russo. Convinto, come del resto Anonymous e molti altri prima di lui, che non siamo di fronte alla guerra della Russia contro l’Ucraina, o di una terza guerra mondiale. Ma di fronte alla guerra di pochi uomini contro il mondo, all’ambizione di Putin e degli Oligarchi che scaglia i russi contro ucraini, e isola i russi stessi rinchiudendoli in una cortina di censura e aizzandoli contro il mondo.
Cortina che Arnold Schwarzenegger non vuole spezzare con la violenza, ma col dialogo. Affidando un messaggio dove la censura non potrà cancellarlo, nel mare magno di Internet.
Messaggio in inglese, sottitolato in Russo. Nel linguaggio solido e colloquiale che abbiamo già visto quando Schwarzenegger affrontò di petto la violenza dei QAnon e la disinformazione dei novax.
Arnold Schwarzenegger si appella al popolo Russo esattamente come ha fatto in quegli altri casi. Senza parole di condanna per il pubblico, ma individuando lucidamente cause e responsabilità.
Come riuscì a trovare anche pietà per le vittime della macchina del consenso trumpiana, ricordando che anche nella Germania nazista spesso i soldati venivano mandati a morire senza un perché, resi folli dalla propaganda e mutilati sui campi di guerra. E come riuscì a ricordare che tra i novax c’è anche gente caduta nella disinformazione perché non ha potuto avere informazioni.
E ora, tocca al popolo russo.
E Schwarzenegger lo fa con una storia, nella quale ritorna la controversa figura paterna descritta nei primi video. Un soldato austriaco, profondamente traviato e cambiato dalla propaganda nazista, partito padre amorevole e responsabile e tornato relitto umano violento e ubriaco dal corpo straziato dalle ferite della guerra e dalla mente devastata dall’orrore.
Un rischio che, Schwarzenegger sa bene, rischiano centinaia di padri quando qualcuno incita la guerra.
Ma la storia comincia da un ragazzino di 14 anni. Il giovane Schwarzenegger. Che in mille storie della sua vita, senza l’arroganza che la sua fama potrebbe far pensare, ha sempre amato descriversi come un ragazzino non colto, non ancora vigoroso, pronto ad osservare il mondo con l’inconsapevolezza di chi ha tanto da imparare e la felicità di incontra ancora cose nuove.
E tra le cose nuove ci sono anche persone nuove, come Jurji Vlasov, campione di sollevamento pesi, scrittore e politico fortemente critico di PCUS e KGB.
Schwarzenegger, ragazzino di 14 anni, descrive l’emozione di aver incontrato un campione e come abbia aspramente litigato proprio con quel padre vittima della propaganda per tenere con se una foto di Vlasov come ispirazione per la sua carriera agonistica.
Da un lato un pade mandato a morire in Russia e tornato devastato nel corpo e nella mente, dall’altro un ragazzino che sapeva che ad un certo punto le bandiere non contano.
Vlasov non era “un russo”, era un campione ed una persona di pregio. Non c’era bisogno di cercare un idolo tedesco o austriaco. Bastava Vlasov, che incontrò ancora nella vita, descrivendolo come buono e gentile.
Questa volta, non più come un bambino ancora ignorante del mondo, ma come un adulto pronto a capire.
A capire che il collegamento tra il discorso sul Campidoglio USA e l’appello al popolo Russo contro la guerra non è solo nei modi, ma anche tematico.
Schwarzenegger denuncia in entrambi i casi un governatore che ha usato la propaganda per creare un nemico, e con dure parole di odio ha stimolato azioni violente.
“Io lo so che il vostro governo vi ha detto che c’è una guerra per denazificare l’Ucraina. Denazificarla! È falso! L’Ucraina ha un presidente ebreo, un presidente ebreo che ha perso tre zii uccisi dai nazisti. L’Ucraina non ha cominciato questa guerra. Neppure i nazionalisti o i nazisti l’hanno fatto. L’ha fatto chi è al potere al Cremlino. Questa non è la guerra del popolo Russo”.
Il duro ma gentile discorso di Schwarzenegger ricorda ai russi il bombardamento di Mariupol, sia quello che ha distrutto l’Ospedale Pediatrico che quello che ha distrutto un teatro pieno di innocenti, tra cui bambini.
Ma non ha condanna per i soldati: anche suo padre lo era, e come molti soldati russi adesso non conosceva le conseguenze delle sue azioni e non le ha conosciute fino a ritrovarsi col corpo devastato dalle schegge metalliche e dalle pallottole.
Li invita a cessare una guerra fratricida, gli dona la consapevolezza che ogni bomba non è contro un “nemico”, ma contro bambini e civili in un costante fratricidio.
E neppure la condanna per Putin è rabbiosa: anzi sembra quasi pregarlo di cessare una guerra che lui stesso ha iniziato, dedicando non biasimo, ma plauso per gli unici eroi di questa guerra.
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