Approvazione lampo per il DDL Pirateria, che passa in Senato con 140 voti favorevoli e nessun contrario nel testo licenziato dalla Camera il 22 marzo e senza emendamenti (gli emendamenti Lotito, pensati per migliorare l’efficacia della norma, arriveranno in seguito sotto forma di ordini del giorno).
Manca solo il passaggio in Gazzetta Ufficiale e la norma entrerà in vigore: l’obiettivo è il contrasto della pirateria. Come vedremo, il nodo focale è la forma ormai tipica della pirateria italiana: il “pezzotto” dell’abbonamento in streaming, erede del “pezzotto del satellite” di una ventina d’anni fa.
Secondo gli ultimi dati FAPAV infatti i film sono ancora il contenuto più piratato in assoluto, ma tallonati a ruota dallo streaming sportivo. Sostanzialmente i motivi per cui un tempo la tipica operazione di sequestro comportava l’acquisizione di schede satellitari clonate, talora su anonime schede con chip, talora su bizzarri accrocchi con circuito stampato e integrati che sbucavano fuori dallo stampato, riprogrammabili alla bisogna.
Nel mondo dematerializzato, ora è tutto facile come procurarsi chiavi di accesso a prezzi scontati da utenti truffaldini che da un solo abbonamento mettono insieme intere reti di “condivisione impropria” lucrando sugli “account di seconda mano”.
I condivisori potranno quindi patire pene fino ai tre anni di reclusione, l’utente finale multe fino a 5000 euro.
Entro sei mesi l’AGCOM dovrà munirsi (con copertura finanziaria già prevista fino al 2032 per l’inserimento di dieci persone nell’organizzazione) di un sistema di controllo tale da poter intervenire sui provider per l’oscuramento delle piattaforme pirata entro 30 minuti dalla segnalazione, con disabilitazione di nomi di dominio e indirizzi IP.
I pareri positivi di ANICA, DAZN e Lega Serie A dimostrano l’obiettivo primario della riforma: lieve la diffidenza delle agenzie di Telecomunicazione, inclini alla collaborazione ma desiderose di essere sollevate dai costi di applicazione della piattaforma.
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