C’era una volta una bufala, quella di “Facebook a pagamento“. Dal 2015 la bufala ci insegue in tutte le salse, con improbabili testimonial (come dei non meglio precisati “Carlos” e “Mark”, la bufala ha fatto il giro della Rete mescolandosi a mille altre narrazioni simili
La variante che ci è stata sottoposta è infatti un miscuglio di due bufale diverse: la bufala di Facebook a pagamento e la bufala del “Non autorizzo a condividere”.
La narrazione sostanzialmente dichiara che un non meglio precisato “Larry” e diversi avvocati avrebbero consigliato di cancellare Facebook, perché gli account saranno “dirottati” e chi resterà connesso dovrà pagare un abbonamento mensile di 5 dollari circa nonché rischiare che i suoi post e le sue foto possano essere usati “in cause legali contro di loro” a meno che non postino un tragicomico divieto all’uso diretto a Meta.
Noterete che il canale che avrebbe trasmesso la notizia, “Channel 4 News” non esiste.
Questo è il segnale che la prima parte della bufala, quella dell’imminente pagamento, è riciclata da una bufala ormai ultraventennale che risale ai tempi di MSN Messenger, l’antenato di Skype.
Antenato che usava un codice cromatico per segnalare la disponibilità ad essere contattati: rosso significava “connesso ma non vuole/può essere raggiunto”, giallo significava “Occupato, potrebbe non rispondere” e verde “contattabile”.
Si diffuse la leggenda di un fantomatico “colore blu”, che avrebbe consentito all’utente una lunga serie di benefici che oggi attribuiremmo ad un account “professionale” nonché l’immunità da presunti passaggi a pagamento dell’applicazione, ottenibile inoltrando catene di S. Antonio a tutti i propri contatti.
La bufala semplicemente si è trasferita dal defunto MSN Messenger a Facebook.
Arriviamo così alla seconda parte
Se sinceramente siete convinti che basti “non autorizzare Meta” ad usare i vostri contenuti contro di voi, siamo i primi a dirvelo. Sì, questa è una bufala, ma vi preghiamo per il vostro bene di cancellare immediatamente il vostro account, restituire in negozio PC e cellulare, comprare un “feature phone” senza servizi social perché non siete degni di avere accesso ad Internet e fareste danno.
Ipotizzate il tragicomico scenario auspicato del complottista furioso che dopo aver minacciato diverse persone su Internet, decida di postare il messaggio con cui “Non autorizzo Facebook a usare questi contenuti contro di me”
Ovviamente le persone che ha insultato lo portano in tribunale. Questo si presenta in aula e, contro il parere del suo legale e credendo di trovarsi in uno di quegli episodi di Forum con le “cause a catena” esclama convinto
“Eh, ma io non ho autorizzato Facebook a usare le foto e i contenuti contro di me! È una violazione della privacy quindi io denuncio a catena Mark Zuckerberg, il Giudice e quello che mi ha denunciato, sì, quello che ho minacciato di morte ed a cui ho detto le peggiori infamie che mica l’avevo autorizzato a querelarmi!”
Secondo voi quante possibilità ci sono che la sua piccola “operazione speciale” riesca e non lo trascini nel ridicolo aggravando la sua precaria situazione?
Vi ricordiamo che nessuna condivisione cancellerà i termini e le condizioni di uso che avete sottoscritto, e neppure le leggi.
Se quindi non gradite che un contenuto condiviso diventi pubblico, l’unica cosa sensata da fare è modificare le regole della privacy del messaggio da “Tutti” a “solo amici” o non condividerlo affatto.
Se temete che quello che state pubblicando possa avere conseguenze penali, probabilmente non dovreste pubblicarlo affatto.
Facebook non diventerà a pagamento nei modi descritti dalla fake news, e non esistono condivisioni “magiche” che rendono immuni dalle conseguenze penali delle proprie azioni.
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