La bomba è scoppiata il 17 ottobre (giorno nefasto) in serata: il decreto fiscale è stato, a detta del Vicepremier, Ministro del Lavoro, Luigi di Maio, manipolato da una misteriosa manina invisibile
Ma andiamo con ordine e proviamo a raccogliere tutti gli elementi possibili
Semplicemente avrebbe introdotto una vera e propria sanatoria fiscale e contributiva: tetti più alti, possibilità di sanare anche l’Iva e, soprattutto, colpo di spugna su una serie di reati tributari e sulla disciplina del riciclaggio e dell’autoriciclaggio. Tutto nell’articolo 9 del testo dedicato alla celebre “dichiarazione integrativa speciale”, che, come ricorda Repubblica
permette di sanare pagando il 20 per cento delle imposte emerse dal nero e dunque è un condono a tutti gli effetti.
Il testo dell’articolo incriminato recita infatti
Fino al 31 maggio 2019 i contribuenti possono correggere errori od omissioni ed integrare, con le modalità previste dal presente articolo, le dichiarazioni fiscali presentate entro il 31 ottobre 2017 ai fini delle imposte sui redditi e relative addizionali, delle imposte sostitutive delle imposte sui redditi, delle ritenute e dei contributi previdenziali, dell’imposta sul valore degli immobili all’estero, dell’imposta sul valore delle attività finanziarie all’estero, dell’imposta regionale sulle attività produttive e dell’imposta sul valore aggiunto. L’integrazione degli imponibili è ammessa nel limite di 100.000 euro per singola imposta e per periodo di imposta e comunque non oltre il 30 per cento di quanto già dichiarato”.
Una possibile traduzione dal legalese tecnico, condivisibile, la offre il Corriere dell’Umbria
E’ un condono, vale anche per le attività finanziare detenute all’estero (è scritto a chiare lettere), ma non è un grande condono. Non vale per evasori fiscali totali, nè per grandi evasori. Si applica a chi ha presentato una dichiarazione pagando il 43% di tasse su un reddito massimo di 333 mila euro nell’anno. Se in quella dichiarazione si è dimenticato di inserire da o a 100 mila euro, può farlo ora volontariamente come si fosse trattato di una banale dimenticanza e pagare il 20% di tasse sulla cifra “scordata”. Chi lo fa? Chiunque ha dichiarato un reddito vero che però arrotondava in nero. Quindi dal professore di scuola che arrotondava con le lezioni private al commerciante o al professionista che fatturava i due terzi di quanto davvero incassato e teneva in nero l’altro terzo. A patto però che tutto questo fosse inferiore ai 500 mila euro. Esempi? Il tale esercizio che fatturava sempre ma ad alcuni diceva: “dottore, vuole la fattura? Fa 100. Non le serve? Allora le faccio un po’ di sconto, me ne paga solo 70 e me li dà in contanti….”. Ovviamente chi ora vuole aderire al condono se la cava con quel 20%, ma comunica al fisco che lui abitualmente faceva fino a un terzo di nero. E il fisco dal prossimo anno lo marca stretto: se ci riprova a fare il nero, lo pizzica e sono dolori veri.
Insomma, un minicondono che sana il malcostume tipico dell’Italiano medio che considera l’IVA un orpello da offrire come sconto “senza fattura”, e che l’attuale formulazione dell’articolo 9 consente di sanare.
Ricordando comunque che non è una sanatoria in perpetuo, in quanto l’evasore confesso e pentito resterebbe comunque “marchiato a vita” e castigato in caso di recidiva.
Bella domanda.
Di Maio stesso precisa di non avere ragioni di dubitare della Lega Nord, con la quale si sono stretti la mano.
La Lega Nord precisa, da fonte AGI
“Non vi sono state modifiche, né manipolazioni, il testo de decreto fiscale è quello condiviso da entrambi i partiti di maggioranza”. È quanto si sostiene in ambienti leghisti, dopo che il vice premier Luigi Di Maio ha accusato una “manina” di aver modificato il decreto approvato dal consiglio dei ministri. “Non vi sono stati cambiamenti che non siano stati condivisi con il M5s”, si insiste dal partito di via Bellerio, respingendo le accuse del vice premier pentastellato.
Escludendo quindi l’apparizione delle Tartarughe Ninja, di Naruto e altri personaggi immaginari, la manina invisibile sul decreto fiscale, al momento resta invisibile
Anche questo è un mistero.
Il Quirinale stesso nega infatti di aver ricevuto il testo del decreto fiscale
Anche questo, è un mistero.
Indiscrezioni arrivate al Sole 24 Ore come ad altri quotidiano nazionali parlano di una anticipazione per consuetudine che il Governo avrebbe in qualche modo effettuato mentre il Presidente del Consiglio si riservava di rileggere il testo articolo per articolo
Da fonti di Palazzo Chigi si apprende poi che prima dell’invio del decreto fiscale al Quirinale il premier Giuseppe Conte intende rivedere personalmente il testo articolo per articolo. Il decreto fiscale, si apprende ancora, è stato anticipato al Quirinale in via meramente informale come è consuetudine fare in questi casi.
Il che confligge con la dichiarazione del Colle, che invece categoricamente, come abbiamo visto, dichiara di aver ricevuto alcunché, e, verosimilmente, se avesse ricevuto una brutta copia per consigli avrebbe esplicitamente menzionato ciò nella velina per la stampa. Cosa che non è accaduta, ed infittiscce il mistero sul decreto fiscale.
Lo stesso Di Maio laconicamente ha commentato che
Mentre era a Porta a Porta, Di Maio è stato informato della smentita del Quirinale e ha risposto dicendo che «ai suoi uffici risulta che era stato inviato, ma che se le cose stanno così allora si potrà risolvere». Non ha dato ulteriori spiegazioni sulle sue affermazioni precedenti.
Al momento quindi, c’è solo tanta confusione.
Riassumendo, esiste un testo, che potrebbe non esistere, modificato da una mano invisibile, della quale nessuno sa niente e della quale chiunque sia coinvolto nella vicenda nega l’esistenza, consegnato al Quirinale da Poteri Occulti e Misteriosi, che il Quirinale nega che esista, che gli abbiano consegnato il qualsivoglia testo e anche solo di sapere che esistono, sia i Poteri che il Testo, che contiene un Piccolo Condono che il Movimento 5 Stelle nega di aver mai voluto.
Il commento del Deputato Michele Anzaldi aumenta la confusione
Il deputato Michele Anzaldi fa notare che la ricostruzione di Di Maio non è credibile: “Per trasmettere un decreto al Quirinale serve la firma del presidente del Consiglio su un testo verificato dal sottosegretario di Stato. Di Maio denuncia Conte e Giorgetti? O siamo di fronte alla solita sceneggiata per la tv? Vergognoso coinvolgere ancora una volta il Colle”.
Possibile che Conte non si sia accorto di un testo da lui sottoscritto, o che abbia trasmesso una “bozza” senza darne una controllata?
“Si può tornare indietro. Io denuncio una cosa che è un dovere morale nei confronti dei cittadini. Ai miei uffici è stato riferito che quel testo è stato mandato al Quirinale. Se non è così torno a Palazzo Chigi, accertiamo tutto. Non ci sarà bisogno di riunire un nuovo Cdm. Basta stralciare quella parte dal testo”.
Gattopardescamente: nulla.
Probabilmente nei prossimi giorni l’iter normativo non potrà che proseguire. Se la cosa avrà strascichi nella tenuta del Governo, nessuno può saperlo.
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