La polemica sulla frase di Amadeus usata per presentare Francesca Sofia Novello durante la prima conferenza stampa del Festival Di Sanremo non si spegne. Ne avevamo parlato in un articolo precedente: il direttore artistico della kermesse dell’Ariston ha presentato la fidanzata di Valentino Rossi come meritevole di stima per esser sempre rimasta “un passo indietro” rispetto alla fama di campione del suo compagno. Questa affermazione ha portato il conduttore ad essere accusato di sessismo da più fonti. Nelle ultime ore TPI News ha riportato la replica di Amadeus con il titolo: Amadeus risponde alle accuse di sessismo, ma fa un’altra gaffe: cita un motto fascista“, e tale motto fascista sarebbe: “Me ne frego”, che è anche il titolo della canzone in gara di Achille Lauro. Precisiamo, però, che il titolo da noi preso in analisi compare solamente nelle anteprime social dell’articolo, mentre se apriamo la pagina web per leggere il pezzo troviamo un titolo differente.
Sulla pagina web il titolo varia in: “Sanremo, la nuova gaffe di Amadeus: “Le polemiche? Me ne frego”” mentre nell’occhiello leggiamo: “Il conduttore si è difeso dagli attacchi citando il titolo di brano di Achille Lauro, a sua volta accusato di portare in gara una canzone che inneggia al fascismo“.
Amadeus, per rispondere alle accuse di sessismo, ha detto:
Sono la persona meno sessista sulla faccia della terra. Adoro le donne, sono innamorato da 18 anni della stessa persona, ho una madre che adoro, una figlia di cui sono orgoglioso: nessuno può dire niente sul mio conto. Si parlerà molto di donne e lo farò a prescindere da quello che sta succedendo. Se poi mi si vuol far passare per quello che non sono, io non lo accetto. Non sarebbe stato corretto nei confronti di me stesso scansare le polemiche a ogni costo. Se inciampo ai Soliti ignoti, non frega niente a nessuno, se succede a Sanremo ci sono i titoloni sui giornali. Ma come dice Achille Lauro, me ne frego.
Non esattamente una frase fascista. Sui portali di più immediata lettura come Wikipedia leggiamo che sì, Me Ne Frego era una frase usata durante il fascismo, ma nelle note a piè pagina leggiamo:
Benché attribuito a Gabriele D’Annunzio, lo slogan si è probabilmente diffuso tra gli Arditi durante la prima guerra mondiale e la successiva Impresa di Fiume. Trae origine dalla scritta che un soldato ferito si fece apporre sulle bende, come segno di abnegazione totale alla Patria.
Nel libro Chi L’Ha Detto? di Giuseppe Fumagalli, pubblicato nel 1921 leggiamo che una prima attribuzione del motto “Me ne frego” si trova nel libro Proverbi Romaneschi di Giggi Zanazzo, pubblicato nel 1886, in cui tale motto veniva riportato come espressione tipica dei romani: “Noi Romani l’aria der ‘me ne frego‘ l’avemo imparata a Cristo”.
Possiamo leggere le pagine del volume di Giuseppe Fumagalli a questo indirizzo. A pagina 622, dopo aver dato la prima attribuzione a Giggi Zanazzo – che comunque, scriveva Fumagalli, riportava proverbi di antica forgia – Fumagalli scrive che “Me ne frego” fu mutuato anche da Gabriele D’Annunzio nel proclama intitolato Il Sacco Di Fiume dell’11 gennaio 1920. Troviamo conferma nel libro Le frasi celebri nella storia d’Italia di Antonello Capurso. Quest’ultimo, però, scrive che D’Annunzio mutuò questo motto dai membri del Corpo degli Arditi durante la Grande Guerra. Gli Arditi scrivevano questa frase sulle bende usate per coprire le ferite. Scrivere “Me ne frego” su una benda che copriva una ferita significava, in poche parole, ignorare le difficoltà e continuare la battaglia.
Ancora, la stessa frase fu pronunciata dal generale Enrico Caviglia, a capo delle truppe della Venezia Giulia quando il 31 gennaio 1920 arringò i suoi uomini dopo l’arresto del generale Arturo Nigra 4 giorni prima. Nel suo discorso, Caviglia restituì il “me ne frego” a D’Annunzio:
Vi sono delle circostanze nelle quali bisogna avere pazienza, e questa è una di quelle. Voi lo capite. Certo sarebbe molto comodo per me dire, usando il linguaggio per altri divenuto abituale: “Io me ne frego, io mi chiamo Caviglia” e pestare sodo. Ma ora bisogna avere pazienza.
La frase Me ne frego fu poi ripresa dal fascismo come risposta a qualsiasi obiezione al regime imposto dal Duce Benito Mussolini, ma soprattutto come risposta alla paura di morire. Esiste un canto con quel titolo, del resto, firmato da Visconti e Manfredo Lina, che era diventato un vero e proprio inno fascista nel 1921 e che nel ritornello recitava:
Me ne frego,
me ne frego,
me ne frego è il nostro motto,
me ne frego di morire
per la santa libertà!
Gli Arditi facevano parte di un’Arma di Fanteria del Regio Esercito durante la Prima Guerra Mondiale. Il corpo fu istituito nel 1914 e sciolto nel 1920, poi ricostituito durante la Seconda Guerra Mondiale con il nome di 10° Reggimento Arditi. In ogni caso il riferimento al “Me ne Frego” degli Arditi risale alle Grande Guerra, dunque al periodo precedente lo scioglimento del corpo. Gli Arditi veri e propri, in ogni caso, non parteciparono alla Seconda Guerra Mondiale.
L’attribuzione popolare del motto Me ne frego al Fascismo, tuttavia, è stata fortemente contestata dal 9° Reggimento Paracadutisti, eredi naturali degli Arditi della Prima Guerra Mondiale. Era il giugno 2018 e il comando stava celebrando il centenario della Battaglia del Solstizio (o seconda Battaglia del Piave, come la chiamò Gabriele D’Annunzio). Durante il comizio, il comandante ha rivendicato il motto poi mutuato durante il fascismo ribadendo con fermezza:
Certi motti appartengono solo agli Arditi di cui il Reggimento d’assalto ha ereditato la tradizione e la storia. Per questo ne rivendichiamo l’appartenenza: come allora caratterizzavano gli arditi, oggi ne caratterizzano gli Incursori dell’esercito.
Me ne frego fu un motto usato dai fascisti ma mutuato dagli Arditi, e tuttavia si trattava di prestiti dal romanesco con diverso significato. D’Annunzio fece da ponte tra i due mondi, mutuando l’adagio dalle scritte comparse sulle bende degli Arditi e Mussolini lo accolse come motto fascista, tant’è che vi nacque pure un inno di regime.
Originariamente, dunque, Me ne frego non è una frase fascista e Amadeus non ha attinto dal fascismo per rispondere alle accuse di sessismo, e dubitiamo fortemente che possa averlo fatto Achille Lauro scegliendo il motto come titolo del brano che presenterà alla 70esima edizione del Festival di Sanremo.
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