Alluvioni in Romagna, tra cambiamento climatico e cura della natura
Alluvioni in Romagna, tra cambiamento climatico e cura della natura, perché c’era una volta, e deve ancora esserci al centro di tutto, la natura. I fatti tragici dell’Emilia Romagna ci mostrano cosa accade quando smetti di pensare nel lungo periodo. Quando smetti di prenderti cura della natura.
Si moltiplicano le testimonianze e i reperti fotografici di torrenti e fiumi un tempo in campagne piene di vita ora attraversare luoghi meno vitali e con meno costante presenza di contadini e , di natura da curare. C’è chi titola che il clima non c’entra, che l’incuria è causa di tutto.
E se fosse, come è logico ritenere che sia una cosa e l’altra?
Alluvioni in Romagna, tra cambiamento climatico e cura della natura
I reperti fotografici (anche se dobbiamo sinceramente prendere con le molle la didascalia che vorrebbe l’immagine di un torrente rappresentare il Silaro e il Santerno) che ci piovono addosso sembrano mostrare entrambe le cose.
Abbiamo visto già durante l’estate passate come il cambiamento climatico non si esprime solo “col caldo”, ma con un ciclo del clima alterato e una “pseudotropicalizzazione“. Non vera tropicalizzazione, ma un ecosistema che comincia a somigliare all’ecosistema tropicale di caldi duraturi e siccitosi seguiti da “stagioni delle piogge” brutali e incontrollabili in un eterno ciclo che danneggia e annienta ecosistemi.
Prendersi cura dell’ambiente significa vivere in simbiosi con esso: pulire gli argini, piantare nuovi alberi le cui radici rinforzeranno il suolo, cercare di invertire o quantomeno rallentare i processi di cambiamento climatico che ci hanno portato a questa “pseudotropicalizzazione”.
Agire, ma agire per davvero, senza bloccarsi con gli allucinati fantasmi delle “scie chimiche”, dei “noncielodikeno” e tutte quelle cose che ci consentono di sentirci “Eroi e guerrieri” vomitando livori su una tastiera mentre l’ecosistema crolla.
Nel senso più letterale possibile.
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