Ci segnalano i nostri contatti una nota de “Il Giornale” relativa al rischio multe per “prelievi ingiustificati” dal Bancomat.
L’assunto è semplice:
Chiunque (dotato di partita Iva) subisca un accertamento fiscale avrà sottoposti ai raggi x i prelievi bancomat fatti nel periodo di accertamento (anche cinque anni). L’idea del fisco è che il nero produca nero. E, dunque, se un tizio preleva troppo si presume, legalmente, che «l’eccesso di prelievo» alimenti traffici in nero e debba essere colpito da tassazione al pari di un ricavo. La facciamo semplice. Alcuni professionisti che avevano prelevato in un anno 50mila euro, si sono visti abbuonati dall’accertatore 10mila euro (per spese di vita quotidiana non richiedenti giustificativo) e i restanti 40mila, invece, tassati come se fossero ricavo e dunque reddito. Una follia, ma così è stato.
Il concetto fondamentale è molto semplice, una volta semplificato.
Si applica innanzitutto al professionista, il “popolo delle Partite IVA”. Se io sono un professionista, guadagno poco ma spendo molto, il legittimo dubbio è “Da dove vengono i miei soldi?
Può, oggettivamente, un professionista che secondo il Fisco, ovvero secondo quanto lui stesso dichiara, guadagna dai 1000 ai 2000 euro al mese permettersi prelievi multipli e costanti per poi dichiarare, sempre nella stessa dichiarazione, un’esistenza sibaritica, un parco di strumenti di lavoro ormai ammortizzato da decenni (PC vecchi, mobilia risalente al precedente proprietario dell’ufficio, comodati che rivelano affitti…)?
Il Fisco, a questo punto, indagherà e la sua indagine non è senza limiti.
Le presunzioni legali in questo caso vengono limitate, in quanto:
Gli ermellini, preso atto dell’attività di lavoro autonomo svolta dal contribuente, hanno ritenuto “inesistente” la presunzione legale sulla quale si è fondato l’avviso di accertamento in questione perché la Consulta, con la sentenza n. 228/14, ha affermato l’illegittimità costituzionale dell’art. 32, D.P.R. n. 600/1973, come modificato dalla L. n. 311/2004, nella parte in cui estende ai compensi dei lavoratori autonomi la presunzione in forza della quale, anche in relazione a tali soggetti, il prelevamento dal conto bancario corrisponderebbe a un costo a sua volta produttivo di un ricavo.
Resta il dubbio riguardo al misterioso
schema di decreto di riforma delle sanzioni amministrative tributarie di cui si parla in queste ore è rispuntata, di fatto, la tassa sui Bancomat, che la sentenza della Corte aveva bocciato. Per aggirare la sentenza non si parla più di presunzione legale sui prelievi, ma si tirano in ballo le sanzioni in caso di mancanza di giustificativo del beneficiario del prelievo stesso. In sostanza, in occasione di accertamenti bancari chi non indica (o indica in modo inesatto) il beneficiario dei prelievi si può beccare una sanzione che va dal 10 al 50 per cento dell’importo del prelievo.
Ricordiamo però in questo caso che siamo di fronte a due casi:
Ciò posto, sia pur attendendo l’esito finale del processo normativo per trarre conclusioni, possiamo dire di non provare particolare allarme.
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