Esiste un intero universo di traduzioni infami di giochi anche famosi, il bizzarro mondo dell’engrish nei videogame retro. Engrish, ovviamente, è un termine che denota l’inglese stentato come parlato da un ipotetico giapponese che non conoscendo la lingua vada ad orecchio.
L’engrish è una piaga comune e accettata in diversi videogame delle prime generazioni di console e arcade, ma anche presente in diversi giochi moderni (che per ovvi motivi tenderemo a non citare). Analizzeremo brevemente i motivi e poi passeremo ad una serie di casi ormai infami nella loro celebrità, o celebri nella loro infamia a seconda del punto di vista.
Esistono interi libri dedicati a questa disciplina, che confermano come spesso non solo piccole ditte, ma anche titani del videogioco cadevano nella tentazione dell’inglese alla cialtrona (persino Nintendo, sì).
Il motivo è più semplice di quello che si possa pensare: tutti hanno “ammiocuggino che fa cose”, anche in Giappone, anche nei grandi gruppi industriali.
Avete creato il vostro videogame. Ci avete speso una barca di soldi: dovete ora esportarlo all’estero. Specialmente negli anni ’70 e ’80 i videogames erano ancora “la novità del momento”, e la lingua inglese rappresentava non solo un nuovo mercato, ma una fonte di fascino per il mondo giapponese.
C’erano quindi due spinte: il “Kazari Eigo”, ovvero l'”Engrish” vero e proprio, l’Inglese decorativo basato sul “suonare bene” anche se chi lo usava non parlava bene affatto e l’istinto, in un mondo in cui era impossibile trovare nei titoli di coda di un videogioco un team di traduttori e adattori seri.
Riassumendo: l’adattamento era un concetto sconosciuto, l’idea di pagare un traduttore per una lingua “comune” come l’inglese suscitava il desiderio di “chiamare il cuggino studiato” per rispamiare qualche soldo e, comunque, il Kazari Eigo era una realtà così diffusa che nessuno l’avrebbe mai notato.
Aggiungiamo a questo il fatto che anche quando un gioco veniva tradotto oltreoceano, si ripeteva sovente lo scenario “allamiocuggino” ed esiste un filone di traduzioni fanmade effettuate con tanta buona volontà ma conoscenze tecniche zero da chi pensava che bastasse la passione in un mondo dove non c’erano neppure DeepL e Google Translate.
Possiamo passare a qualche esempio assurdo della disciplina.
Il trope codifier, l’esempio cardine additato da tutti come esempio è la sequenza introduttiva di Zero Wing di Toaplan, gioco del 1989 nato come progetto economico per stagisti e personale da formare.
Gioco che ebbe un certo successo tale da giustificare un porting del 1989 per SEGA Mega Drive.
Porting tradotto da miocuggino l’esperto di Kazari Eigo, ovvero il Gran Cazzaro.
L’edizione per Mega Drive fu arricchita infatti di una narrazione: nella quale i CATs, un gruppo di orrendi terroristi cyborg, annunciavano al protagonista di aver piantato degli esplosivi nelle basi dei Pianeti Uniti (tipo la NATO, ma spaziale) e di aver preso il controllo di tutte quelle che non erano state distrutte. L’ultimo capitano rimasto decide di incaricare il giocatore, ovvero gli ultimi tre piloti dei caccia spaziali ZIG rimasti attivi (uno per vita del giocatore) di partire per una missione potenzialmente suicida sapendo di non avere più una base dove tornare (la base sarà distrutta nella narrazione) e di dover vendicare i loro compagni, uccidere tutti i CATs e liberare la NATO Spaziale.
Tutto questo viene narrato così:
Mechanic: Somebody set up us the bomb.
Operator: Main screen turn on.
CATS: All your base are belong to us.
CATS: You have no chance to survive make your time.
Captain: Move ‘ZIG’.
Captain: For great justice.
Quando la traduzione corretta avrebbe dovuto essere qualcosa tipo
Meccanico: Qualcuno ha disseminato la base di esplosivi
Operatore: Attivate lo schermo per le comunicazioni
Leader CATs: Abbiamo catturato tutte le vostre basi
Leader CATs: Non avete più alcuna speranza: fate tesoro del poco tempo rimastovi
Capitano: Contiamo su di voi, ZIG!
Capitano: Ora siete l’unica speranza del genere umano…
Quando nel 2000 Internet riscoprì la rutilante traduzione alla “ammiocuggino” avemmo i meme “All your base are belong to us” e “For Great Justice”, rispettivamente usati per descrivere improbabili invasioni di campo e atti assolutamente banali spacciati per atti di eroismo.
Nonché una versione ridoppiata con voci elettroniche e musicata volutamente male.
Ironicamente, quando nel 2023 Zero Wing fu ritradotto e riadattato per PC moderni, nella ormai infame sequenza introduttiva fu introdotto un monitor che segnalava un “errore di traduzione” costante nel messaggio dei CATs, come omaggio alla tragicomica saga.
Per la cronaca, nelle versioni Arcade e PC-Engine del gioco il leader di CATs fugge all’ultimo momento dopo la distruzione della sua base, giustificando una nuova partita del gioco con la necessità di cercarlo: nella versione mal tradotta per Mega Drive, muore sul colpo probabilmente per la vergogna del suo messaggio.
Nel gioco del 1987 Zelda II , secondo capitolo della saga di Legend of Zelda, i programmatori erano in piena fissa da Kazari Eigo.
Come abbiamo avuto modo il Kazari Eigo non è solo la traduzione cazzara, ma anche usare parole inglese fuori contesto perché suonano bene. Negli anni ’80 tutti erano in fissa per la tecnologia, e quindi aveva senso in un fantasy avere nomi tecnologici.
Qualcuno dei programmatori decise di battezzare due NPC (personaggi di sfondo non giocabili) Error e Bagu, dove “Bagu” è la traslitterazione di “bug” nel senso di “Computer Bug”.
Non si trattava di un errore di traduzione, ma del fatto di decidere arbitrariamente che dei termini inglesi sarebbero stati dei fighissimi nomi per il fantasy.
L’equivalente di di scrivere un Fantasy moderno e decidere di chiamare il proprio eroe Boketto (l’atto di chi guarda nel vuoto con lo sguardo perso) coi suoi fidi amici Kuchara e Betsubara (“persona che mastica con la bocca aperta” e “persona munita di apposito stomaco per il dessert”, nel senso di mangione…) perché suonano bene e poi far leggere il tuo fantasy ad un giapponese e guardarlo sbiancare in volto.
Ma anche scrivere un romanzo fantasy oggi e descrivere il tuo eroe di nome “Computer Macintosh” col suo fido scudiero “Cheeseburger McDonalds” pronti a combattere il signore del male “ChatGPT” e il suo stolido servo “Grok“.
Così può capitare che Link incontri nei suoi viaggi incontri un simpatico comino che si presenta dicendo
I AM ERROR
In tutto maiuscolo, e nelle intenzioni del suo creatore, a questo punto “tutti ridono”.
Il gioco di parole resta comunque dimezzato: “Bagu” anche nella versione internazionale resta “Bagu” (come un Giapponese traslittererebbe “Bug”) perché la gag visuale degli amici Error e Bug era così sofisticata da non essere capita in traduzione o, semplicemente, l’adattatore non aveva idea di come scrivere Bug.
Nel 1987 Nintendo decide di esportare il suo gioco del 1986 Pro Wrestling, terzo gioco sul Wrestling per il NES/Famicom e secondo “realistico”, ovvero basato su personaggi umani (il primo in assoluto era Tag Team Wrestling e il secondo Tag Team Match: M.U.S.C.L.E. ovvero Kinnikuman: Muscle Tag Match, basato sulla nota serie animata Kinnikuman e che i bambini occidentali di quegli anni conoscevano come MUSCLE o Exogini).
Decide che un gioco dove la gente si mena in forma pixellata non merita un finale, che te la poi cavare benissimo scrivendo una riga di congratulazioni a schermo e che tale riga potrebbe essere un laconico “Hai vinto tu”.
In Engrish diventa
A WINNER IS YOU
Anche questa frase elevata al rango di Meme.
E non è neppure la prima volta che una traduzione cialtrona decide di lasciare il giocatore con l’amaro in bocca. E non sarà l’ultima.
Nel port di Ghostbusters (gioco per Atari portato su tutte le piattaforme 8 bit dell’epoca nel 1985) la versione NES decide di sostituire il finale delle versioni Commodore 64 e Master System (nel quale un testo sostanzialmente corretto ti fornisce le istruzioni per un New Game +, ovvero cominciare una nuova partita con equipaggiamento migliore a seconda dei soldi guadagnati nelle partite precedenti mediante un sistema di password) con una incomprensibile pagina di congratulazioni.
Conglaturation!!! You have completed a great game. And prooved the justice of our culture. Now go and rest our heroes!
Qualcosa traducibile con “Conglatrazioni (!!!), hai finito un gran gioco e proovato la giustizia della tua cultura! Ora va e riposa i tuoi eroi!”
Qualunque cosa tutto questo possa voler dire.
Ma niente batte la combinazione di assurdo engrish e frustazione che fu l’anno dopo il porting NES di Ghost’n Goblins.
Gioco notoriamente difficilissimo, precursore del genere Kaizo (platform di difficoltà aumentata) e dei Souls (saga nota per la sua mostruosa difficoltà). Gioco da risolvere due volte: la prima volta incontrerai il seguente testo
Being the wise and coragour knight that you are you feel stronght welling in your body.
Return to starting pont.
Challenge again!
Ma la seconda volta
Congraturation!
This story is happy end!
Thank you!
E contento del fatto che “la storia è lieto fine”, eri libero di sfasciare il tuo NES sul muro.
Hana no Star Kaidou del 1987 è un esempio tipico, e qui andiamo sul complicato, di Engrish fine a se stesso.
Il gioco è sostanzialmente basato sulle avventure di due Giapponesi in Giappone che sognano di diventare rockstar, prodotto da Victor Musical Industries, sussidiaria della JVC (la ditta di monitor e TV) dedicata all’intrattenimento musicale.
Il rock “all’americana” è il posto tipico in Giappone dove fiorisce il Kazari Eigo, ovvero l’inglese alla ca**ara che abbiamo già visto. Hana no Star Kaidou è quindi un gioco Giapponese, per la versione giapponese della console (il FamiCom), che non è mai stato esportato o prodotto, volutamente scritto in inglese “allammiocuggino” perché in Giappone questo fornisce un’immagine punk, rock e cosmopolita.
Con suggerimenti tra un capitolo e l’altro come
Show up you gays. You gonna be famous. What are you think about that. You are going to have your own records.
e
Uno dei casi in cui le traduzioni diventano assurde per l’estero è il celeberrimo caso di “Bad Dudes vs Dragon Ninja”.
Data East decise che il loro titolo Dragon Ninja in Americano avrebbe dovuto avere nel titolo gli eroi, chiamati i “Bad Dudes”.
Con un name drop nel titolo dall’Engrish più folle possibile
Rampant ninja related crimes these days … Whitehouse (sic!) is not the exception
Seguito dall’apparizione quasi messianica di un “uomo dei servizi segreti” che annuncia
President Ronnie has been kidnapped by ninjas. Are you a bad enough dude to rescue the President?
Ovviamente i due giocatori diventano i Bad Dudes. Se nella versione giapponese gli eroi ricevono una statua per aver salvato il Presidente, nella versione americana il “Presidente Ronnie”, ispirato a Ronald Reagan, sostiuisce il banale “Grazie eroi: mi avete salvato” con
Hey dudes, thanks for rescuing me. Let’s go for a burger…Ha! Ha! Ha! Ha!
E tutti assieme si ritrovano da McDonald’s nell’avventura più folle, sgrammaticata e piena di Ninja della storia, quasi messianica, se consideriamo l’apparizione misteriosa dei Servizi Segreti per mandare i Bad Dudes a salvare President Ronnie dai Dragon Ninja come una metafora dello Spirito Santo che invia il Messia a salvare l’Umanità dal Peccato Originale.
La traduzione di Street Fighter II fu un leggendario caso di “miocuggino il traduttore”. Alcuni esempi erano sottili, come Guile che ripeteva a tutti, compresa l’avvenente Chun-Li “Go home and be a family man!”, traduzione alla cialtrona di una frase come “Torna al tuo paese: non hai una famiglia che ti aspetta?”
Ma il capolavoro si ebbe con l’invito di Ryu a “sconfiggere Sheng Long”: come sappiamo ora bene noi, una traduzione errata di “sconfiggere il mio Shoryuken”, che ha fatto nascere la leggenda di un misterioso “maestro dei maestri” più potente di tutti gli Street Fighter, “uomini di famiglia” compresi.
Ma non ditelo a Kremlev, che potrebbe essere indotto a pensare, come i complottisti che hanno dato corda alle teorie dell’IBA su Imane Khelif, che la frase di Guile è la prova che Chun-Li è un “uomo trans” e decenni di fake news relativi a codici per spogliarla siano stati nascosti dai poteri forti.
Le traduzioni occidentali di Metroid (1986) invece furono così assurde da rientrare nel canon come esempi di Kazari Eigo.
Quando i traduttori occidentali si trovarono davanti la “Barrier Suit”, decisero per un errore di traslitterazione di chiamarla “Varia Suit”. La casa madre stabilì che d’ora in poi il “bonus” che dava a Samus Aran la capacità di avere una barriera energetica sarebbes stato la “Varia Suit” e non la “Barrier Suit”, dichiarando che la barriera era semplicemente una funzione di una tuta avanzata “con funzioni variabili per i vari pianeti”.
Gli stessi Chozo, gli alieni umanoidi con caratteristiche aviarie mentori della bella Samus, derivano il loro nome da una traduzione cialtrona chōjinzoku: gli adattatori videro nel gioco delle statue chiamate “Chozo” (statue cesellate in giapponese) e decisero che era senz’altro un’abbreviazione di Chojinzoku. Ai Giapponesi l’idea piacque e il nome “Chozo” fu adottato perché figo.
Il Kazari Eigo arrivò nell’incomprensibile finale
Great !! You fulfiled your mission. It will revive peace in space. But,it may be invaded by the other Metroid. Pray for a true peace in space!
Tutto chiaro no? Tenete conto che tale meraviglia era così anche in Giapponese, con la sola aggiunta di (the) prima di Space.
Vi abbiamo parlato del Satellaview, tentativo di diffondere il gioco online prima di Internet. Quello che non vi abbiamo detto, è il messaggio che nel 2000 accolse i giocatori rimasti annunciando la chiusura del servizio
Thanks for all Players and Staffs and Supporters.
I beleve We’ve made good cooperation and had lots of superior fun experiences human never seen!
I ploud of You forever!
Ho visto cose anche io che mi rendono orgoglione, proverei a tradurre…
Sarà capitato anche a voi di comprare “Pokémon” da un mantero sottoforma di un CD per Playstation e trovarci tutt’altro. O cercare di scaricare una rom pezzotta e trovare una versione di Super Mario con Pikachu e Clefairy pronti a saltellare.
Nel 2000, alla fine dell’epoca del retro, Smilesoft cercò di capitalizzare sulla fama che Pokémon aveva dato al genere e sull’amore dei ragazzini giapponesi per i cellulari creando Telefang, improbabile gioco in cui l’eroe diventava amico di mostriciattoli che poteva controllare col suo cellulare, chiamandone altri in battaglia conoscendone il numero di telefono.
Anche qui l’occasione fa l’uomo ladro: copie di Telefang furono modificate con nuove schermate introduttive col Dio Bestia (cit) della Principessa Mononoke al posto del Pokémon Leggendario di copertina e vendute come Pokemon Jade/Diamond, da non confondersi con Diamante/Perla.
Come molti progetti fanmade, la traduzione fu affidata “ammiocuggino”, ma un mio cuggino ricolmo di bestemmie e profanità che, probabilmente, traduceva in inglese una traduzione cinese dell’originale giapponese, il tutto cercando di trasformare i Denjuu, le creature di quel mondo, in “nuovi Pokemon”, tra cui il Dio Bestia.
“Purtroppo” un team di appassionati ha completato recentemente una vera traduzione che ci ha privato di perle come “It must be sedge!” come improbabile esclamazione al posto di “Sugoi!” (banalmente: fantastico) e i “T-Fanger”, gli utenti del Telefang divennero i “Mildew T”, confondendo “Fanger” con “Fungus”, quindi con “muffa”.
Entra ora in scena Ted Woolsey, produttore e localizzatore principale dei giochi Square. Woolsey aveva una serie di idee in comune con molti adattori ad esempio delle serie animate giapponesi in Italia: ovvero il Giapponese era per lui una lingua profondamente diversa dall’inglese americano e per godere dei prodotti allo stesso bisognava non solo adattare, ma modificare i dialoghi e i personaggi per localizzarli meglio.
In Chrono Trigger ad esempio decise che i tre servitori del “Signore del Male” (Maou, segretamente Janus, ma noto al principio solo per il suo titolo di “Re Demone”, quindi “Maou”) non potevano chiamarsi con nomi di condimenti come in originale. Maou divenne Magus, e i suoi servitori Ozzie, Slash e Flea.
Quando nel seguito apparve un personaggio di nome Slash, decise semplicmente che a questo punto Nikki Sixx era un nome abbastanza adeguato.
Tra i Woolseyismi abbiamo in Final Fantasy V personaggi che, a caso di citare i Simpsons e i Power Rangers con frasi come
Enough expository banter! Now we fight like men, and ladies, and ladies who dress like men. For Gilgamesh, it’s morphing time!
Con tanto di umorismo “all’occidentale” tirato nel mezzo.
Ora: queste tecnicamente non sono traduzioni in Engrish, solamente traduzioni libere. Neanche opere “allamiocuggino”: Woolsey sapeva quello che faceva, semplicemente faceva inca**are i puristi e molto.
In Final Fantasy VII, primo gioco per PlayStation semplicemente il team di adattamento dovette lavorare di fretta e senza ricontrollare la sua opera.
Ted Woolsey, che a quel punto aveva già lasciato il team, confermò che chi aveva adattato Final Fantasy VII si accorse di una serie di errori di grammatica e traduzione solo dopo la seconda partita di prova.
Quando ormai i giochi erano fatti e il prodotto era pronto per la vendita.
Abbiamo così nei giochi precedenti Woolsey che introduce insulti creativi come “You spoony Bard!”, e in Final Fantasy VII frasi come “This guy are sick!” e altri momenti in cui, semplicemente, l’intero gioco sembra un “dettato ma mai riletto”.
Ad esempio durante il minigioco dell’Arena della Battaglia la frase “Yess! No handicapp!!” (sic) annuncia una fase del gioco in cui i limiti del personaggio vengono rescissi.
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