Alessandro Borghese non trova personale, ma stiamo attenti ai titoloni
Alessandro Borghese non trova personale, questo il messaggio fatto passare sui principali quotidiani nazionali nelle ultime ore. Lo chef stellato ha rilasciato un’intervista pubblicata dal Corriere della Sera oggi, 25 ottobre, per la rubrica Cook. Le sue dichiarazioni sono state riprese dalle altre testate. Il Corriere titola: “Alessandro Borghese: «Non trovo personale, pochi vogliono ancora fare lo chef»”. Con questo titolo si può pensare che quella di Borghese sia una critica verso i lavoratori, una delle tante che vengono attribuite ai grandi imprenditori italiani. Se leggiamo l’intervista integrale, invece, scopriamo molto di più.
“I giovani non vogliono più fare gli chef”, titola TGCom24, mentre Il Fatto Quotidiano scrive: “Nessuno vuole più lavorare in un ristorante”. Cos’ha detto veramente lo chef stellato? Precisiamo che ciò che andrete a leggere non sarà un articolo di fact checking, ma una chiave di lettura che lenisce gli effetti dei titoli usati da certi quotidiani.
Secondo i dati della Federazione Italiana dei Pubblici Esercizi (FIPE), circa 120mila lavoratori a tempo indeterminato hanno cambiato mestiere durante la pandemia, “stanchi degli orari logoranti e degli stipendi bassi”. Tuttavia, Alessandro Borghese non parla di crisi del settore, ma riconosce che “non è un lavoro tutto televisore e lucchichii”.
Si è capito che è faticoso e logorante. E mentre la mia generazione è cresciuta lavorando a ritmi pazzeschi, oggi è cambiata la mentalità: chi si affaccia a questa professione vuole garanzie. Stipendi più alti, turni regolamentati, percorsi di crescita. In cambio del sacrificio di tempo, i giovani chiedono certezze e gratificazioni. In effetti prima questo mestiere era sottopagato: oggi i ragazzi non lo accettano.
In nessuna di queste parole si legge una critica ai giovani lavoratori, bensì un riconoscimento di una loro presa di posizione nei confronti del mondo del lavoro. Un cambiamento, questo, che si è radicalizzato soprattutto con la pandemia – afferma Borghese – e lo chef sostiene con fermezza:
Il riposo e i turni sono fondamentali e noi chef, che siamo brand ambassador della cucina italiana, dobbiamo ascoltare le richieste dei ragazzi e delle ragazze che rendono possibile il nostro lavoro.
La carenza di personale, tuttavia, incide sulla ripresa in quanto il ristorante di Borghese non è più aperto 7 giorni su 7, ma 5 giorni a settimana. Ad oggi, Borghese registra circa 3 colloqui al giorno, ma non riesce ad assumere perché “alcuni non sono veramente interessati”, mentre altri “fanno richieste eccessive” mentre “io cerco la misura: persone che magari non sanno cucinare benissimo, ma che siano educate e desiderose di imparare. La mia azienda saprà ricompensarle: noi ai dipendenti offriamo anche corsi di inglese e di sommelier, ma deve instaurarsi un rapporto di fiducia reciproco”.
Infine, una riflessione: “Bisogna essere datori di lavoro seri, dare prospettive”. Se da una parte Alessandro Borghese non trova personale per una serie di motivi (lockdown, nuove aspettative dei giovani, richieste), dall’altra riconosce una certa responsabilità dei datori di lavoro che non devono più offrire mansioni sottopagate, ma “dobbiamo ascoltare le richieste dei ragazzi e delle ragazze che rendono possibile il nostro lavoro”.
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