Bufala

Al Salone del Libro di Torino pubblicizzato un libro sulla Sharia

Alcune bufale nascono dal grottesco: non abbiamo capito se la storia del “libro sulla Sharia” al salone di Torino sia un caso di monumentale malafede, grossolana ignoranza o entrambe, ma abbiamo deciso di partire dal presupposto che si tratti di entrambe le cose.

Diverse pagine Facebook cui non vogliamo fare alcuna pubblicità (se vogliono, ci chiedano Share2Share e noi rifiuteremo) ci regalano infatti questo meme:

“Al Salone del Libro di Torino viene pubblicizzato il libro sulla Sharia”… ma anche no

La didascalia recita

Al Salone del Libro di Torino viene pubblicizzato il libro sulla Sharia che spiega come sposare bambine, picchiare mogli e uccidere infedeli.

Potremmo opinare, ma lasciamo ad altri ben più colti di noi il compito di farlo, che descrivere la Sharia in quel modo è come descrivere, ad esempio, il Cristianesimo come quella religione che insegna a picchiare i mercanti nel Tempio, staccare orecchie ai Romani o dare fuoco alle streghe, ma lasceremo tale dissertazione ad altra sede.

Non di come nell’immaginario collettivo Sharia sia diventato lo spauracchio per nascondersi quando si vuole ostentare islamofobia a caso e sentirsi dei gran fighi mentre lo si fa, ma di qualcosa di ancor più grottesco parleremo oggi.

Fesal Khaled Al Abude non è infatti un “Autore di un libro sulla Sharja”, ma il presidente della Sharjah Book Authority, editore principale dell’Emirato di Sharjah.

Immaginate di invitare una delegazione di Purgatorio (Provincia di Trapani) o Femminamorta (Provincia di Pistoia) al vostro festival del Libro è che il popolo della Rete, indinniato fino ad uscire fuori di ginocchi (sgrammaticature volute), decida di sparare un meme con la faccia dei vostri ospiti accusandoli di essere necrofili zombies tornati dal Purgatorio per uccidere le donne e farci sesso.

Di solito, per denigrare l’ignoranza di qualcuno, lo si rimbrotta dicendogli che non è stato neppure in grado di consultare Wikipedia: se l’autore del meme l’avesse fatto, avrebbe quantomeno notato l’esistenza dell’Emirato di Sharjah, caratterizzato nella sua omonima capitale da

una spiccata vocazione artistica che la impegna nella divulgazione culturale e musicale.

È proprio in queste vesti che nel 2013 l’Emirato, attratto dal Festival del Libro di Torino per affinità elettive, chiese all’allora amministrazione Fassino di potervi partecipare, allo scopo invitando l’assessore alla Multiculturalità per una tavola rotonda ufficiale

Tutto comincia nel 2013, quando il Municipio di Torino riceve un inatteso invito dal governo di Sharjah: l’emirato — scrivono — ha una viva vocazione culturale e cerca contatti con città europee che investono in quel settore. Laggiù a Sharjah è giunta voce che esiste Torino, e che Torino è una capitale culturale. Quindi il competente ministro dell’emirato invita un rappresentante di Torino per un primo incontro. A Palazzo Civico nessuno si emoziona. È probabile che i più ignorino l’esistenza di Sharjah. Per cui la faccenda, di rimpallo in rimpallo, plana sul tavolo dell’assessore Ilda Curti: in quanto assessore alla Multiculturalità, si presume che il disturbo tocchi a lei. La Curti risponde. Quelli di Sharjah non perdono un minuto: venga venga, è nostra ospite, paghiamo tutto noi. L’avventurosa Ilda parte. A Sharjah scopre un mondo. Un fazzoletto di terra tra mare e deserto che investe vagonate di petrodollari in musei, centri culturali, arte, fiere del libro. Affamati di «cultura italiana», gli sharjahiani (si dirà così?) accolgono la Curti come fosse la Bella Sulamita, ansiosi di stabilire solidi legami con Torino. Lei ringrazia, sta sulle generali, e torna a casa. Naturalmente li invita a ricambiare la visita. Quelli la prendono in parola. Dopo poche settimane le fanno sapere che due alti funzionari del ministero della Cultura sono in partenza per Torino. Panico. Gli arabi si pagano l’aereo, ma si presume che si aspettino ospitalità. La Curti in Municipio trova scarsa udienza: copriamo le spese per l’albergo, le concedono, purché non costi troppo. E stop.

Da cosa nasce cosa, e l’Emirato mantenendo i suoi buoni intenti ha portato diversi libri alla kermesse

Nominata dall’UNESCO Capitale Mondiale del libro 2019, Sharjah propone a Torino un ricco programma culturale attraverso la presentazione di 57 titoli tradotti per la prima volta dall’ arabo in italiano e la partecipazione di alcuni degli autori più significativi. A inaugurare il fitto programma di incontri previsto presso lo spazio Sharjah nei cinque giorni di fiera, sarà – giovedì 9 maggio alle ore 15.00 – la voce di Sua Eccellenza Mr. Ahmed Al Ameri, Chairman della Sharjah Book Authority, alla presenza straordinaria di Sua Altezza Sheikh Fahim bin Sultan Qasimi, Executive Chairman of the Department of Government Relations. Seguirà venerdì 10 maggio alle ore 14.15, un altro importante incontro con la partecipazione di Stefano Zecchi, filosofo e giornalista, per presentare insieme alla Sharjah Book Authority il libro dell’Emiro, “Sharjah. Memorie di un emiro illuminato”.

Un catalogo di 57 libri, e nessuno riguardante anche solo remotamente la Sharia.

Il “libro sulla Sharia” accusato dai nostri amici di Facebook di incitare all’odio?

Un libro di memorie dell’Emiro della Città di Sharjah.

Sharjah, non Sharia.

E se l’autore avesse ascoltato il video dal quale ha estirpato la foto avrebbe capito di star gravemente diffamando il Presidente della Sharjah Book Authorithy mettendogli in bocca frasi e parole che non ha mai detto

Ascoltatelo: capisco che parla in Inglese e molti di coloro che sono caduti nella bufala (e lo proveremo) hanno scarsa dimestichezza con lo stesso Italiano, ma non vi troverete una singola affermazione sulla Sharia o su “un libro sulla Sharia”.

Abbiamo capito che avete una faida in corso contro il Salone del Libro per risibili motivi politici. Ma per favore, non dimostrate di avere una faida in corso contro la cultura.

Abbiamo capito che dinanzi a commenti come

Grandi quest’italien-musulnen …cala brag

e

Ecco questo è il risultato che hanno determinato I buonisti del caxx in Italia caspita e poi hanno censurato il libro di Salvini. Ma gli italiani veri dove sono che dicono?

nonché

AL ROGO QUESTE MER*E QUESTI VENGONO A COMANDARE A CASA DEGLI ALTRI PEZZI DI MER*A

Non possiamo che prendere atto del fallimento dell’istruzione in Italia e del logorarsi del livello sociale, morale e culturale delle interazioni medie. Comunque i libri qualche volta provate a leggerli: non mordono e non vi attaccano strane malattie.

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