Il 4 giugno 2018 pubblicavamo la notizia sul delitto di Soumaila Sacko facendo uso del tag precisazioni in merito all’attribuzione dell’assassinio alla criminalità organizzata.
Soumaila Sacko, cittadino del Mali e attivista nel sindacato USB, ha trovato la morte il 2 giugno 2018 nei pressi del fabbricato abbandonato di una ex fornace di San Calogero (Vibo Valentia), mentre aiutava due suoi connazionali – Drame Madiheri e Madoufoune Fofana – a procurarsi delle lamiere che sarebbero servite per la loro baraccopoli, situata a San Ferdinando.
Improvvisamente il gruppo è stato raggiunto da una Fiat Panda bianca, dalla quale sono stati esplosi 4 colpi di fucile, uno dei quali ha colpito Sacko sulla testa. Il ragazzo è morto poco dopo nel reparto di neurochirurgia degli Ospedali Riuniti di Reggio Calabria. Grazie alla testimonianza di Drame Madiheri, 39 anni e ferito a una gamba, i Carabinieri della Compagnia di Tropea hanno potuto iniziare le indagini. Tra le piste più battute dai media vi era quella della criminalità organizzata, ma gli investigatori non avevano ancora dato conferma.
Le agenzie e i principali organi di stampa, nelle ultime ore, riportano che le indagini sono a un punto di svolta, in quanto esiste un indagato. Nel pomeriggio del 5 giugno, infatti, i Carabinieri della Compagnia di Tropea e della Stazione di San Calogero «hanno notificato, ad un uomo del posto un “avviso della persona indagata” e contestuale “notifica di accertamenti tecnici non ripetibili” in relazione all’omicidio, emesso dalla Procura della Repubblica di Vibo Valentia che coordina le indagini».
Per accertamenti tecnici non ripetibili si intende lo stub, ovvero il test al quale si ricorre per accertare la presenza di residui di polvere da sparo sui vestiti. All’uomo sono stati sequestrati i vestiti e una Fiat Panda bianca. Si tratta di un italiano di 43 anni che risponde al nome di Antonio Pontoriero, agricoltore di San Ferdinando.
Come riportato da Lettera43 e Corriere della Sera, l’indagato è parente di un ex socio della ex fornace. Secondo le prime indiscrezioni degli investigatori, però, per l’omicidio restano esclusi i motivi razziali e la criminalità organizzata:
Non legato, almeno che si sappia, ad ambienti di ‘ndrangheta, ma con alle spalle qualche precedente di polizia, per lo più relativo a liti e controversie per questioni di confini e proprietà. Una testa calda, si sintetizza in ambienti investigativi, che sull’ex fornace avrebbe più di un interesse. Secondo quanto filtra, un suo parente in passato sarebbe rimasto coinvolto nello scandalo legato alla struttura, sequestrata dopo il ritrovamento di oltre 135mila tonnellate di rifiuti tossici e fanghi radioattivi.
Parliamo di aggiornamento, quindi, per riportare che le indagini sono giunte a un indagato ritenuto distante dagli ambienti mafiosi. Gli accertamenti sono ancora in corso, e saremo lieti di tenervi aggiornati in un prossimo articolo.
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