Questa mattina abbiamo pubblicato un’analisi in corso sul caso della psicosi terrorismo scoppiata al cinema The Space di Torino durante la proiezione del film Passengers di Morten Tyldum, nella giornata del primo dell’anno.
Una famiglia marocchina, una volta presi i posti a sedere all’interno della sala, aveva iniziato a scambiarsi messaggi via WhatsApp insospettendo gli altri spettatori. Il risultato è stato un fuggi-fuggi che in pochi minuti ha portato allo svuotamento della sala e all’arrivo dei Carabinieri. Oggi 5 Gennaio 2017 Repubblica riporta le parole di Souad Ghennam, la signora marocchina col velo scambiata per terrorista. In una video-intervista, la signora rilascia la sua testimonianza:
A seguire la nostra trascrizione:
Allora, cos’è successo? Siete andati al cinema e all’improvviso sono scappati tutti. Cosa si ricorda di quella serata?
Io non pensavo niente. Appena mia figlia ha visto quella parte del film in cui tutti e due (gli attori) erano nudi mi ha detto “mamma, scusa”, e il suo ragazzo mi ha mandato un messaggio con scritto “mi vergogno davanti a mamma e papà”; io allora ho scritto a mia figlia “è normale, non c’è problema, amore mio… al cinema è normale che si vedano queste cose. Lei mi scriveva messaggi e io le scrivevo “continua, non c’è niente di male”. Ho visto le persone uscire e il film si è interrotto. Ho pensato che forse la proiezione non funzionasse, che qualcosa non andasse. Non pensavo che il male fossi io. Dopo cinque minuti sono arrivati cinque carabinieri che mi hanno detto “venga, signora. Lei con chi è?”, io ho risposto “Con mia figlia, mio marito e il marito di mia figlia”.
Le hanno poi spiegato cos’è successo?
No, non mi hanno spiegato niente. Mi hanno detto “venga fuori”. Io sono andata fuori e mi hanno detto “non si preoccupi”. Mia figlia mi diceva di stare tranquilla, perché sono diabetica; il ragazzo di mia figlia diceva che era solo un controllo. Io ho detto “Va bene, per me non c’è problema”.
Si sentiva osservata al cinema? Le persone la guardavano male?
Certo, tutti evitavano di guardarmi. Hanno chiamato i carabinieri perché sono io la vergogna. Non va bene, scusi.
È arrabbiata per quello che è successo?
Non solo sono arrabbiata, ma non sto bene. Nella mia salute non sto bene, non ho più il coraggio. Mi sono sentita giù.
Voi ormai vivete qui da tantissimi anni?
15 anni. Siamo qui dal 2002. Mia figlia è cresciuta qui.
Souad portava il velo, ma chi ha chiamato il 112 – scrive Repubblica – ha parlato di “burqa“. La signora intende denunciare chi ha allertato le forze dell’ordine, perché i Carabinieri avevano capito da subito che si trattasse di un equivoco. Sua figlia e il fidanzato sono sordi, ma quella sera sono andati al cinema lo stesso.
Non si trattava, dunque, di un’intera famiglia di sordomuti. La psicosi per il terrorismo ha portato alla fuga di 150 spettatori impauriti e sospettosi, ma si è trattato di un colossale equivoco.
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