Minestra riscaldata: è l’unico modo che abbiamo per definire certe notizie, un po’ ritoccate, riesumate dal frigo degli anni passate e date in pasto agli istinti vocianti e rissosi del popolo della Rete.
Nella nazione delle partite Scapoli contro Ammogliati, delle risse alla Ciao Darwin, dove persino la campagna elettorale si riassume in risse tra diverse fazioni, avere una notizia che contrapponga atei e credenti è la clamorosa ricetta della viralità, immortale e imbattibile.
Sta facendo enormemente discutere, e non poteva essere altrimenti, lo studio del dipartimento di analisi dell’Università di Rochester di New York pubblicato sul sito del noto quotidiano The Independent e dedicato alla relazione tra il cervello umano e l’esistenza di Dio. I risultati dello studio infatti dicono che gli atei sono più intelligenti di chi ha una qualche fede religiosa.
Molti studi sembrano confermarloLa ricerca del team dello stimato professor Miron Zuckerman, si è avvalsa – tra gli altri – di tre psicologi che hanno condiviso la definizione di intelligenza […]
Ed anche in questo caso, le fazioni ci sono: gli atei e i credenti. La rissosa flame in stile Ciao Darwin! è assicurata, con i baitati a sciamare per la rete vantandosi della loro superiore intelligenza e, di contro, i trollati a rispondere per le rime.
Una questione complessa banalizzata in una clickbait da flame facile: ciò che l’Independent ha riportato nel 2013, ormai discetamente lontano è che un trio di psicologi, in una serie di studi cominciata nel 1921, ha “scoperto” che su 63 gruppi di studio esaminati, in 53 casi i soggetti dichiarati atei avevano un IQ maggiore.
Possiamo quindi desumere che gli Atei siano più intelligenti?
Partiamo da un concetto base: si parla di una meta-analisi, un riassunto statistico, basato peraltro su un metodo di misurazione dell’intelligenza ormai deprecato in favore di analisi maggiormente comprensive.
Sia pur però partendo dal concetto che esistono diversi tipi di intelligenza e l’IQ ne misura solo alcuni, lo studio si inerpica in alcune possibili (e condivisibili) spiegazioni, compatibili con la scienza degli anni in cui è partito e ricorrette col tempo: ad esempio un ateo potrebbe (sottolineiamo, potrebbe) essere maggiormente incline a cercare nella scienza le spiegazioni che un credente fondamentalista sarà invece portato ad accettare come opera della divinità: ma anche in questo caso dovremmo accettare che né gli atei né i credenti sono monoliti.
Se è vero che in 53 gruppi di controllo su 63 ad oggi gli atei avevano un IQ superiore, diventare atei non vi renderà automaticamente più intelligenti e diventare credenti non vi causerà una lobotomia istantanea.
Potete quindi stare tranquilli, e ricordarvi che se letto questo articolo andrete su Internet a flammare sconosciuti sulla base delle vostre credenze personali, sicuramente avete fallito l’obiettivo di mostrarvi intelligenti.
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