La Finanziaria e la “Pink Tax”
Quest’oggi i nostri lettori, all’alba dell’approvazione della manovra finanziaria, ci chiedono di confermare l’esistenza di una cosiddetta Pink Tax, una vera e propria tassa sul femminile che, di fatto la Manovra Finanziaria sembra proprio confermare.
Ma andiamo con ordine
Cos’è la Pink Tax?
La Pink Tax non è una vera e propria tassa, neppure un’imposta. È piuttosto la considerazione di un dato di fatto: ad oggi, a parità di necessità, prodotti igienici ritenuti necessari ai due sessi sono sottoposti ad IVA con una aliquota diversa che, a tutti gli effetti, non trova alcuna giustificazione se non la destinazione.
Ma l’IVA sugli assorbenti femminili, come quella per i pannolini, è al 22%, lo scaglione massimo.
Di fatto, all’attuale stato delle cose, ogni altra cosa è considerata una necessità per la quale è iniquo che lo Stato esiga un’imposizione fiscale elevata, ma comprare pannolini per i propri figli, oppure acquistare assorbenti per venire incontro alle esigenze dovute al mestruo è considerato un “lusso” persino più elevato dell’acquistare tartufi, la cui IVA va al 5%.
E, paradosso dei paradossi, radersi il viso è una necessità ma, per quanto la moda apprezzi un uomo con la barba sfatta come rude e virile e disprezzi una donna non accuratamente depilata, ecco che una vera e propria pink tax rende più oneroso alla donna provvedere rispetto all’uomo al punto che, se la stessa si adattasse (sia pur con le citate scomodità) all’uso dei meno adatti rasoi maschili e della schiuma da barba in luogo dei rasoi femminili e delle creme apposite, il costo sarebbe abbattuto.
Sì, ma la Pink Tax è nata con questo Governo?
No. La Pink Tax è un elefante nella stanza, lo scheletro nel guardaroba di ogni manovra finanziaria dei paesi occidentali da diverse legislature ormai.
Solo che alcuni Governi virtuosi hanno fatto qualcosa al riguardo.
L’ultimo paese in ordine di tempo che ha abbassato la tassazione per assorbenti e pannolini è stata la Spagna: l’imposta sul valore aggiunto, assimilabile alla nostra Iva, è stata portata al 4%. Ancora meglio succede alle Isole Canarie, dove dal primo gennaio di quest’anno il governo autonomo ha deciso di eliminare in toto le tasse su pillole antidolorifiche, coppette mestruali e assorbenti. In Scozia, da settembre, le studentesse potranno ricevere gratuitamente assorbenti e altri articoli sanitari femminili, per porre rimedio a quella che è stata definita la “period poverty”: l’impossibilità per le studentesse in stato di difficoltà economica di frequentare le lezioni durante il ciclo mestruale, proprio perché non possono permettersi gli assorbenti.
La Francia è dal 2015 che ha abbassato dal 20% al 5,5% l’imposta sui prodotti sanitari femminili, mentre Belgio e Olanda l’hanno portata al 6%. L’Irlanda l’ha addirittura azzerata. Sempre nel 2015 il Canada ha eliminato del tutto le tasse su questi articoli. Anche l’India, pochi mesi fa, ha cancellato la tassa sui prodotti sanitari, introdotta lo scorso anno e pari al 12%, mentre in Australia a partire da gennaio 2019 non si pagherà più su assorbenti e tamponi la Gst, la tassa del 10% introdotta nel 1999.
E l’Italia? A proporre una nuova tassazione ci ha provato Possibile, il partito di Filippo Civati, nel 2016, senza successo. Il mese scorso ha ritentato il presidente della commissione Sanità del Senato, il pentastellato Pierpaolo Sileri. Orientamento politico a parte, tutte le donne sperano nella sua riuscita. E, dopo questa piccola riflessione, spero anche tutti gli uomini.
Nel 2016, quindi, Possibile aveva provato ad abbattere la Pink Tax: non è successo.
Nel corso della manovra Finanziaria, Sileri in quota Cinque Stelle aveva riproposto l’emendamento: ma l’impietosa Manina invisibile che muta i decreti deve essere evidentemente appartenente ad un uomo, ed ha quindi ritenuto necessario abbattere l’IVA sui Tartufi ma dimenticarsi della proposta Sileri (precedentemente: Civati) per lasciare lo Status Quo ante.
Per non parlare di antidolorifici e prodotti sanitari femminili ulteriormente collegati al mestruo, ancora sottoposti ad una Pink Tax di fatto per la quale la discussione non è mai iniziata.
Sì, ma io sono uomo, a me che me ne importa della Pink Tax?
A parte il fatto che a questo punto chi scrive prova un po’ di disprezzo per te (eufemismo) pari solo a quello che i personaggio di Italiano Medio, il film di Maccio Capatonda, provano per il protagonista che, dopo aver assunto una particolare droga per renderlo stupido (e quindi, a suo dire, felice), risponde col suo ora limitato intelletto ad ogni problema con
ca**o me ne frega a me, io c’ho il Diesel!!!
e siamo tutti disgustati dal tuo senso civico che, riteniamo, ti darà un successo con le donne tale da cancellare il tuo contributo genetico dal genere umano nella prossima generazione, ti invitiamo a considerare una semplice questione che gli altri stati che hanno invece abbattuto la Pink Tax si sono posti: di fatto, al momento abbiamo una percentuale della popolazione in età lavorativa leggermente superiore al 50% che, quattro giorni al mese, abbisogna di prodotti tassati nello scaglione massimo per mantenersi produttiva e nel resto del mese vede esigenze cosmetiche ed igieniche che per andrebbero considerate essenziali tassate come fossero mero lusso.
Anche volendo escludere la depilazione dal computo, mio piccolo ignorante, il solo lavoro di metà della popolazione Italiana “in quei giorni” garantisce, da solo, il ripagarsi degli eventuali “gettiti ridotti” dal trattare i prodotti legati al ciclo mestruale come lussi.
Un proposito per il nuovo anno non potrebbe essere l’abbattimento della Pink Tax?
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