ACCHIAPPALIKE “La delocalizzazione è un bene” in un libro di testo per la Scuola Media
Un post pubblicato oggi, 21 maggio 2018, sulla pagina Facebook Ufficio Sinistri. Il buco nero in cui è scomparsa la sinistra ha raggiunto un importante tasso di viralità nelle ultime ore:
La Buona Scuola del PD.
Libri di scuola degni di Goebbels, praticano il lavaggio del cervello e l’indottrinamento del dogma liberista e europeista ai bambini:
Delocalizzare è un bene, lavorare 15 ore al giorno in un paese straniero per una paga da fame fa di te una persona progressista e aperta.
Fuori il liberalismo dalle nostre scuole!
Il post riporta la foto del brano di un libro di testo, con evidenziata una frase che ha sollevato l’indignazione dei lettori:
La delocalizzazione è un bene anche per il Paese in cui la produzione viene trasferita perché in quell’area vengono creati nuovi posti di lavoro che, per quanto poco pagati, sono sempre meglio della disoccupazione.
Per via delle insistenti richieste dei lettori, gli autori del post hanno pubblicato il titolo del libro in cui è contenuto quel capoverso, con il nome dell’editore e degli autori. Si tratta, come riportato nella scheda di De Agostini, di un libro di testo rivolto agli studenti della Scuola Secondaria di Primo Grado, dal titolo Leonardo, Le stanze della tecnologia di Cesare Benedetti e Corinna Romiti.
Il concetto espresso con tanto livore dagli autori della pagina – che scomodano Joseph Goebbels, il concetto di “lavaggio del cervello” e vocaboli come “dogma” – con il testo riportato, il Partito Democratico attraverso il provvedimento della Buona Scuola avrebbe scelto di worshippare la delocalizzazione delle aziende e insegnare ai ragazzi che ciò rappresenta un bene, per indottrinarli ad accettarla passivamente. Lo stesso concetto è ripreso da Il Primato Nazionale in un articolo pubblicato il 21 maggio dal titolo: «Il dogma liberista sui banchi di scuola: “La delocalizzazione è un bene”» nel quale, però, già dall’incipit tradisce una sottile insicurezza sull’attendibilità del post, pur supportandolo:
La delocalizzazione? Una sana scelta economica, anche se ha lo spiacevole effetto collaterale di creare nuovi schiavi a basso costo. Sembra dirci questo un paragrafo di un libro di testo per studenti che sta circolando in queste ore sui social network.
Grazie agli strumenti web, però, è possibile trovare un’anteprima del libro menzionato sul sito Scuolabook.it. A pagina 22 troviamo chiarezza:
Riportiamo di seguito la parte evidenziata:
La delocalizzazione è un bene anche per il Paese in cui la produzione viene trasferita perché in quell’area vengono creati nuovi posti di lavoro che, per quanto poco pagati, sono sempre meglio della disoccupazione.
Nel Paese di origine del prodotto si crea invece un grosso problema, perché qui, in seguito al trasferimento della produzione, le fabbriche chiudono e le persone che vi erano impiegate si ritrovano all’improvviso senza lavoro.
Il fenomeno della delocalizzazione può avere anche un altro effetto: quello della migrazione della forza lavoro. Questo si verifica quando una certa area non è più in grado di offrire un numero sufficiente di posti di lavoro e quindi i lavoratori sono costretti a spostarsi.
Decontestualizzare il primo capoverso dal resto del testo comporta, appunto, la creazione di una facile disinformazione che diventa un’ennesima strategia per procacciare lettori. La verità, come è ben evidente, è diversa da quella riportata. Non pare che il libro voglia fare un elogio alla delocalizzazione delle aziende, tanto meno per operare un lavaggio del cervello sugli studenti. Nell’apporre il tag al nostro articolo, dunque, abbiamo utilizzato lo stesso colore della categoria Precisazioni per evidenziare che il capoverso esiste, ma è decontestualizzato per una prevedibile mossa acchiappalike degli autori.
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