NOTIZIA VERA – Metano nella Bassa?
Il decreto Sblocca Italia, croce e delizia della cronaca di questi giorni, “resuscita” numerose iniziative a sfondo economico caldeggiate, discusse, rumoreggiate ed accantonate negli ultimi anni. Alcune sicuramente meritorie, altre ancora da dibattere, molte altre il cui dibattito era congelato per assenza di fondi e sviluppi, ed ora è ufficialmente considerato redivivo.
Col suo codazzo di discussioni, sia serie che acritiche, come sovente sono le discussioni su Internet, autentica arena della “Voce Popolare”.
Tra cui le insistenti voci di trivellazioni nella Bassa Bresciana. Voci che, effettivamente sono reali. Si sono susseguiti negli anni numerosi studi di fattibilità relativi all’estrazione di metano, ed il Popolo della Rete negli ultimi giorni si è affrettato a ricordare ogni singola voce contraria.
Ciò è ammesso: l’estrazione di gas metano non è cosa semplice. Ma possiamo considerare completa un’informazione che comprende una sola campana? Un solo lato della notizia, un solo punto di vista, è ancora considerabile notizia? O diventa acritico sensazionalismo a caccia di likes?
Non è forse lo scopo del vero giornalista fornire entrambi i lati della medaglia, sicché il lettore possa formare un suo compiuto giudizio e, edotto delle vicende narrate, decidere egli stesso il giusto e lo sbagliato, costruendosi un suo indirizzo?
Lo scrivente ritiene di sì, e ritiene necessario ricordare come negli anni si sono susseguite numerose idee al riguardo, una diversa dall’altra. Già nel 2012 diversi comitati ambientalisti della Lombardia, nella medesima situazione, avevano espresso non poche perplessità, sostanzialmente legate all’allegata natura sismica dei luoghi, dichiarando ad esempio che:
“Gli interventi dei tecnici hanno chiarito solo alcuni aspetti marginali. Lo stoccaggio previsto prevede in pratica due movimenti nell’arco di un anno, sei mesi di immissione (da aprile e settembre) e sei mesi d’estrazione (da ottobre a marzo), quando nell’arco di 40 lunghi anni è stato fatto un solo movimento di prelievo. Come reagirà il sottosuolo? Non dobbiamo dimenticarci che ci sono anche numerosi documenti che attestano la sismicità della zona”.“
Il dubbio è legittimo. Il dubbio va posto, in nome della sicurezza di tutti.
Ma il dubbio è stato mai posto? Scavando nella stampa successiva, tra il 2012 ed il 2013, scopriamo che sì, i preponenti dei lavori di scavo si sono già posti quel problema, e l’hanno fatto presente.
I fautori degli scavi tendono infatti a ricordare come la Bassa Bresciana negli ultimi cinquanta anni sia già stata interessata da numerosi studi ed indagini specifiche: già l’AGIP aveva individuato diversi potenziali giacimenti negli ultimi cinquanta anni, ma abbandonandoli al loro destino perché marginali ed irraggiungibili secondo le tecnologie dell’epoca.
Ma il tempo passa rapidamente, e col passare del tempo la tecnologia tende a crescere in modo esponenziale. Già nel 2013 la Exploenergy, “costola” di ex manager Eni, proponeva una sua ricetta in grado di garantire ricavare fino a 300 milioni di metri cubi [di metano], «forse anche di più» con rischio minimo, se non del tutto negligibile.
La ricetta proposta non proponeva infatti scavi immediati, ma una prima fase di studio in cui
«Va chiarito che in questi primi tre anni non effettueremo trivellazioni – spiega Esposito – ma ci limiteremo a studi sismici con appositi sensori, non utilizzando cariche esplosive. Quando poi realizzeremo il pozzo, solo uno se troveremo meno di 300 milioni di metri cubi, non scenderemo sotto i 2mila metri di profondità. Ricordiamo inoltre che le tecnologie sono estremamente migliorate rispetto a 50 anni fa».
Seguita da lavori di scavo condotti in modo da evitare ogni rischio di inquinamento delle falde acquifere, meno rischiosi dei lavori degli ultimi 50 anni e con un rapporto tra benefici e costi vantaggioso per la popolazione locale.
La Exploenergy parla di «rischi vicini allo zero» e invita a ragionare sul fatto che già negli ultimi 50 anni la Bassa è stata trivellata a più non posso senza conseguenze ambientali. E rilancia la necessità di avere metano «a prezzo», una boccata d’ossigeno per l’economia lombarda e del Paese.
Non spetta allo scrivente prendere posizione, ricordando che sia il NIMBY che si oppone ad ogni operazione economica sul suo territorio in modo acritico, che l'”imprenditore” che pone il profitto al centro di ogni valutazione mancano drammaticamente il punto.
Ciò che è certo è che ci saranno studi di fattibilità, saranno a disposizione degli appaltanti tecnologie inimmaginabili solo cinquanta anni fa, ed il dibattito sull’estrazione e l’uso del metano lombardo va accettato e condotto sul piano della conoscenza tecnica e della logica, e non sull’ostruzionismo cieco o sulla astratta fiducia verso le “Sorti umane e progressive”.
Due campane vanno udite, una decisione va presa.
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